7 Febbraio 2013
Elezioni. Parisi: se alleati con Monti l’alleanza andava fatta prima del voto; se non ci sarà vittoria piena, trattativa difficile
1) Come giudica gli ‘occhieggiamenti’ tra Pier Luigi Bersani e Mario Monti? Lei ritiene, in caso di una vittoria non piena del centrosinistra, che sia da ricercare un’alleanza con la coalizione montiana?
Anche se i sondaggi convergono tutti sul primato della alleanza progressista conviene innanzitutto non mettersi troppo avanti col programma. Che Berlusconi possa raggiungere e scavalcare i progressisti lo ritengo nonostante tutto impossibile. E improbabile ritengo che i progressisti arretrino fino a scavalcare in retromarcia Berlusconi. I dati ci invitano tuttavia a dare ascolto alle voci che ritengono questa ipotesi non del tutto impossibile. Che la vittoria progressista sia dal punto di vista legale piena o solo parziale mi sembra comunque inevitabile che il Pd almeno apra dopo il voto con Monti un confronto che punta ad una alleanza di governo. Piaccia o non piaccia, e a me non è mai piaciuta, questa è peraltro la linea che D’Alema e Bersani seguono da sempre in modo trasparente. La stessa linea affidata alla carta degli intenti sottoscritta a monte della coalizione, la stessa che Bersani ha portato alla vittoria dentro le primarie contro le linee di Vendola e Renzi. A Vendola che diceva e dice “mai con Monti”, e a Renzi che diceva “i voti moderati ci servono ma dobbiamo essere noi a conquistarli”, Bersani ha sempre contrapposto un’altra linea. Io organizzo il polo progressista, organizzate voi i moderati e poi ci incontreremo dopo il voto. Compito delle elezioni sarà solo rendere evidente che questa volta la guida tocca a noi. E’ vero, questa linea era pensata per una alleanza minore con Casini e Fini. Il fatto che i moderati siano ora guidati da Monti può dispiacere ed è certo diverso, ma, arrivati a questo punto, non fa tuttavia troppa differenza. Se proprio ci si doveva alleare, a mio parere, sarebbe stato meglio stringere avanti agli elettori un patto prima del voto sulla base di un programma dichiaratamente d’emergenza fondato sulla verità. Ma son cose che non si improvvisano all’ultimo momento.
2) Un’alleanza con Monti potrebbe pregiudicare il rapporto con Sel e Nichi Vendola è già in fibrillazione. Bersani riuscirà, se sarà necessario, a tenere tutto insieme?
Certo è una linea che mette in tensione il rapporto tra Pd e Sel. Dice bene D’Alema quando ripete: toccherà a noi fare la sintesi e la faremo a partire dalla nostra agenda unendo attorno a noi sia il centro che la sinistra. E dice bene chi ricorda a Vendola la sua firma sotto la carta degli intenti che alludeva a questo esito da sempre. Ma gli intenti sono intenti e la carta è carta. Ecco perchè sarebbe stato meglio stringere il patto avanti agli elettori proponendo l’alleanza prima del voto. Una alleanza straordinaria quanto si vuole ma trasparente.
3) Alcuni nel Pd stanno chiedendo a Bersani di impremere un passo più deciso alla sua campagna. Massimo D’Alema ha parlato di ‘una scossa’. Lei che ne pensa? Bersani dovrebbe imprimere un passo diverso alle ultime decisive settimane di campagna elettorale?
Sui modi ognuno può dire la sua, e la dirà. Quella che conta è tuttavia la sostanza. E la sostanza è la linea lungo la quale il partito va marciando da tempo. Una linea che a questo punto è difficile da modificare. Dire “io organizzo il polo progressista”, significa infatti dire “io parlo ai miei, perchè, grazie al Porcellum, penso che i loro voti mi bastino a prendere il comando”. E in una gara che premia il meno piccolo penso anche io a questo punto che, nel quadro di frammentazione favorita dal Porcellum, i voti progressisti possano essere sufficienti. Ma le dimensioni spaventose del premio di maggioranza regalato dal Porcellum va mostrando nel tempo quanto sia il suo veleno. Dopo aver delegato ad altri la conquista dei voti moderati, la prospettiva di conquistare da soli questo premio ha annullato nei progressisti l’interesse a parlare ai cosiddetti populisti, lasciando i primi a Monti e abbandonando a Grillo i secondi. Ma vincere è una cosa, governare è un’altra. E’ per questo che, pensando al 26 febbraio, D’Alema e Bersani vanno ripetendo che anche col 50% più uno dei seggi si comporteranno come se avessero preso il 49%. E fanno bene. Dimenticano però che trattare da posizioni di forza può essere talvolta più difficile che trattare alla pari, soprattutto quando la forza è affidata ad una maggioranza di seggi che non ha dietro di sè la maggioranza dei voti, o, se più piace, ha dietro di sè una maggioranza troppo relativa. Questo pure è Porcellum. Me lo faccia ripetere con dolore di cittadino a distanza di un anno dal rifiuto del nostro referendum per la sua abrogazione.