Arturo Parisi è tra i politici più vicini a Romano Prodi: con lui ha fondato l’Ulivo e nel suo secondo governo è stato ministro della Difesa. E dice così di un eventuale riavvicinamento fra Renzi e Prodi: «Ci si riconcilia solo se si ha litigato. E sul piano personale questo tema non ha senso. So, invece, che sul piano politico ogni divergenza ha perso per strada il suo significato. Ed aggiungo: purtroppo».
Perché?
«Se Renzi si è ispirato a una linea diversa da quella di Prodi, va detto che entrambe le linee appartengono ad un’altra stagione. A partire dalla sconfitta del Sì alla riforma di Renzi nello scorso dicembre, la domanda che l’elettore troverà sulla scheda non riguarda più né il programma né la guida del governo, ma soltanto a chi si delega questa decisione».
Renzi adesso dichiara di voler aprire a sinistra, parla di coalizioni…
«Coalizioni? Diciamo chiaramente che a questo punto si tratta di apparentamenti elettorali per trarne vantaggio reciproco».
Un centrosinistra «largo» chi dovrebbe includere?
«Premettendo che oggi la questione è più culturale che politica, direi: chi è disposto a condividere le responsabilità di governo in un quadro di programma e regole comuni».
È impossibile pensare a un nuovo Ulivo?
«Ulivo è il nome che il centrosinistra si diede per rispondere alla domanda aperta dalla riforma maggioritaria del ’93. Ma quella domanda oggi non è più attuale».
Teme un’alleanza RenziBerlusconi per un governo di larghe intese?
«Come escluderla? E aggiungo, di nuovo, purtroppo. Ovunque sia capitato che i partiti tra loro alternativi si sono messi assieme, è finita male. Penso per ultimo all’esito del voto tedesco».
Crede nel Rosatellum bis?
«La Corte europea dei diritti dell’uomo aveva dichiarato inaccettabile che una legge elettorale fosse decisa alla vigilia del voto… E osservo che, partiti dalle mie parti con il Mattarellum senza lavorare ad una coalizione che lo interpretasse, nel flipper delle formazioni la pallina ha oscillato tra versioni di proporzionali più o meno corretti e camuffati: prima il Mattarellum 2.0, poi il Tedeschellum, poi il Rosatellum e alla fine il Rosatellum bis. Io so soltanto che dopo la riforma del ’93 non abbiamo mai smesso di arretrare. Sia sul piano della scelta dei parlamentari che su quello della scelta del governo».
Vede Renzi come candidato a Palazzo Chigi?
«Perché no? Però, nel quadro attuale, anche questa è una questione che ha perso senso. Ogni decisione è rinviata inevitabilmente a dopo il voto degli elettori e, purtroppo, ogni volta anche dopo il voto degli eletti. Si tornerà ai governi fatti e disfatti continuamente in Parlamento. Come al bel tempo antico».