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3 Febbraio 2009

Legge elettorale: Parisi, pericoloso precedente. Non è una nostra vittoria ma un’altra sconfitta politica

Autore: Arturo Parisi

1. Sono venuto a questa riunione pur sapendo
che alle 14 é convocata l’aula per decidere della legge che saremmo qua
chiamati a discutere, e che alle 13 scade la presentazione degli
eventuali emendemanti. Sono venuto per protestare ancora una volta sul
rispetto della democrazia nel Partito che abbiamo definito democratico.

2.
Sono venuto per lasciare a verbale il mio e nostro NO all’accordo con
Berlusconi. Avendo sentito sui giornali che accanto ai Favorevoli, non
sono pochi quelli che fanno sapere di essere Perplessi, vorrei lasciare
a verbale che la nostra non é una semplice Perplessitá, ma una vera
Contrarietá. E’ una contrarietá che affideremo al voto nel gruppo se il
gruppo deciderá con un voto, e al voto in Aula se deciderá di non
decidere, ad un voto che vorremmo fosse palese.

3. Un no calmo, ma fermissimo. So che questi sono tempi
nei
quali ben altri sono i problemi che si impongono come prioritari. Ma
proprio in tempi come questi so che l’unica strada possibile é
costruire dentro e attorno a noi la massima unitá attraverso il
rispetto rigoroso della democrazia. Fuori da questa strada c’é solo la
solitudine degli uomini forti.

4. Proprio per questo l’assenza
nel nostro partito della democrazia, almeno a livello centrale, si fa
drammatica quando vengono in discussione scelte critiche.
Questa é
una di quelle. Vengono infatti a confronto le diverse concezioni tra le
quali ci siamo e siamo divisi: quella proporzionalista, quella
bipartitica, e quella bipolare a vocazione bipartitica. Tre diverse
concezioni che presuppongono e mettono capo ad un diverso assetto
politico e ad un diverso profilo del partito.La prima risposta alla
quale una discussione seria dovrebbe approdare é appunto quale sia il
modello al quale la scelta che ci viene imposta corrisponda. Ma questa
risposta non viene data perché di questa risposta il partito non
dispone. E non ne dispone, come ha spiegato bene ieri Tonini, perché il
partito ha deciso chi debba essere il segretario, ma non quale sia
invece la sua linea. Di questa linea dice Tonini decideremo nel
prossimo congresso. Intanto procediamo cosí come abbiamo fatto finora:
prima il segretario, poi la linea; prima la decisione poi la
spiegazione. E non ne dispone perché non dispone di luoghi democratici
per scegliere.
Capita cosí di leggere che questa scelta
presupporrebbe un modello tedesco messa in bocca a uno come
Franceschini che dovrebbe essere sostenitore di un modello francese,
cosí come di leggere perplessitá attribuite a sostenitori, come
D’Alema, del modello tedesco che di questa legge dovrebbero essere
invece soddisfatti.

5. Questo capita perché le leggi elettorali
producono effetti automatici solo per quel che riguarda la traduzione
dei voti in seggi. Per il resto e, in particolare, per quel che
riguarda l’esistenza dei soggetti politici e il comportamento degli
attori le leggi elettorali sono condizioni che accelerano o ritardano i
processi politici, non cause che li producono. Una cosa é infatti una
lista, un’altra un partito. Anche solo facendo riferimento ai 15 anni
nei quali le leggi elettorali hanno occupato il centro della scena, le
liste che hanno dato vita ad un partito sono state poche e soprattutto
per poco.

6. Ecco perché la modalitá con la quale viene
approvata é parte stessa del processo e piú importante della legge
stessa. Innanzitutto nel tempo. A due mesi dalla convocazione dei
comizi elettorali essa costituisce un precedente pericoloso, per il
futuro. Nei giorni scorsi ho piú volte ricordato che alla fine di
ottobre i principali dirigenti del nostro Partito proposero un
documento che diceva che a processo ormai avviato il cambiamento di
aspetti non marginali della legge elettorale sarebbe stato grave sul
piano della democrazia. Cosa dire ora che alla indizione delle elezioni
europee mancano solo due mesi? Si risponde. Ma siamo tutti d’accordo,
come se non fossimo d’accordo non se ne farebbe nulla. Leggo invece
sulla stampa la minaccia della destra che se l’accordo venisse meno
loro procederebbero per conto loro. Sarebbe questa la democrazia
condivisa?

7. Ma anche se l’accordo fosse alla pari. Nel senso
che la modifica della legge viene approvata solo se si é d’accordo e
abbandonata in caso contrario, come non porsi la domanda “d’accordo tra
chi?”. E qui viene il secondo problema. Perché é a tutti evidente che
non sempre il potere coincide col diritto, e con le convenienze. Come
dimenticare infatti che una legge approvata in questo modo e in questi
tempi non é solo una violenza, ma un tradimento di forze che sono con
noi alleate nel governo del Paese?

8. Si risponde. Lo facciamo
per l’Europa. E’ bene incoraggiare una semplicazione in Europa. Come se
essere eletti in Italia nelle stesse liste comportasse automaticamente
l’appartenenza agli stessi gruppi nel parlamento europeo. Lo diciamo
noi che ancora non abbiamo deciso se e di quale gruppo faremo parte in
Europa. Lo dicamo noi che non nella precedente legislatura ma in questa
vediamo parlamentari del nostro partito sedere in Europa in gruppi
diversi (penso alle delegazioni Nato e Consiglio d’Europa…) Non
parliamo poi dell’argomento: é bene che il nostro Paese sia
rappresentato in Europa da pochi gruppi. Come se essere eletti nella
stessa lista corrispondesse all’appartenenza allo stesso gruppo. Come
se dimenticassimo le liste pluripartitiche, le cluster list, che
all’indomani del voto esplodono nelle scheggie prima compresse.

9.La
frammentazione si dice é un male in se. E io sono d’accordo. Ma
aggiungo subito che la frammentazione che ci preoccupa é quella
partitica. Se vogliamo evitare che attraverso leggi sbagliate si
incoraggi la nascita di partiti che non esistono nella societá, per
governare il fenomeno ci sarebbero meccanismi ben diversi. Penso alla
restrizione del rimborso delle spese elettorali e alla applicazione
rigorosa della normativa sulla presentazione delle liste. Basterebbe
l’irrobustimento delle condizioni di proposta, il rispetto rigoroso
della legge, e la eliminazione dei privilegi per i partiti esistenti
per governare il fenomeno. La nostra preoccupazione deve essere in
questo alleggerire la competizione dalla partecipazione di partiti
finti, non escludere dal parlamento quelli veramente esistenti nella
societá.

10. Concludendo, due sono i motivi per i quali il mio e
il nostro giudizio su questa legge non puó che essere di contrarietá.
Innanzitutto il “quando” della sua approvazione: un precedente che ci
espone per il futuro alla tentazione di colpi di mano a partita giá
iniziata. Ma allo stesso tempo l’assenza di una giustificazione
adeguata. Non quella istituzionale considerato che il compito del
parlamento europeo piú che assicurare la governabilitá dell’Europa é
allargare la troppo limitata rappresentanza degli europei; non quello
partitico perché la frammentazione che limitiamo e l’aggregazione che
favoriamo é meramente elettorale. Ma soprattutto la giustificazione che
manca é quella politica. A quale assetto politico questa iniziativa fa
capo, in funzione di quale modello complessivo é pensata? Il
proporzionale auspicato dai sostenitori del modello tedesco? Il
bipartitico maggioritario piú o meno coatto che ha guidato la discesa
in campo solitaria? Questa risposta non é ancora venuta. Chi come noi
si ispira al modello bipolare a vocazione bipartitica puó solo dire che
questa scelta per i modi e i tempi rischia di metterci nelle mani di
quelli che sono i nostri indiscutibili avversari, mentre accentua la
rottura con quelli che restano pur sempre nel Paese i nostri difficili
alleati.
Come evitare che in assenza di questa giustificazione,
l’approvazione affrettata e fuori tempo massimo di questo provvedimento
non appaia guidata solo dalla speranza di contenere la temuta sconfitta
elettorale? Come evitare che sia solo dovuta al fatto che il prossimo
voto europeo si stia trasformando in un sostituto del nostro congresso
di partito?