13 Febbraio 2014
NON C’È ALCUNA ANALOGIA CON PRODI. ROMANO ERA STATO SCELTO DAGLI ELETTORI.
intervista a Carlo Fusi, Il Messaggero p.5
Arturo Parisi apprezza la scelta di Enrico Letta ma gli ricorda di essere entrato in partita come uomo di partito.
In realtà, professore, Letta dice di sentirsi uomo delle istituzioni che vuole rispettare i patti. Per questo fa intendere di essere pronto anche alla conta in Parlamento.
“Che Letta sia uomo delle istituzioni lo dice la sua vita prima che le sue parole. Per la cultura che guida la sua visione la politica è per lui innanzitutto sintesi e governo, prima che conflitto e rappresentanza. Quello che per altri è il punto di arrivo per lui è il punto di partenza. Ma…”
Ma?
“Ma la complicazione viene dal fatto che dentro questa vicenda è entrato e sta come uomo di partito, come lui stesso ha riconosciuto. Da uomo di partito ha affiancato Bersani nel tentativo fallito di dar vita ad un governo. Da uomo di partito è succeduto in questo al suo Segretario in rappresentanza del partito. Da uomo di partito ha guidato un governo di tregua tra partiti, sia nella fase delle intese larghe e ancor di più in quella delle intese strette.”
Però è pur sempre in Parlamento che è nato il suo governo.
Dice bene Letta quando chiede perciò che la decisione avvenga alla luce del sole.
“Ma ancora meglio quando riconosce come sede il partito, quella dove la sua avventura ha preso il via. E dice bene che in quella sede è necessario discutere del “che” e del “perchè” e non solo del “chi”, cioè a dire del progetto del governo nuovo. Ma in quella sede di partito Letta discuterà da uomo di partito dentro le regole del partito, quelle stesse che furono all’origine della sua responsabilità di governo.”
Quali sono le similitudini con Romano Prodi, che pure andò alle Camere e fu battuto?
“Forse nella richiesta di trasparenza e nella scelta di un tono per lui inusualmente assertivo. Per il resto non vedo niente di più lontano da questo passaggio, dei due voti di fiducia chiesti da Prodi. Nel 1998, esattamente come nel 2008, erano i cittadini i referenti di Prodi, gli stessi che scegliendo col loro voto la maggioranza e il governo avevano il diritto di sapere quali dei loro rappresentanti avevano rispettato il loro mandato. Non è certo questo il caso presente.”
Ancora una volta nel centrosinistra e nel Pd (o qualunque nome ci fosse in passato) va in scena un duello tra leader per il “trofeo” di palazzo Chigi. E’ una sindrome autodistruttiva che si ripropone. Perché? Colpa dei leader o colpa del partito?
“Nè colpa dei leader nè della malasorte. La causa è nella transizione incompiuta che dura da ventanni dalla democrazia dei partiti alla democrazia dei cittadini. La causa è nella contraddizione tra la ricerca irrisolta di una investitura diretta della guida del governo da parte dei cittadini, e quella indiretta attraverso i partiti. Che poi questa contraddizione si sia manifestata con maggior acutezza nel centrosinistra è perchè nel centrodestra democrazia è una parola che in questi venti anni hanno scritto con l’inchiostro invisibile. La democrazia dei cittadini, e quella di partito.”
Ieri era Prodi-D’Alema. E’ un miglioramento o una patologia?
“Letta non è certo Prodi, e men che mai Renzi è D’Alema. La legittimazione di Renzi non è certo quel voto popolare che come Sindaco lo ha messo al mondo, e neppure quella che lui stesso persegue con la riforma. Per quanto paradossale questa volta la premiership è tuttavia figlia dei partiti, mentre la leadership del principale partito è figlia di un voto popolare.
(Di nuovo uno scontro tra due principi di legittimazione diversi: quella di chi può vantare un qualche investitura diretta contro quella che viene da procedure sempre meno capaci di evocare la voce dei cittadini.)* Ecco perchè bisogna portare a compimento il processo di riforma avviato venti anni fa. E con urgenza.
*(inciso omesso nella versione a stampa)