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11 Febbraio 2008

Fassino vede nelle scelte presenti l’attuazione del modello tedesco

Confido che Veltroni riconfermerà la scelta del semipresidenzialismo francese
Autore: Arturo Parisi

Come è noto gli ulivisti avrebbero preferito che il Pd fosse andato alle elezioni a partire da un confronto esigente e trasparente con tutte le forze di centrosinistra sulla base di una propria proposta per il governo del Paese, definendo le alleanze solo a partire dalla condivisione dei programmi.

In contrasto con la tesi che giustamente rifiutava di stipulare le alleanze prima dei programmi, la maggioranza del partito ha deciso di risolvere la questione delle alleanze prima di svolgere i programmi. La scelta sulle caratteristiche e i confini del soggetto viene ancora una volta anteposta allo svolgimento del progetto, il “chi” anteposto al “che cosa”.

Se un noto proverbio ci ricorda che “dire con chi vai equivale a dire chi sei” non mi sovvengono proverbi che ci rassicurino che “basta dire con chi non si va, o non dire con chi si va, per dire chi si è”. Nel momento nel quale ci apprestiamo ad affrontare la campagna elettorale la scelta di proporci in autonomia dagli altri ci chiede perciò più che mai in passato di dire chi siamo a prescindere da con chi ci accompagniamo. Definiti dalla nostra autonomia, solo il programma sarà capace di dire chi siamo, da quel che diremo sui rapporti internazionali alle scelte istituzionali.

Nel solco della idea di democrazia dei cittadini e di democrazia governante che ci ha guidati in questi quindici anni, chiedere il voto significa per gli ulivisti chiedere l’adesione ad un progetto non una semplice delega ad un soggetto.

E’ per questo che ho letto oggi con qualche preoccupazione la chiara affermazione di Fassino secondo la quale “noi andremo alle elezioni come se avessimo già la legge elettorale tedesca. Non si è voluta quella legge elettorale – ha aggiunto Fassino come se il modello tedesco fosse stato nei mesi scorsi la proposta di tutto il partito – ma il sistema politico, conseguentemente alla nascita del Pd, – ha continuato soddisfatto – evolve in quella direzione”.

Qual è dunque la scelta del Pd per il futuro del nostro sistema politico? Il modello tedesco oggi riproposto da Fassino, e in passato chiaramente e legittimamente sostenuto da D’Alema e Rutelli, o il sistema semipresidenziale francese più volte riproposto da Veltroni? Non è una questione di dettaglio.

Da questa scelta discende il modo in cui proponiamo che sia governata l’Italia, e, soprattutto se il nostro Paese possa disporre finalmente di una guida stabile scelta dai cittadini col loro voto. Da questa scelta deriva anche se quella che viene definita una separazione consensuale con le altre forze del centrosinistra preluda ad un definitivo divorzio. Da questa scelta deriva se il nostro futuro debba essere pensato in continuità col disegno bipolare al cui interno ci siamo mossi finora o se invece dobbiamo prevedere nel nostro futuro anche alleanze di nuovo conio al di fuori della logica bipolare del passato.

Sono passati solo quaranta giorni da quando Franceschini indicò il semipresidenzialismo francese definendolo come la nostra proposta da sempre, e trentanove giorni da quando Veltroni pur aprendo ad un sistema diverso indicò il sistema francese come nostro obiettivo per la prossima legislatura. La prossima legislatura è ora arrivata.

Pur accedendo al presidenzialismo francese come compromesso tra il sistema americano, per noi preferibile in assoluto, e la difesa dell’attuale assetto pluripartico del sistema politico italiano crediamo che la proposta avanzata debba essere riconfermata.

Son sicuro che, svolgendo il filo del discorso di Gubbio, Veltroni saprà chiarire e spiegare la linea del Partito su un tema che sappiamo cruciale per la crescita della democrazia.

Fra pochi giorni di questa linea dovremo dare conto agli elettori, e i candidati saranno chiamati a condividerla e comunque a proporre agli elettori di condividerla.