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10 Luglio 2012

L.ELETTORALE: PARISI,MALISSIMO LE PREFERENZE MA MOLTO PEGGIO NOMINATI E IMPOSTI

A proposito del sistema delle preferenze il gruppo dirigente del Pd non può limitarsi a dire le sue ragioni e le sue paure. O riesce a proporre un sistema che restituisca agli elettori il diritto di eleggere i propri rappresentanti o è inevitabile che le preferenze vengano percepite come l’unico mezzo residuo per assicurare questo diritto. Così è nelle elezioni comunali e regionali, così è nelle elezioni europee, così è stato per decenni in passato. Solo il ripristino dei collegi elettorali maggioritari integrato dalla introduzione di primarie per la scelta dei candidati costituisce una alternativa credibile. Era questo appunto l’obiettivo perseguito dalla proposta di referendum sottoscritta da 1.200.000 cittadini.

Era questo l’obiettivo che, dopo il No della Consulta ad un referendum che in troppi avevano solo fatto finta di sostenere, il gruppo dirigente Pd avrebbe potuto riconoscere come il meno lontano dal sentimento della base. Invece la Segreteria del Pd si è guardata bene dal lavorare in Parlamento per un vero ritorno ai collegi uninominali e per l’introduzione delle primarie. Immaginando una convergenza con gli altri partiti della maggioranza, ha preferito lavorare per mantenere nelle mani delle segreterie il massimo possibile del potere attraverso la nomina diretta dei parlamentari in modo diretto grazie alle liste bloccate, o indirettamente, attraverso collegi fintamente uninominali e fintamente maggioritari. 

Arriva ora il momento della verità. E’ infatti sempre più evidente che il sistema delle preferenze appare agli occhi del centrodestra non solo il sistema più popolare, ma anche quello più capace di governare i propri interessi. L’unica alternativa alle preferenze, che resta un sistema altamente pericoloso, si conferma perciò il ritorno ai collegi uninominali integrato per la scelta dei candidati da primarie vere. Basterebbe una legge di pochi articoli approvabile in pochi giorni. Forse è il caso che Bersani ci ripensi, magari tornando a rivendicare il merito di aver aperto lo scorso anno le feste dell’Unità al referendum. Non possiamo arrenderci. Il momento del rendiconto si avvicina. La colpa più imperdonabile per un democratico è non aver fatto tutto il possibile per evitare di lasciare alle proprie spalle la nostra democrazia in condizioni peggiori di come l’ha trovata.