*L’intervista è stata rilasciata in data 20 Gennaio 2014
I maligni la chiamano già legge Renzu-sconi. I sostenitori del sindaco di Firenze sperano che passi il termine “Italicum”. Sta di fatto che l’accordo sulla legge elettorale tra Renzi e il Cav. è un ulteriore punto di non ritorno della politica italiana. Arturo Parisi con Romano Prodi è stato dei padri dell ’Ulivo e poi del Partito Democratico.
Professor Parisi, che effetto le ha fatto vedere Silvio Berlusconi varcare la soglia della segreteria del Pd?
«Rabbia per gli anni passati e ansia per i giorni futuri. Rabbia se penso ai quasi venti anni perduti da quando nel programma dell’Ulivo scrivemmo invano che le regole si scrivono assieme. Ansia se penso al rischio che anche questa volta imprevisti cambi di linea mandino tutto all’improvviso in fumo. Nessun dubbio invece sulla necessità di un confronto alla luce del sole che inizi da Pd e Fi, i partiti che in una competizione bipolare, sono chiamati a collocarsi sugli opposti lati del campo. Spero che la stagione degli incontri clandestini e notturni in case private sia finalmente alle nostre spalle».
Dalle sabbie mobili è sempre il Pd a salvarlo?
«È vero, in questo modo, pur senza concedere nulla al suo dovere di cittadino di dar conto ai giudici, Berlusconi si vede riconosciuto come leader politico. Ma a riconoscerlo non è stato Renzi, ma quel 20 per cento di italiani che nonostante tutto ancora, e io aggiungo purtroppo, si ritrova nella sua leadership.Ma nel costringerlo a recarsi presso la segreteria del Pd si stabilisce che in questo campo lui non è più al centro e nemmeno all’attacco, e che, dopo le due sconfitte con Prodi, Renzi ha buone probabilità di infliggergli la terza, la sconfitta per lui definitiva».
La convince l’Italicum?
«Ma l’accordo è ben altro. Verte anche su riforme costituzionali, come la riforma del Titolo V e il superamento del bicameralismo. Solo l’esperienza può insegnare quale sia il prezzo che il paese finora ha pagato in danaro e soprattutto in tempo alla presenza di due Camere uguali tra loro nella funzione e per di più diverse nella composizione. E, quanto alla legge elettorale, se è vero che essa è di certo peggiore di quella da me preferita, mi è difficile pensarne una peggiore di quella inventata dalla incredibile sentenza della Corte Costituzionale, ossia la legge attualmente vigente».
Le soglie di sbarramento dentro e fuori le coalizioni sono molte alte, e per di più non ci sono preferenze. E la rappresentanza?
«Le soglie di accesso alla rappresentanza, il premio di governabilità, e la previsione di un eventuale secondo turno sono tutto sommato accettabili e sufficienti ad assicurare che la competizione si concluda sicuramente con la proclamazione disolo vincitore, in condizione di guidare il governo per una legislatura. Lo stesso non si può dire invece per il diritto dei cittadini a scegliere i propri rappresentanti».
Questo è un nodo cruciale.
«Le liste sono decisamente più brevi, e tali da poter essere scritte sulla scheda, e le circoscrizioni, di certo più piccole di quelle attuali, consentono di individuare quali siano i rappresentanti del territorio. Resta tuttavia che gli eletti continuano a non essere scelti direttamente dagli elettori e, a causa della distribuzione proporzionale nazionale, non è detto che quelli scelti risultino alla fine gli eletti. Fa bene perciò Renzi a promettere che il Pd farà le primarie per la scelta dei parlamentari. Purchè questa volta siano però primarie vere, aperte, e per tutti i posti previsti, e non le primariette che l’anno scorso finirono in troppi casi manipolate dal vertice del Partito».
Al di là delle primarie a sinistra, 3-4 persone sceglieranno quindi l’intero arco parlamentare. È questo il prezzo che dobbiamo pagare sull’altare della governabilità?
«Purtroppo sì. Il riconoscimento a Berlusconi di poter continuare a dominare il proprio campo grazie alla conferma del potere di nomina che aveva conquistato col Porcellum è di gran lunga la concessione principale fatta da Renzi. Una concessione così grande che può essere accettata solo se l’attuazione dell’accordo è completa e grazie alla scommessa sulla forza imitativa delle primarie Pd».
Vede un rischio scissioni nel Pd?
«No, questo almeno no. O, meglio, fuoriuscite son sempre possibili. Ma, nonostante la vicenda Cuperlo, scissioni no. Nonostante il grande squillare di trombe, che ha indotto a parlare addirittura di rischio scissione, non risulta a verbale neppure un voto contrario».
Qual è il “modello Parisi”?
«Fondato sul collegio uninominale e sulla regola maggioritaria. Il metodo che più di ogni altro riesce ad associare la preoccupazione per la rappresentanza e la governabilità. Naturalmente dovrei aggiungere subito associato ad un sistema presidenziale all’americana o ad uno semipresidenziale alla francese».