ROMA – «Mai mi sarei immaginato di ritrovarmi un giorno con Massimo
D’Alema che dà al mio partito lezioni di Ulivo. Che dice di credere
profondamente a questo progetto ma che, per spirito unitario, è
disposto ad attendere la Margherita che si attarda nelle retroguardie.
Mi chiamo Arturo Parisi e ho trascorso gli ultimi dieci anni della mia
vita coltivando l’ambizione di costruire nel centrosinistra un soggetto
forte ed unitario in grado di rispondere alla domanda di governo del
paese. E oggi mi ritroverei con qualcuno che mi attende sulla strada
che insieme ad altri avevo intrapreso per primo».
Arturo Parisi si
prepara all’ennesima battaglia in nome dell’Ulivo. E’ convinto che nel
corso degli ultimi due anni la Margherita, partito che ha fondato e di
cui è presidente, abbia assunto un profilo diverso dall’originale, una
direzione opposta da quella imboccata dal giorno in cui Romano Prodi è
tornato da Bruxelles per riprendere il cammino interrotto nel ?98. E
oggi lo dirà apertamente all’assemblea del partito chiamata a decidere
sul nuovo tormentone che affligge il centrosinistra e i suoi elettori:
la sorte della lista unica tra le forze che hanno dato vita alla
federazione dell’Ulivo alla prossime elezioni politiche.
Onorevole Parisi, ci risiamo. Nella Margherita è ripartito lo
scontro sulla lista unica. De Mita annuncia che oggi il partito
deciderà di andare da solo alle politiche del 2006.
«De Mita annuncia un auspicio. Voglio ancora sperare che resti tale,
che non si faccia una scelta così scellerata. Non mi arrendo all’idea
di una Margherita che si arrende. Cosa è successo in questi anni? Cosa
è cambiato? Il cammino dell’Ulivo è ripartito con la Margherita, dopo
che nel 2000 i Ds risposero di “no” alla nostra provocazione di
sciogliere i partiti e aprire la prospettiva di un nuovo soggetto
riformatore. Da lì siamo partiti per costruire l’Ulivo. Oggi sembra
invece che siano gli altri ad aspettarci. Mi consenta di dichiarare il
mio profondo sconcerto ed il mio totale disagio. Per fortuna, ed è una
magra consolazione, siamo arrivati al momento delle decisioni.
Finalmente si capirà quanti nella Margherita coltivino progetti
alternativi a quello dell’Ulivo».
Non le sembra di caricare di eccessivi significati la questione della lista nella quota proporzionale?
«Chi minimizza la portata di questo problema compie un errore grave. Il
punto non è la convenienza elettorale, il tentare di prendere qua e là
mezzo punto in più. Dietro questa discussione si nascondono divergenze
di strategia che a questo punto è bene che vengano allo scoperto.
Purtroppo non stiamo più discutendo dei tempi e dei modi di un
processo. Si rischia di mettere in discussione la direzione finale del
partito».
Nella Margherita nessuno mette in dubbio il valore dell’Ulivo. Ci spieghi quali sono a suo avviso queste divergenze strategiche.
«Tutti dicono di credere all’Ulivo. Ma poi nei fatti non sono
conseguenti. E questo ritornello va avanti da troppo tempo, ci ha
stancato. Le divergenze ci sono ed emergono chiaramente. C’è chi, e io
sono tra questi, crede che il rapporto tra i partiti della federazione
si deve basare sulla cooperazione e una sana emulazione sui temi
concreti e chi investe sulla competizione tra alleati, affidando a
quest’ultima la risoluzione del problema di chi deve svolgere il ruolo
di guida della coalizione. Come è chiaro, una tale gara elettorale,
seppure limitata al proporzionale, non sarebbe ininfluente.
Qualche anno fa fu proprio Prodi a dire la famosa frase ai Ds: “competition is competition”…
«Ma gli anni non sono trascorsi invano. Oggi il quadro è profondamente
diverso e la Margherita ne è la novità più rilevante. Purtroppo sembra
proprio che a parti rovesciate si stia tornando a quei tempi».
Torniamo alle diverse strategie. Dove vuole arrivare Prodi?
«Il nostro progetto, il progetto dell’Ulivo guarda al futuro. Non si
ferma al giorno delle elezioni. L’Italia ha bisogno di una guida forte,
sicura, riformatrice. Un governo stabile che risponda alle esigenze del
paese, rese ancor più drammatiche dal fallimento del centrodestra.
L’Ulivo, cioè la Federazione, deve essere il motore di tutto questo. E
questa forza non possono che riconoscergliela gli elettori. Come si fa
a spiegare ai cittadini che chi ha deciso di dare vita alla federazione
invece di impegnarsi assieme
davanti agli elettori per il governo del paese preferiscano dedicarsi
ad una competizione laterale che decida come il 75 per cento dei voti
possa essere governato e spartito sulla base del consenso raccolto dai
partiti nella piccola quota proporzionale. Rovescio la domanda, perché
non dovremmo andare insieme?»
Chi è contrario alla lista unitaria afferma che andando separati
prendereste più voti, intercettando anche parte del malcontento dei
moderati del centrodestra.
«Dicono anche che la lista è un dettaglio. Che il voto è tra Prodi e
Berlusconi e quindi non può essere una questione dirimente. E allora
insisto. Se è un dettaglio, perché non farla? E veniamo ai moderati. Il
successo alle amministrative è da ascriversi in grande parte alla
disaffezione dell’elettorato di centrodestra, al recupero degli
astensionisti del centrosinistra e al voto dei giovani che per la prima
volta sono andati alle urne. Entrambi attirati dal messaggio di unità e
di forza di Prodi, dell’Unione e della federazione dell’Ulivo. Una
proposta capace di affrontare la complessità dei problemi del paese.
Abbiamo vinto senza praticamente fare campagna elettorale. Un miracolo
dovuto al fatto che i nostri si sono riconosciuti nell’Ulivo, nella
scelta politica di andare avanti su questa strada».
Fassino ha già espresso la sua opinione. Il progetto non si ferma se la Margherita legittimamente resta fuori.
«Non riesco a condividere le parole di Fassino perché non accetto che
l’Ulivo possa essere pensato se non con la pluralità delle forze, delle
ispirazioni e delle componenti che lo hanno creato. Non riesco ad
accettare neppure lontanamente l’idea che la Margherita non possa far
parte dell’Ulivo, sia all’interno della Fed sia sulla scheda elettorale
davanti ai cittadini».
Ma tutto lascia supporre che alla fine prevarrà il no al listone. E lei che farà? Non sarà facile restare…
«Oggi è il giorno della decisione. Mi consenta di difendere con il
cuore in mano le ragioni dell’unità davanti al mio partito. Sono sicuro
che mi ascolteranno. Sono sicuro che come me non riterranno accettabile
che per la prima volta il segno dell’Ulivo sia assente dalla scheda
elettorale. E questo proprio in coincidenza con il ritorno di Prodi e
la fondazione della Federazione dell’Ulivo. Proprio a ridosso di un
grande risultato per il mio partito che pensavo ci avesse rassicurato
da ogni tentazione di egemonia. Se non ora, quando?».
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Intervista de L’Unità con Willer Bordon
«Vediamo chi avrà il coraggio di sfidare Prodi»
«Vediamo chi avrà il coraggio di dire pubblicamente che è contro la
lista unitaria e contro Prodi che la sostiene». Il capogruppo Dl al
Senato Willer Bordon non è convinto che l’assemblea federale della
Margherita si chiuderà con un voto tale da escludere in modo definitivo
che i diellini correranno alle politiche con il simbolo dell’Ulivo.
Pare sia già pronto un documento, senatore Bordon.
«Sì, ma non do per scontata una precipitazione del tipo che alcuni
vogliono far credere. Questo non è un voto insignificante per la
Margherita. Mi rifiuto di pensare che in maniera così repentina si
decida di dire no all’Ulivo nelle elezioni del 2006. Capisco che
qualcuno voglia reagire a chi ci vuole dare consigli, perché Fassino ha
detto cose sì giuste ma in modo improprio. Però, allo stesso tempo,
dico ai miei che sarebbe veramente singolare se rinunciassimo alla
nostra agenda solo perché altri ce l’hanno riproposta».
La lista unitaria era nell’agenda della Margherita?
«Vorrei ricordare che la Margherita non ha sposato un progetto
ulivista, è nata sul progetto ulivista, ha nel suo statuto la
dichiarata condizione genetica di essere parte costitutiva dell’Ulivo.
Vorrei che questo non ce lo dimenticassimo e dunque che non arrivassimo
a una decisione che contraddice le nostre origini».
Rutelli e anche altri esponenti del suo partito dicono che un conto
è la Federazione, un conto la lista unitaria, e che si può essere
ulivisti anche senza la seconda.
«Questo può essere anche vero, ma quello che conta è che la direzione
sia chiara e che tutti possano avvertire che il movimento è in quella
direzione. Se non si mettono dubbi su quale sia l’approdo, allora è
evidente che il tempo di percorrenza e le modalità per giungervi
possono essere anche discussi. Ma questo lo avremmo potuto fare se in
questi mesi non avessimo costantemente messo in dubbio l’approdo
ulivista, se non ci fossero state resistenze alle europee, se poi non
si fosse detto che la lista unitaria alle europee non ha premiato, se
non si fosse poi di nuovo discusso alle regionali. Dietro a tutto
questo c’è sempre stata latente un’altra possibile opzione».
E se il voto sarà comunque contro la lista unitaria?
«Ma lei se lo immagina come titolerebbero i giornali?»
Secondo lei?
«La Margherita dice no all’Ulivo e a Prodi».
Quindi secondo lei non è possibile?
«Primo, sento dire da ognuno che siamo tutti ulivisti e tutti prodiani.
Secondo, un conto è minacciare, un conto è andare fino in fondo in una
scelta che per noi è chiaramente contro natura. Insomma, spero che al
di là degli aspetti muscolari di queste ore prevalga lo spirito di
responsabilità».
Perché, secondo lei, questo mostrare i muscoli?
«C’è un chiaro entusiasmo per un certo tipo di risultati. Sono
meccanismi che possono scattare, lo capisco. Ma starei attento, perché
la Margherita è vero che è andata meglio di quanto si pensasse, ma è
anche vero che ci sono aree del Paese dove non ci siamo presentati come Margherita».