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6 Aprile 2014

PARISI: LO STALLO DI QUESTI 20 ANNI È ANCHE COLPA DEI PROFESSORONI
Intervista a Fabio Martini, La Stampa pag. 8

Per 20 anni con le sue battaglie, il Professor Arturo Parisi ha fatto saltare diverse “casematte” del “sistema”  partitocratico, quel che restava della Dc con i Referendum 91-93, quel che restava del Pci con l’Ulivo e le primarie, e dunque è quasi naturale chiedergli:

Senza le vostre strattonate sarebbe mai potuto emergere un personaggio come Renzi?

“Credo proprio di no. Ma è bene che lui non lo sappia. E, se lo sa, lo dimentichi, o, almeno, lo faccia dimenticare. Dobbiamo tuttavia riconoscere che solo chi si sente leggero dei padri e dei maestri, del loro sguardo e del loro giudizio, può affrontare il futuro con l’ingenuità e lo scatto del quale abbiamo oggi assoluto bisogno.”

I “professoroni”, evocati dal Ministro Boschi, in che misura hanno contribuito allo stallo di questi 20 anni?

“Molto. Ma non avrebbero contato niente, se la loro saggezza e la loro memoria non fossero state messe al servizio di una politica che, dopo la rottura del 1993, ha lavorato in questi anni per la continuità o forse, meglio, per la restaurazione. Mentre si dava ad intendere di difendere quella che veniva cantata come la “più bella Costituzione del Mondo”, si difendevano le condizioni che l’avevano prodotta, più che lo spirito che l’aveva animata.”

Il presidente del Senato ha proposto una “Camera di riflessione”, i professoroni hanno denunciato il pericolo di una “deriva autoritaria”: espressioni che hanno una ragion d’essere o che finiscono per essere la controprova di un desiderio di status quo?

“Al di là delle tecnicalità credo proprio che “camera di riflessione” sia la formula che dice al meglio quello che il Senato era chiamato ad essere, uno strumento per allungare i tempi delle decisioni e per difenderci dal rischio del cambiamento. E bene fecero nella stagione drammatica che lo vide rinascere a pensarlo così. Così come fanno bene a livello europeo ad assicurare una dialettica tra la rappresentanza degli stati e quella dei cittadini. Ma in condizioni totalmente mutate sarebbe una jattura continuare a indebolire la capacità di decisione del Parlamento con la ingiustificata sopravvivenza di doppie decisioni.”

In cosa Renzi rappresenta una vera discontinuità col passato?

“Nell’uso del pronome “io”, come promotore della iniziativa e assunzione di responsabilità. “Io”. Un pronome che in politica e, soprattutto all’interno della sinistra, era finora bandito come il peccato più grave. E come tutti i peccati denunciato di giorno e frequentato sempre più spesso nella notte. “Io”, nel momento della appropriazione degli utili. “Noi”, in quello della socializzazione delle perdite.”

Chi sono i più ostici avversari di Renzi?

“Dentro il Palazzo sempre meno quelli dichiarati. Troppi quelli osservano muti le sue difficoltà, spesso senza il coraggio di confessare neppure a se stessi il desiderio di una sua sconfitta.”

Quale è il passaggio decisivo per il Renzi, lo scontro che non deve perdere, per non perdersi?

“Decisivo sarà sempre il passaggio che ogni volta lo attende nell’immediato. A differenza di chi dava l’idea di poter rinviare al domani ogni partenza, mi sembra che Renzi preferisca anticipare ad oggi la partenza lasciando l’arrivo al domani.”
La velocità, ancor prima dell’efficacia delle riforme, un pericolo?

“Renzi si fa carico dell’ansia che si è diffusa nel Paese a partire dalla consapevolezza crescente del ritardo enorme che abbiamo accumulato nel tempo. A furia di trasmissioni tv che ogni sera ce lo ripetono a reti unificate siamo ormai da troppo tempo nel pieno di una crisi di nervi, perchè sia pensabile di poter rinviare a domani quello che si deve fare oggi.”

Settecentosettantotto parlamentari e nessuno scelto dai cittadini, un triste record?

“Tristissimo. Inaccettabile e pericoloso. Come potrebbe un Presidente che non è eletto in modo diretto ed esplicito governare un Paese senza il sostegno e il controllo di parlamentari forti di una propria evidente autonoma investitura? Questo è di certo il peccato più grave dell’Italicum. La pretesa di Berlusconi di dominare il suo partito e quindi il suo campo grazie al potere di nominare i suoi parlamentari. Spero proprio che ci si renda conto che con una sola Camera eletta i deputati non possono essere nominati. Così come non è accettabile riservare al Presidente della Repubblica la nomina di più di un sesto dei membri del nuovo Senato.”