A proposito di laicità e bioteca e più in generale dei temi sensibili, condivido la necessità di inserire nel nostro progetto il riconoscimento dell’apertura per l’azione politica e l’attività di governo di nuove frontiere prima non adeguatamente esplorate. Tra esse si impone come tema non eludibile quello della bioetica, il tema della vita e della morte che già individuammo ma purtroppo non governammo adeguatamente nei programmi del 1996 e del 2001.
Questi temi chiamano in causa il rapporto tra politica e religione, e debbono essere distinti da quelli che riguardano il rapporto tra stato e chiesa che abbiamo ereditato dal passato (penso all’8 per mille o al finanziamento della scuola privata cattolica, che mi è capitato di vedere confusi nello stesso elenco che comprendeva la fecondazione assistita).
La soluzione di questi problemi, non può essere più rinviata alla semplice libertà di coscienza dei singoli parlamentari immaginando di sollevarci in questo modo della nostra responsabilità comune.
Consapevoli della novità dei problemi e della nostra comune responsabilità politica credo che dobbiamo fondare la ricerca delle soluzioni in un ascolto reciproco e in un dialogo riconoscendo la fecondità del dubbio, dei dubbi che attraversano ognuno di noi, ma anche che questo ascolto e questo dialogo sono però finora mancati.
Se tuttavia è vero che in questa ricerca il criterio il valore della libertà di coscienza si sono dimostrati insufficienti dobbiamo riconoscere che essa costituisce comunque il presupposto e la condizione irrinunciabile dell’esercizio di una responsabilità comune.
Se in questi anni abbiamo fallito non è perchè ci siamo fatti limitare dalla libertà di coscienza individuale, ma perchè non abbiamo favorito tra noi regole, iniziative e un clima che questa libertà mettessero pienamente a frutto.
Se in occasione della approvazione e del successivo referendum abrogativo della legge sulla procreazione assistita dentro la coalizione e dentro i singoli partiti, tutti i partiti, fossimo riusciti ad assicurare la libertà di coscienza, l’ascolto e il dialogo che ci eravamo impegnati a riconoscere ci troveremmo oggi di fronte ad una situazione ben diversa.
Quindi pur riconoscendo che la libertà di coscienza non è sufficiente dobbiamo ribadire che essa continua ad essere comunque necessaria, direi più che mai necessaria.
L’assunzione da parte della politica del nuovo modo di porsi del tema della vita e della morte ci impone una riaffermazione del valore della laicità.
La laicità dello stato e delle istituzioni è per noi un valore condiviso al servizio di una società che non solo sappiamo non laicizzata ma che non vogliamo laicizzata perchè riconosciamo il valore del confronto tra e con le fedi che al suo interno alimentano la convivenza comune.
Perchè questa è la novità che definisce la nostra identità. Mentre in passato la laicità dello stato era pensata come uno strumento per la laicizzazione della società, oggi la laicità dello stato è non solo rispettosa di una società che sappiamo non laicizzata, ma è garanzia del pieno dispiegarsi della libertà di fede e di religione.
Accanto ai nuovi oggetti ad interpellare la nostra laicità sono infatti i nuovi soggetti, i nuovi cittadini che testimoniano nel nostro paese nuove fedi e confessano nuove religioni.
È pensando ad essi che siamo chiamati a difendere la natura laica dello stato, come patria costituzionale, una patria fondata su un progetto ed un patto costituzionale e non invece come comunità di tradizioni e di sangue.