Sarà che la campagna elettorale è ormai alle porte, sarà che il centrodestra ha già iniziato a celebrare la sua vittoria, direi che qualcosa si va muovendo, spiega Arturo Parisi ad Affaritaliani.it.
Almeno nelle parole è difficile non riconoscere un cambio di passo. Sia l’apertura alla coalizione più ampia senza veti e paletti, che chiama in causa esplicitamente MdP, sia il riconoscimento che l’apertura all’esterno è legata a quella all’interno vanno in questa direzione. Centrosinistra largo, abbandono della pretesa di esserne il leader, riconoscimento che il programma è un foglio bianco da scrivere, con la disponibilità a correggere il jobs act, oltre all’accordo con Damiano sulle pensioni non son parole qualsiasi. Anche se trascritte in un documento chiaro e non più affidate alla generica approvazione della relazione del segretario, certo sono ancora parole, e per di più parole attese da tempo. Capisco perciò sia una qualche residua freddezza registrata nel voto finale, che l’accoglienza critica di Bersani che rinvia alle difficoltà nello spiegarle ai propri elettori. Le macerie che si sono accumulate nel tempo non sono cosa da poco. E il tempo per rimuoverle è ormai strettissimo. La delega a Fassino perché istruisca al più presto un confronto con le altre forze del campo milita tuttavia a favore delle intenzioni di Renzi. Chi come me conosce Fassino sa infatti che è uno che non molla e che consegna. Difficile trovare uno più adatto a rappresentare il Pd al tavolo del confronto con maggiore autonomia e autorevolezza.