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30 Aprile 2007

Parisi, ora avanti verso il presidenzialismo

Autore: Maria Teresa Mieli
Fonte: Corriere della Sera

Ministro Parisi, il Partito democratico
finalmente sta  per nascere…

«Già, un progetto “antico”diventa
finalmente possibilità nell’immediato. Ds e Margherita hanno scritto la
parola fine sui rispettivi percorsi. Si apre ora un processo che ci chiama
tutti a impegnarci attivamente. Aver sentito D’Alema dire a Firenze che
quello sarebbe stato l’ultimo congresso dei Ds mi emoziona ancora. Tocca a
noi spiegare ai cittadini il perchè e la prospettiva che ora si apre. E io
spero che anche nel centrodestra si  apra un nuovo processo
analogo».

Lei è felice, è naturale, visto che ha lavorato al Pd da anni,
ma per ora più che di progetti si parla di autocandidature alla
leadership…

«Sono meccanismi automatici incontenibili che vengono dal
passato. Ma noi dobbiamo aiutarci guardare a ciò che sta dietro e
soprattutto avanti. Se infatti è chiaro che una vicenda muore meno chiaro è
ciò che va nascendo».

Già, assai meno chiaro, tanto che c’è chi teme che
il Pd metta in fibrillazione il governo.

«Il fatto è che viviamo
sotto la minaccia permanente di crisi. Pensi:  ho appena incontrato un capo
di governo arabo, il quale mi ha spiegato di aver rimandato il suo viaggio
in Italia a suo dire per la recente caduta del governo. Hai voglia a
spiegargli che si trattava solo di un passaggio parlamentare  “tosto” ma pur
sempre un passaggio parlamentare. Il fatto è che nel mondo ci guardano
ancora a partire dall’idea di un’Italia instabile e inaffidiabile. Certo, la
stabilità di governo non è un fine in sè. Ma come facciamo a confrontarci
con gli altri con una immagine simile? E, soprattutto, dando l’idea che ogni
volta se non tutto molto possa essere rimesso in discussione?».

Scusi
ma tutto ciò per dirla alla Di Pietro, che ci azzecca con il Pd?

“Non
sembra, ma stiamo parlando esattamente del Pd. Solo i grandi partiti, grandi
per quantità e qualità possono infatti corrispondere a quella vocazione
generale che ci consente di essere all’altezza del Mondo. L’opposto della
direzione nella quale ci sta spingendo l’attuale legge
elettorale».

Ossia?
“I partiti “chiamano” i sistemi elettorali
e i sistemi elettorali “chiamano” i partiti. Non è automatico, ma è
assolutamente evidente che il Pd può nascere solo in uno schema bipolare.
Partito democratico e legge elettorale fanno parte della stessa
vicenda».

Perciò  lei sostiene il referendum?
“Ciò che è chiaro è
che bisogna mettere uno stop alla dinamica della frammentazione in corso.
Certo ogni inizativa in Parlamento va incoraggiata, non fossaltro perchè
dopo il referendum, in Parlamento si deve comunque tornare. Il tentativo di
Chiti, senz’altro generoso, per ora ha purtroppo misurato però solo
l’impotenza della classe politica quando deve incidere su sè stessa. Pensi
solo al rinvio al 2016 dell’innalzamento della soglia di
sbarramento.».

E invece con il referendum…
«Quello che è
impossibile negare è che il referendum ci ha almeno imposto l’agenda. Ci ha
costretto a mettere mano alla riforma e allo stesso tempo a metterci per
così dire una scadenza per dar seguito all’impegno che avevamo indicato tra
i primi agli elettori.».

Per tornare al Pd, sembra di capire che lei non
ritiene che tutti i sistemi elettorali siano compatibili con quel partito, e
questo la preoccupa…

«E’ così: non tutti i sistemi sono capaci di
difendere nel nostro Paese la sopravvivenza del bipolarismo. Certo non lo è
quello tedesco. Mentre il sistema francese, per esempio, lo è
indiscutibilmente di più. Garantisce l’esigenza della rappresentanza e la
governabilità e tiene fermo il bipolarismo».

Pensa di proporre il
doppio turno alle elezioni politiche?

«Guardi il doppio turno è solo una
parte della soluzione».

Potrebbe essere più chiaro,?
«Come non
vedere che l’essenza del sistema francese più che il doppio turno è il
semipresidenzialismo? Il fatto è che da noi bisognerebbe aprire una
riflessione sulla costituzione e sulla possibilità di introdurre il sistema
francese nella sua completezza e non solo in un aspetto. Lo dico per
rispetto della nostra costituzione. Non possiamo infatti chiedere ad essa
quello che essa non può dare».

Legge elettorale nuova, sistema
costituzionale nuovo, partito nuovo: lei tiene tutto insieme. Peccato che
nell’Unione ci sia  chi tifa per la riforma alla tedesca e chi, come Franco
Marini, teorizza alleanze intercambiabili…

«Sono affermazioni che non
mi sono certo sfuggite. Il rischio è che il bipolarismo venga di nuovo
bloccato dalla ricostituzione di un centro che mette fine
all’alternanza».

Il rischio, per la verità, è che il Pd divenga la Dc
della politica dei due forni.

«Non lo considero attuale ma è un
rischio tutt’altro che teorico. Badi bene che per me la Dc non è una
parolaccia, ma certo l’idea che il Pd divenga una Democrazia cristiana
secolarizzata rappresenterebbe il fallimento del nostro progetto».

Il
rischio, ministro, è che non si capisca bene che cos’è il Pd…

«La natura
del Pd è affidata a un aggettivo semplicissimo: nuovo. Un partito nuovo,
quindi nessuna addizione di partiti, nè fusione, nè continuazione. Per
evitare gli equivoci e le brutte esperienze passate basta affidarsi al peso
delle parole. Nessuno può illudersi di parlare in libertà, perchè le parole,
alla fine, presentano il conto».

Infatti ora dicono tutti- da Fassino a
D’Alema –  “una testa un voto”, per l’elezione dell’Assemblea
costituente

«Non può che farmi piacere: per il significato di questo
principio e soprattutto per le sue conseguenze».

Lei dice che parlare
di leadership è prematuro, ma prima o poi dovrete farlo.

“Solo quando
sapremo quale Pd vogliamo potremo discutere di chi potrà esserne il leader.
O meglio candidarsi alla leadership ha un senso solo se chi si candida saprà
spiegare qual è il Pd che vuole. E’ su quella base che infatti esso dovrà
essere scelto, al di là delle sue capacità personali e di comunicazione, che
pure contano».