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21 Aprile 2013

FINE DI UN PARTITO MAI NATO. Intervista a Giuseppe Meloni, L’Unione Sarda

1- Quello che è accaduto a Romano Prodi, padre dell’Ulivo, è simbolicamente
anche la fine del Pd?

E’ la prova che il Pd non è mai nato. Lo sapevamo da tempo, e da tempo l’ho detto. Ora ne abbiamo la prova. Già la candidatura al Quirinale di Marini, a 15 anni dall’identico tentativo pensato come compensazione della conquista di Palazzo Chigi da parte di D’Alema, ne era stata la prima conferma. Non mi riferisco in alcun modo alle qualità personali di Marini che sono fuori discussione. Mi riferisco alle motivazioni della sua scelta, l’esigenza di dar seguito alla idea che il Pd non è il partito nuovo che dice di essere, ma la continuazione e la somma di partiti passati. Un partito che ripropone nel presente la storia della sinistra interpretata dal Pci integrata da un apporto di provenienza Dc, in posizione politicamente subalterna anche se esigente in termini di presenza nelle istituzioni. No! Non era questa la nostra idea. Il Partito che pensammo nella stagione dell’Ulivo era un partito nuovo, capace di accogliere l’enorme numero di cittadini che non si riconoscevano in nessuna delle due tradizioni. Un numero in questi ultimi 20 anni enormemente accresciuto. E così è stato per la bocciatura di Prodi, anche se al contrario. Così come la proposta di Marini era lo svolgimento della linea D’Alema, il rifiuto di Prodi è stato espressione dell’idea opposta. E’ vero potremmo consolarci col fatto che il rifiuto della linea incarnata da Marini è stato di gran lunga maggiore di quello verso Prodi. Resta tuttavia che il Partito è stato misurato dai fatti troppo in ritardo rispetto alla sua pretesa di essere un partito nuovo e un partito unito. 2 – Come si poteva evitare tutto questo? Qual è stato l’errore più grave?

Non è alle mani che hanno scritto nel segreto dell’urna che si deve guardare. E neppure a chi ha organizzato gli agguati. Ma alle idee che hanno ispirato gli agguati e guidato le mani. E le idee sono nitidamente di natura politica non semplici contrapposizioni personali. Se un errore c’è stato è quello di aver detto cose ed averne fatte altre. Prima si è costruito intenzionalmente un partito diviso, poi per paura delle divisioni di è ostacolato un vero confronto politico. E’ accaduto così che abbiamo costruito un partito tenuto assieme dai sempre precari accordi di spartizione, ma privo di solidarietà politica e morale. Un partito nel quale, fin quando si vota palese su cose secondarie finisce all’unanimità, ma quando si vota segreto su questioni cruciali esplodono le contraddizioni.

3 – Lei da tempo è critico con la linea della segreteria. Che cosa non l’ha
mai convinto?

Di non aver mai cambiato la direzione di marcia, quella raccolta dal passato e relegato l’ispirazione ulivista ad una citazione nel simbolo del partito. Un errore che ha prodotto tutti i suoi danni nel mancato contrasto della legge elettorale, con l’idea affidata a Violante di tornare ad un sistema di tipo proporzionale mentre si dava ad intendere di perseguire un disegno opposto. Siamo così finiti a fare appello solo ai progressisti, con l’idea che tanto il Porcellum avrebbe consentito, come è poi accaduto, anche ad un partito che ha dietro di sè il 20% degli elettori di disporre del 54% della Camera. Nel solco della ispirazione ulivista il partito avrebbe invece dovuto rivolgersi, da solo o in coalizione con altri, alla maggioranza reale dei cittadini, facendo appello a tutto campo compresi i delusi da Berlusconi.
 4 – Ha sentito Prodi venerdì? Come ha vissuto, l’ex premier, questa vicenda?

Con sentimenti contrastanti, di dolore e sollievo. Esattamente come con sentimenti contrastanti si era reso disponibile a mettere la sua esperienza e la sua figura al servizio del Paese per guidarlo dentro la drammatica crisi dell’Europa di oggi.

5 – E lei, come l’ha vissuta? È più dispiaciuto per la sconfitta di una
persona a lei così vicina, o più preoccupato per le sorti del centrosinistra
e del Paese?

Se mi son speso per convincerlo a superare la sua scelta di distanza dalla politica nazionale, l’ho fatto solo perchè sono convinto che più di ogni altro Prodi sarebbe stato all’altezza del compito che lo attendeva. A dispiacermi più che il voto, il sì come il no alla disponibilità di Prodi, sono le motivazioni che intravedo alle sue spalle. La sua strumentalizzazione a fini di partito. L’incapacità di valutarla per quello che poteva servire al Paese.   6 – Si diceva che la scelta di Prodi fosse una vittoria di Renzi. Quindi,
per come sono andate le cose, ha perso anche lui?

Appunto. La rovina è stata quella di chiedersi a chi nuoce e a chi giova invece di chi chiedersi quanto nuocesse o giovasse all’Italia. Prima si lascia a Renzi il primato nella proposta di Prodi e poi ci si lamenta perchè lo abbia detto tra i primi.

7 – È in ogni caso il sindaco di Firenze l’uomo giusto per il futuro del Pd,
ammesso che ce ne sia uno?

Come sa io sono stato in Sardegna con la minoranza che ha sostenuto Renzi. Non sono tuttavia nè renziano, nè renzista. L’ho sostenuto perchè nella competizione che si avvicinava proponeva di fare appello a tutti, all’opposto di Bersani che invitava a rivolgersi ai soli progressisti, per allearsi con i cosiddetti moderati solo alle spalle del voto. Fin quando l’alternativa resterà questa, io sarò con chi cerca di raccogliere direttamente tra i cittadini la maggioranza dei consensi.  8 – È giusto, ora, chiedere a Napolitano di restare?

La conferma di Napolitano dà la prova della sua generosità, ma allo stesso tempo è la misura della nostra crisi. L’errore, un errore grave, è stato confondere il piano del governo con quello delle istituzioni, scegliere un Presidente pensando ad un Governo. 9 – L’ipotesi Rodotà, invece, le sembrava opportuna?

Perchè no? Considerato il passaggio storico che è difronte al Paese avrei preferito un candidato con un altro profilo. Ma se si va ad un confronto ci si va senza pregiudiziali. Un principio che nel confronto con il M5S valeva per Rodotà, ma al contrario anche per i candidati proposti dal Pd che, come Prodi, erano presenti nella rosa dei cinquestelle.

10 – Pensa comunque che ora il Pd debba accettare l’idea di un governo
insieme al Pdl, o resta tra quelli che rifiutano l’abbraccio con Berlusconi?

In un sistema di tipo proporzionale che delega ai partiti cosa fare in parlamento del voto raccolto tra i cittadini sarebbe stato possibile. In uno maggioritario come quello presente non si può raccogliere invece un voto contro il partito avverso e poi contraddirlo in modo così palese senza prepararsi a difendersi dall’accusa di tradimento. Solo un nuovo voto potrebbe consentire quello che non è ora possibile.