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24 Novembre 2013

PARISI STRONCA IL PD E SCEGLIE RENZI. Intervista a Pierfrancesco de Robertis

, Quotidiano Nazionale, Il Resto del Carlino

Professor Parisi, qual è il Pd che l’8 dicembre eleggerà il suo segretario?

«Ho sentito definirlo un partito vecchio. Mi sembra paradossale per un partito che forse non è ancora nato».

Per lei che cos’è?

«Resta ancora un’idea. A differenza dell’Ulivo, non è mai stato un sogno».

Un sentimento dello spirito.

«Almeno fosse! Purtroppo finora di sentimenti se ne son visti pochi».

Allora agli affari…

«No, questo no. Diciamo che appartiene al mondo della realtà, ma è proprio in questo mondo che il Pd non ha ancora superato la prova. Ma anche i partiti hanno bisogno di sogni.».

Perché Parisi ha appoggiato Renzi?

«L’ho votato l’anno scorso e lo voterò anche l’8 dicembre, anche se non posso dirmi renziano».

Che cosa la convince in Renzi?

«L’energia, la determinazione, e, per quanto paradossale, la spregiudicatezza, la capacità di prescindere da giudizi passati».

Quanto conta per un politico la spregiudicatezza?

«Dentro l’incertezza il politico deve saper cogliere le possibilità nuove, e accettarne il rischio».

Quand’è che Renzi è stato spregiudicato?

«Penso, ad esempio, al suo schierarsi senza esitazione per l’adesione al Partito socialista europeo. Una decisione che per me e perfino per lui avrebbe dovuto rappresentare un problema e avrebbe richiesto un dibattito serio.».

C’è chi definisce Renzi un superficiale.

«La velocità con cui risponde alle domande è un segno che può avvalorare questa impressione. Ma è l’altra faccia della stessa medaglia».

Un professore come Arturo Parisi, a prima vista parrebbe essere più vicino a un tipo alla Cuperlo.

«Ed è certo così, ma una cosa sono i toni e un’altra i contenuti».

E di Cuperlo i contenuti non le piacciono?

«Cuperlo è stato educato a parlare a nome di un ’noi’, e si vede che è a questo ’noi’ che pensa ogni volta che parla».

La ’ditta’ di Bersani…

«Appunto, ma questo è il momento del rischio, dell’”io”. Ci sono momenti in cui tra la sicurezza della continuità e il rischio del cambiamento bisogna scegliere il rischio».

Professore, la personalizzazione della politica, e in un certo senso la sua modernizzazione, sono indubbiamente un lascito del berlusconismo. Almeno questo va riconosciuto al Cavaliere.

«Certamente in questa nuova stagione, Berlusconi, con tutti i suoi difetti, è stato quello che più di altri ha incarnato il decisionismo».

L’idea dell’”io” al posto del “noi” finora è stata più di destra che di sinistra.

«Direi per definizione».

Renzi non rischia quindi di seminare in un campo non suo?

«Renzi rappresenta dentro la sinistra un’ispirazione nuova, profilata su una ispirazione presidenzialista. Nata, non scordiamocelo, con la stagione aperta dalla elezione diretta dei sindaci, la vera novità istituzionale di questi ultimi venti anni, non il berlusconismo. Non è un caso che dopo Rutelli e Veltroni, Renzi è il terzo sindaco che candidiamo a premier».

Poi molte volte questi sindaci invece di occuparsi delle città pensavano ad andare in tv o a fare politica nazionale.

«In ogni caso sono loro la vera svolta della politica nazionale. Immaginiamo l’Italia alla mercé del “noi assembleare” del vecchio sistema. Si rischierebbe continuamente il black-out. Adesso il cittadino ha almeno l’illusione di avere un numero al quale chiamare, una persona alla quale poter chiedere conto».

Renzi invoca una legge elettorale sul modello di quella dei sindaci.

«Che però ha un senso nella misura in cui c’è l’elezione diretta del sindaco».

Cioé una riforma istituzionale.

«Renzi indica una meta. Ed è già importante ipotizzare questa evoluzione ulteriore del sistema. Ed è il motivo per cui lo voto».

Renzi vuole il voto in primavera.

«Quello che so è che l’impazienza di ripartire deve essere nelle corde di una proposta alternativa, e ripartire vuol dire tornare dai cittadini».

L’ha sorpresa la dichiarazione del suo amico Prodi di non andare a votare per il Pd?

«Sorpreso no. E’ da tempo che la sua passione politica si va ridislocando su orizzonti più vasti».

Non sarà solo quello: se ha parlato significa che cova un certo risentimento.

«Diciamo che quella dichiarazione è un segno di distanza».

Prodi ha molti pregi ma da tutti è descritto come una persona dalla memoria lunga..

«In questo caso non c’era bisogno di particolare memoria nè di particolare lunghezza. Me lo faccia dire da sardo: la memoria lunga non si misura a mesi, ma, come minimo, a decenni».