L’ex premier inglese Blair vi suggerisce di fare a meno della sinistra radicale? Le pare un consiglio utile?
«Quella che condivido è la sua netta condanna del proporzionale e “del potere di condizionamento che consegna alle piccole componenti”. Più che i cosiddetti radicali dobbiamo evitare il radicalismo. Ma soprattutto quella che dobbiamo evitare è, come ho detto, la tentazione di dividerci il lavoro d’amore e d’accordo spingendo loro a fare i radicali per poi rifiutare di allearci con loro a causa del loro radicalismo».
Meglio il referendum e il suo bipartitismo forzoso o il bipolarismo blando del “Vassallum”? E come ha fatto a convincere Mastella che lui potrebbe salvarsi dal referendum?
«Quello che non mi piace è il bipolarismo “alla carta”, le alleanze decise alle spalle degli elettori. E’ appunto ciò che ho detto a Mastella. Anche per lui è meglio un confronto aperto prima delle elezioni per verificare la possibilità di un accordo di governo da sottoporre assieme ai cittadini per ottenere assieme il loro consenso. Altrimenti l’alternativa è tra una legge elettorale proporzionale che consenta la rappresentanza di tutti ma impedisca la possibilità di governare, e una legge che per consentire il governo tagli fuori il maggior numero di partiti possibile. La prima alternativa non va bene a me, la seconda non va bene a lui. Una che fa finta di essere l’una ma è invece l’altra non va bene nè a me nè a lui. Altrimenti è meglio il Referendum».
Dopo l’incontro Veltroni-Berlusconi il dubbio resta: è la fine di un’epoca segnata dal reciproco insulto («voi comunisti», «Cavaliere criminale») o siamo al tatticismo?
«Se i due si riconoscono reciprocamente come leader mettendo tra parentesi l’odio reciproco, se Veltroni e Berlusconi riconoscono che non è più una tragedia se l’altro vince le elezioni, se di questo si tratta, allora possiamo tornare alla questione centrale, per cui nacque la nostra battaglia, ben prima che comparisse Berlusconi: come dare un governo all’Italia. Che è cosa ben diversa dalla proccupazione di come ingrandire elettoralmente il mio e il tuo partito».
La preoccupazione di Veltroni e Berlusconi le pare questa?
«Non proprio. Oggi più che mai il problema dell’Italia è avere un sistema istituzionale capace di dare un governo Kall’altezza dei nostri partner internazionali. Ma un governo di questo tipo deve essere fatto difronte agli elettori. Il sistema di cui si sta discutendo in questi giorni ci riporterebbe invece a fare i governi in Parlamento e a disfarli in Parlamento».
Lei è molto critico ma se avesse il pallino in mano cosa farebbe?
«Riconoscere innanzitutto il primato della riforma istituzionale. Io dico: non vogliamo nessuno dei principali modelli istituzionali, ripeto istituzionali, europei? Scegliamo allora uno dei modelli che governano l’Italia. Quello applicato ai Comuni, alle Province, alle Regioni. Il governo delle nostre città è assicurato dal sindaco eletto dai cittadini, non certo dalla regola che presiede alla ripartizione dei posti in Consiglio comunale. L’incontro Berlusconi-Veltroni potrebbe rivelarsi storico se avesse avuto per oggetto la storia del Paese. Ma un incontro che ha per oggetto la regola per ripartirsi al meglio per tutti e due i posti in Parlamento, che incontro storico vuole che sia?».
Con l’offensiva veltroniana a gennaio rischia di esplodere l’Unione?
«No. Le due coalizioni assieme stanno, assieme cadono. Ma tutti sembrano attratti inesorabilmente dall’idea di dividersi in pace da buoni fratelli, come se una volta divisi, fosse possibile riunirsi domani di nuovo per governare davvero il Paese. Dvisi una volta, divisi si resta.».
Ma non le pare che Rifondazione comunista, nell’ ostinato rifiuto di valorizzare i risultati ottenuti in 18 mesi, viva l’esperienza di governo con senso di colpa? Non è legittimo per Veltroni immaginare un futuro senza comunisti?
«Le confesso che individuare “il” colpevole non è facile per nessuno. La verità è che ogni partito ha ceduto alla logica proporzionale della nuova legge pensando che premiava mettere l’enfasi sulle differenze. Ho presente gli errori fatti da Rifondazione, ma onestamente non si può accusarla di essere entrata per ultima nell’area di governo per ultima e poi non tener conto di questo ritardo. Mi preoccupa di più che nella trappola ci siamo caduti noi».
Anche nel vostro vertice notturno si è svolta una discussione che si potrebbe sintetizzare così: lei pensa che bipolarismo e allenza con Rifondazione vadano salvaguardati; D’Alema e Rutelli, che vogliono il sistema tedesco, vagheggiano una Grande coalizione; Veltroni vuole correre da solo e allearsi poi con chi gli consentirà di fare maggioranza. E’ così?
«Una ricostruzione forzata, ma corrispondente in qualche modo alle posizioni. Una cosa è certa: non si può stressare oltremodo il carattere radicale di una componente e poi immaginare un futuro assieme. Quello che si dice oggi non può non avere conseguenze nel futuro».
Lei è ciclicamente rincorso dalla fama dell’incontentabile: perché da quando Veltroni ha preso la guida del Pd, lei è così critico?
«Ma non vede? In pochi giorni sono stati distrutti il linguaggio e i riferimenti concettuali cumulati in 20 anni anni. Non si può sostituire il maggioritario al proporzionale e l’idea di un patto per il governo davanti agli elettori con un governo fatto in Parlamento senza che tutto questo non abbia conseguenze. Noi avevamo immaginato che la “nuova stagione” del Pd potesse essere un ulteriore avanzamento di quella dell’Ulivo. Questo voltafaccia conferma il sospetto che abbiano vinto quelli che la pensano come la risposta al fallimento della stagione precedente.».
Veltroni va dritto per la sua strada, ma che colpa ne ha se nessuno lo contraddice?
«E’ per questo che penso sia arrivato il momento di aprire un dibattito tra i milioni di “costituenti”: facciamo un referendum di massa per sentire se vogliono tornare la proporzionale o continuare sulla strada di questi anni. Mi sconvolge l’enormità di quel che sta accadendo senza che ne sia rilevata la misura. Come dimenticare che è grazie alla riforma bipolare, per quanto parziale, assicurata in questi anni, che Berlusconi ha potuto guidare il più lungo governo democratico nella storia d’Italia e noi abbiamo portato a termine ieri la scelta dell’euro e oggi, con un solo voto di maggioranza, abbiamo superato il doppio della durata degli altri governi, assicurando scelte importanti al Paese».