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11 Aprile 2006

Le elezioni politiche: spunti e riflessioni

Autore: Arturo Parisi

1. Il risultato

E come non potrei essere soddisfatto? Un risultato che nasce da una grande partecipazione e nonostante le congetture di Berlusconi che aveva affidato ad essa la sua speranza di vittoria. Un risultato che nonostante il tentativo di ritorno ad una logica proporzionale rafforza il modello bipolare e quindi quella democrazia che affida ai cittadini la scelta delle maggioranze e dei governi per la quale ci battiamo da quasi ventanni.

E dentro questo bipolarismo la vittoria del polo di centrosinistra, la prima nella storia repubblicana finora segnata dall’alternarsi tra maggioranze di centro e di centrodestra.

Una vittoria frutto di un itinerario esemplare (la coalizione, le primarie per la scelta del leader, il programma) fondata sulla nostra forza non sulla divisione del campo avverso come nel 1996.

Certo i numeri sono là a ricordarci che avevamo galoppato forse troppo con il desiderio e che esiste un’altra Italia con la quale dobbiamo fare i conti facendoci carico delle sue paure e delle sue speranze perchè il governo che sarà  il nostro governo, solo perchè affidato alla nostra responsabilità  e guidato dal nostro programma, dai nostri valori e dal comune giudizio sul disastro degli ultimi cinque anni dovrà  essere al servizio di tutti.


2. Berlusconi e i brogli

Il fatto è che a Berlusconi piace fare l’americano e cantare la grandezza di quella democrazia solo a Washington per farsi applaudire dal Congresso, ma in Italia gli riesce solo nel campo della televisione commerciale.

Ora che deve riconoscere la sua sconfitta gli è più difficile. E dire  che lo precediamo non di 4000 voti come accadde a Bush in Florida, ma di 25000, o meglio di 65000 se si considerassero nel numero degli elettori anche i consensi al centrosinistra in Val d’Aosta.


La realtà è che mentre noi siamo stati guidati da una cultura istituzionale e di governo anche quando eravamo all’opposizione Berlusconi non ha mai cessato di farsi guidare da una cultura extraistituzionale e di opposizione anche quando era al governo.

Solo questo, oltre alla sua celebratissima faccia, può  spiegare come, mentre è ancora Capo del Governo e Capo del partito del Ministro dell’Interno, possa attaccare prefetture e ministero e invocare conteggi previsti dalla legge come se fossero eventi straordinari.

Spero solo che per i suoi alleati, o almeno quelli che hanno una cultura istituzionale più  antica il gioco a tre punte non sia stato solo un espediente per moltiplicare i consensi elettorali ma anche un modello di emulazione politica guidata dalla preoccupazione del futuro comune oltre che dall’interesse immediato. Perché  se è vero che la vita della democrazia è affidata alla possibilità che la minoranza possa tornare ad essere in futuro maggioranza, essa dipende dal fatto che nel presente la minoranza accetti la propria sconfitta.


3. Ulivo Partito democratico

In fondo è stato meglio così Certo ieri ho sentito Draghi all’Infedele argomentare che se i partiti dell’Ulivo si fossero presentati insieme anche al Senato, se la campagna elettorale fosse stata condotta al Senato come alla Camera da una forte proposta unitaria, molte delle regioni perdute potevano essere conquistate e il distacco tra noi e la Cdl sarebbe stato molto maggiore.

Ma ora è finalmente chiaro a tutti quello che noi sapevamo da sempre che la domanda di Ulivo, di un Ulivo forte e unito capace di trasformarsi in un vero partito democratico è tra i cittadini più forte di tutte le nostre distinzioni.

Se penso alle sofferenze degli ultimi mesi, agli ulivisti della Margherita costretti a sfilare nella Assemblea Federale per difendere a fronte alta le proprie convinzioni, alla supponente tiritera che in politica due più due non farebbe mai quattro ma sempre tre, anche questa vittoria  dimezzata mi dice che ne è valsa la pena.


Dovrebbe essere ormai chiaro a tutti che nessun partito può pensare il futuro in solitudine. Anche se esistono passati distinti, grandi tradizioni da mettere a frutto, il presente ci chiede di riconoscerci in quella unità  che abbiamo promesso ai cittadini.

Certo fa effetto sentire le nostre parole ripetute, forse addirittura rivendicate come proprie da bocche che sembravano prediligere altre canzoni, ma è un effetto piacevole. E’ il bello della democrazia.

Qualcuno aveva immaginato che il popolo delle primarie, quello che si era mescolato davanti ai seggi fosse tornato nelle proprie case private, o in case politiche nelle quali non aveva mai vissuto.

Il realismo, e il coraggio dei leader dei partiti che sotto il segno dell’Ulivo hanno preso l’impegno di fondare un partito nuovo è stato premiato e soprattutto è stata premiata la generosità di pensare questo partito non contro gli altri ma come avanguardia, anima, baricentro dell’Unione al servizio della sua unità.

Se dentro una campagna elettorale che poteva essere avvelenata dalla logica divisiva della nuova legge elettorale la nostra unità  ha superato tutte le prove questo è stato anche perchè Ds e Margherita, Fassino e Rutelli invece di ingranare la competizione partitica, costi quel che costi, hanno espresso apprezzamento anche per orientamenti di voto indirizzati verso altri partiti dell’Unione.

Ma questo è potuto capitare perchè i partiti dell’Ulivo hanno condiviso e sostenuto lealmente la linea di Prodi preoccupata dell’interesse generale più che da quello particolare.

Per questo motivo son sicuro che daremo seguito all’impegno di avviare il processo per la costituzione del nuovo partito costituendo gruppi unici dell’Ulivo alla Camera e al Senato: da subito. E’ la promessa che ho fatto agli elettori da capolista dell’Ulivo nella mia Sardegna: in italiano e in sardo.

Ma la stessa promessa è stata fatta in tutte le altre regioni del Paese da Prodi e dagli altri capilista a cominciare da Fassino e da Rutelli.