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30 Maggio 2006

Iraq/ Parisi: via i militari, ma resta il nostro impegno – punto

Autore: Corrado Accaputo
Fonte: Apcom

Nassiriya – I militari italiani in Iraq torneranno tutti a casa entro l’anno. Il governo decidera’ sui tempi e le condizioni del rientro “nel piu’ breve tempo possibile”, presentando le sue proposte al parlamento “entro la scadenza prevista, cioe’ entro giugno”. Il tutto nel pieno rispetto del “mandato avuto dagli elettori”. I dubbi restano
semmai sulla natura del futuro impegno nel paese: se non resteranno più militari, come si organizzerà la sicurezza per la missione civile? e di che tipo di missione? In ogni caso
“l’Italia non voltera’ le spalle all’Iraq”, conferma il ministro della Difesa Arturo Parisi, che ha scelto Nassiriya per il suo primo impegno ufficiale all’estero.

“L’impegno a favore della ricostruzione dell’Iraq da un punto di vista politico, economico e sociale rimane immutato, anzi, va in qualche modo rafforzata la sua intensita’” assicura il ministro.

Tanto piu’ che nella torrida provincia di Dhi Qar c’e’ chi chiede ancora agli italiani di restare. Il governatore Aziz Kadum Alwan al Ogheli, ad esempio. Incontrando il ministro, “ha espresso apprezzamento per la nostra presenza e per quello che gli italiani hanno fatto, accompagnato dall’auspicio che la nostra presenza continui e che il sostegno dell’Italia non venga meno”.

Parisi arriva a Nassiriya di buon mattino, accompagnato dal capo di Stato Maggiore della Difesa, ammiraglio Giampaolo Di Paola. Per quello che definisce il suo vero esordio da ministro, indossa un elegante abito grigio. E’ accolto dall’ambasciato re italiano a Baghdad, Maurizio Melani, e dall’attuale comandante della missione Antica Babilonia, il generale Natalino Madeddu. Un breve colloquio a porte chiuse gli consente di sapere che “la provincia e’ relativamente tranquilla, ma il pericolo del terrorismo e’ sempre dietro l’angolo e il tasso di disoccupazione rasenta il 60%”. Poi la cerimonia sul piazzale di Camp Mittica, con la deposizione di una corona di fiori davanti al monumento ai caduti, che Parisi sceglie di ricordare singolarmente, pronunciandone il nome.

Un pizzico di emozione, per lui sardo, al momento dell’inno dei “Dimonios” (la brigata Sassari), quindi l’annuncio: “E’ in corso l’esame delle opzioni praticabili in merito ai tempi e alle condizioni per il rientro delle Forze Armate italiane dall’Iraq.
Questo con un contestuale rafforzamento del nostro impegno civile a sostegno della ricostruzione del paese e del consolidamento delle sue istituzioni democratiche, nell’ambito di un processo di consultazioni con il governo iracheno e le altre parti interessate”.

Le decisioni del governo, dice Parisi, sono guidate dall’intenzione di accelerare questo passaggio e di garantire una nostra “presenza incisiva”, a sostegno dell’amministrazione irachena e dei suoi sforzi di ricostruire le infrastrutture e l’organizzazione statuale. Ma l’Italia non intende abbandonare l’Iraq e gli iracheni al proprio destino, “non voltera’ le spalle” al paese. “La conclusione della nostra presenza militare, con il ritiro del contingente, non rappresenta in alcun modo un disimpegno. Tutt’altro”, commenta il ministro. “L’impegno dell’Italia proseguira’ ulteriormente attraverso una rafforzata collaborazione politica, civile, umanitaria e di sostegno alle istituzioni e alla ricostruzione del paese. Si trattera’ di un programma molto qualificato che si propone di rafforzare
l’impegno della comunita’ internazionale a favore dell’Iraq”.

L’Italia, dunque, non fugge, tanto piu’ che per Parisi quella in corso “e’ una missione di pace”. “L’obiettivo non e’ l’abbandono dell’Iraq ma il rientro del contingente”, precisa il ministro.
“L’impegno a favore della ricostruzione dell’Iraq da un punto di vista politico, economico e sociale rimane immutato, anzi va rafforzata la sua intensita’”. E proprio questo sembra essere il punto: come fornire un contributo richiamando i soldati in patria? Il governo sembra ormai indirizzato verso un ritiro totale del contingente, in linea con il programma dell’Ulivo:
“consideriamo la guerra in Iraq e l’occupazione un grave errore”, si legge nel documento programmatico, “dobbiamo dare un forte segnale di discontinuita’ sia al popolo iracheno sia alla comunita’ internazionale”.

Discontinuita’, probabilmente, non nei tempi: il rientro dei militari, secondo quanto appreso da Apcom da fonti bene informate, sara’ completato a dicembre, stesso mese indicato dal precedente governo. Discontinuita’, allora, nei numeri: a Nassiriya non restera’ alcun soldato italiano. Tutti torneranno a casa, contrariamente a quanto previsto dall’esecutivo uscente che intendeva lasciare un nutrito gruppo di militari a protezione
della missione civile.

E proprio la missione civile, quel Provincial Reconstruction Team sul modello afgano che qualcuno comincia gia’ a ritenere una struttura obsoleta, rappresenta il nodo da sciogliere. Nel capoluogo della provincia di Dhi Qar ci sono gia’ otto civili italiani, guidati da Ugo Trojano, impegnati nell’individuazione delle aree di intervento. Ma la loro continua ad essere una situazione paradossale: lavorano, senza conoscere che futuro li
attende.

Potra’ esistere un Prt senza un’adeguata sicurezza? Se no, il governo Prodi si e’ detto pronto a garantire tutto il sostegno possibile agli iracheni, a livello politico, economico e sociale, nel rispetto del mandato degli elettori, nell’ambito delle grandi organizzazioni internazionali. In sostanza, un appoggio dall’esterno, che potrebbe anche prevedere l’addestramento delle forze di sicurezza irachene, gia’ in corso da tempo, ma non sul
suolo iracheno. “Ma questi”, ha commentato Parisi, “sono elementi di valutazione che stiamo acquisendo in questo momento. E si tratta di una valutazione che comporta un giudizio conclusivo, una sintesi, che il governo non ha ancora formulato concretamente”.