Signor Presidente della Camera,
Colleghi,
Ogni passaggio è nella storia dei Parlamenti rilevante. Ma vi sono momenti eccezionali. Sono quelli nei quali la discussione e la decisione toccano i fondamenti stessi della democrazia, la civiltà giuridica di un Paese e la convivenza di una società.
Sono passaggi cruciali nella storia di un Paese.
Di fronte a questa legge, oggi, colleghi, noi ci troviamo a vivere uno di questi momenti.
I tratti dominanti della legge sono stati esposti in modo esplicito e trasparente dal Relatore Calderisi, che, almeno per questo, voglio ringraziare, per la chiarezza usata nell’illustrare gli intenti che si vogliono perseguire.
La legge che ci viene proposta non nasconde infatti in alcun modo l’intenzione di consolidare, e direi accentuare i difetti della sciagurata riforma elettorale per il Parlamento nazionale approvata alla fine del 2005.
Non fummo noi a definire quella legge una “porcata”.
E’ una parola che non ci piace, un termine che ancora faccio fatica a pronunciare, un termine tuttavia utilizzato da chi quella legge ideò e portò a termine.
Ebbene se quella legge fu definita “una porcata”, la legge a noi oggi proposta può essere definita a pieno titolo una “porcata bis”. Una porcata contro la democrazia.
Come quella legge, anche questa si propone infatti l’obiettivo di restringere ulteriormente gli spazi di decisione dei cittadini.
Dopo essere stati privati della possibilità di scegliere i loro rappresentanti nel Parlamento nazionale essi vengono ora privati della scelta di chi li debba rappresentare nel Parlamento europeo.
Con la conferma della lista bloccata questa legge lascia ai cittadini soltanto la possibilità di accettare o meno le decisioni di chi formerà le liste.
Nella generalità, i cittadini non avranno compiuta coscienza neppure dei nomi di chi li compone. Essi non vengono infatti neppure iscritti nella scheda elettorale, non fossaltro che al fine di informarli. Direi, anche per questo aspetto, in trasparente coerenza con l’ispirazione generale della proposta. Non è detto infatti che quelli che gli elettori potrebbero immaginare come i nomi dei nominati siano poi quelli che alla fine saranno mandati a loro nome dai vertici dei partiti nel parlamento europeo.
La nuova articolazione territoriale delle circoscrizioni, che viene proposta, non prevedendo infatti limiti alla possibilità di essere proposti come candidati in tutte le circoscrizioni, moltiplica la possibilità di candidature multiple.
Con l’inevitabile esercizio di opzione tra le circoscrizioni che ne consegue, oltre ad essere come quello nazionale un parlamento di nominati, quello europeo diventa così un parlamento di ripescati!
Non solo. Continuando in una pessima tradizione del nostro Parlamento, non si pone alcun divieto ai parlamentari italiani di presentarsi anche a queste elezioni, pur sapendo dell’incompatibilità fra le due Assemblee. Si perpetua così consapevolmente la prassi delle candidature “specchietto per le allodole”.
Ma vi è di più. La Relazione Calderisi dice con molta chiarezza il perché di queste scelte.
In totale dispregio del ruolo e del significato europeo del Parlamento europeo e della necessità, per noi vitale, di avere in quella Assemblea rappresentanze autorevoli perchè fortemente radicate nel rapporto coi nostri concittadini, questa legge si propone stabilizzare e rendere definitiva la concentrazione di potere di scelta dei parlamentari da parte dei vertici di partito.
Ripeto, in totale dispregio del ruolo europeo del Parlamento europeo.
Nelle ultime elezioni europee del 2004, facendo riferimento ai 353 milioni e mezzo di cittadini aventi diritto nell’insieme dei paesi dell’Unione, su 100 elettori 58,4 o non hanno partecipato al voto, o non hanno espresso un voto valido, o hanno espresso un voto che non ha ottenuto rappresentanza. Il parlamentari europei si trovano cioè oggi a rappresentare nemmeno 42 elettori su 100. A questa esile pattuglia di 42 elettori tra i Paesi europei l’Italia ha finora nella media offerto il contributo maggiore. Quasi 9 dei 42 elettori europei rappresentati erano infatti italiani, il 21,3%.
Ebbene: si deve sapere che se questa legge venisse approvata il numero di elettori italiani rappresentati nel Parlamento europeo diminuirebbe drasticamente, e con essi il totale degli europei rappresentati. Non è difficile infatti immaginare che, come è già avvenuto nelle ultime elezioni nazionali, il numero di elettori che non andranno alle urne o che in generale non esprimeranno un voto valido o produttivo di rappresentanza subirà una impennata.
Qualcuno può forse pensare che un Parlamento Europeo che fondasse la sua rappresentatività su meno del 40% degli aventi diritto, cioè a dire sulla minoranza assoluta dei cittadini potrebbe mai essere una istituzione forte?
Nascondendosi dietro il paravento di precedenti di altri Paesi europei questa legge riesce a cumulare in un solo testo tutti i meccanismi che distintamente producono negli altri ordinamenti l’esclusione dei cittadini dalla rappresentanza democratica.
Si fa in fretta a dire Europa! Quando poi proprio nel momento nel quale a causa delle tensioni sociali le istituzioni europee avrebbero più che mai la necessità di rafforzare la loro rappresentatività, si da un colpo di questa violenza alla democrazia rappresentativa dell’Unione.
E si da, per di più questo colpo, solo guidati dalla ossessione di una ulteriore concentrazione del potere interno in testa ai vertici di partito, ai capipartito, al capopartito per eccellenza!
La realtà è che dietro questa legge e il modo col quale essa è presentata e sostenuta c’è una idea della democrazia che noi non possiamo accettare.
E’ l’idea devastante di una democrazia che affida il rapporto tra istituzioni democratiche ed elettori al salotto di Vespa (per quel che riguarda la comunicazione verso gli elettori) e ai sondaggi degli istituti demoscopici (per quel che riguarda l’ascolto degli elettori e delle loro volontà).
I Talkshow (o nei migliori dei casi le Videoconferenze) in luogo del rapporto fisico e personale tra eletti ed elettori. I sondaggi in luogo dell’ascolto faticoso, paziente e rispettoso delle persone che si può avere solo incontrando i propri elettori e parlando con loro.
La democrazia della finzione contro la democrazia della realtà che, dopo la fine dei partiti di integrazione di massa, solo l’esperienza del collegio uninominale cominciava a farci intravedere e solo il collegio uninominale può tornare ad assicurarci.
E’ per questo motivo, pur considerando le preferenze un pessimo sistema per l’elezione dei rappresentanti, non ho difficoltà a riconoscere, che essendo la lista bloccata di gran lunga peggiore, esse possono costituire il male minore: non un passo per tornare indietro ma uno stop per invertire la marcia.
Per allontanarci dal rischio di quella nuova forma di Democrazia che è stata denominata “Videocrazia”.
Giustamente videocrazia non videodemocrazia, perchè della democrazia la videocrazia è la negazione e la distorsione più subdola.
Una realtà che, vale la pena di ricordarlo sempre, è in questa forma e, in queste dimensioni, una realtà tutta e solo italiana, una realtà alla quale rischiamo purtroppo di abituarci.
Una negazione, una distorsione alla quale Silvio Berlusconi ha dato un contributo incomparabile e determinante, certo grazie anche al suo sapere ma soprattutto di gran lunga di più grazie al suo potere.
Ma ancor prima è a causa della sua concezione della politica e della vita che Silvio Berlusconi ha contribuito alla distorsione della nostra democrazia,
a causa di una concezione che considera le regole soltanto come modalità di funzionamento di un sistema finalizzato a perseguire, dentro un quadro proprietario, la massimizzazione del profitto,
a causa della incapacità di vedere in chi lo circonda altro che dei collaboratori o, nel migliore dei casi, dei consiglieri di amministrazione o dei managers nominati da chi detiene il pacchetto di maggioranza.
Sta qua il cuore di questa e il motore di questa legge: sta qua la radice della estensione del potere dei capi, del potere del capo, sta qua la radice della espropriazione dei rappresentati di nominare i loro rappresentati.
Sta qua la radice della malattia, della grave malattia della nostra democrazia: nella incapacità di apprezzare e prima ancora di capire il ruolo della rappresentanza democratica, delle sue regole e procedure.
Non è un caso che con ingenua trasparenza, si sia arrivati a dichiarare di non comprendere perché siano necessari i parlamentari quando basterebbe dare ai capigruppo un voto ponderato in proporzione ai risultati elettorali conseguiti dal partito o dal gruppo.
E d’altra parte come non riconoscere che procedendo di questo passo a governare per decreti e voti di fiducia questa ipotesi paradossale non possa diventare una ragionevole sviluppo delle tendenze in corso? Come non riconoscere la fondatezza dell’argomento che chiede cosa abbiano da fare fuori da Roma e da questo edificio i parlamentari tra elettori che non li hanno eletti?
Come possiamo noi tutti, accettare questa idea di democrazia?
Come possiamo piegarci a una torsione così profonda della democrazia rappresentativa, della democrazia governante, della democrazia politica?
Come possiamo accettare una accumulazione così forte di potere in Istituzioni che rischiano di non avere più nulla di democratico, proprio mentre nel mondo torna prepotentemente alla ribalta il ruolo degli Stati, e agli Stati si chiede di tornare ad essere i regolatori di mercati impazziti?
Colleghi questo è il nodo che questa legge, per il modo col qual è proposta e per il suo contenuto, ci pone oggi di fronte.
Lo dico con forza a tutti, ma in modo particolarmente accorato ai tanti colleghi di Maggioranza che ieri furono insieme a me ed altri nel sostenere il referendum abrogativo della legge elettorale politica. Un referendum promosso proprio per combattere quegli stessi limiti e distorsioni che la nuova legge esalta in misura ancora maggiore.
Lo dico al Presidente Fini, che tanto aiutò allora la raccolta delle firme. Lo dico a lei, On. Calderisi, che fu insieme a me fra i principali promotori. Lo dico agli onorevoli Alfano, Bocchino, Prestigiacomo, Brunetta, La Russa, Rotondi, Carfagna, Matteoli, che ci sostennero, o furono nel comitato promotore.
Dove finirà la rappresentanza democratica se continuerà di questo passo.?
Fermiamoci finchè siamo in tempo.
Invertiamo la direzione di marcia intrapresa tre anni fa invece di allungare il passo verso il baratro.
27 ottobre 2008