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5 Luglio 2007

Dal discorso di Marakha (Libano)

Tutti
abbiamo esperienza di risse iprovvise che esplodendo ci chiamano in causa. E
allo stesso tempo ricordiamo non senza imbarazzo la tentazione, il primo
istinto che ci spinge a tenercene fuori, se non addirittura a fuggire,
facendo finta di non vedere, con l’alibi morale che ad intervenire ci pensi
nel caso qualche altro. E ricordiamo anche le razionalizzazioni con le quali
giustifichiamo la nostra fuga, tutte riassumibili nell’antichissimo “affari
loro”. 

Difronte agli scontri tra gruppi che spesso esplodono improvvisi
come temporali d’estate trasformandosi in tragici conflitti bellici qualcuno
è addirittura arrivato ad elaborare dottrine che immaginano che gli scontri
prima o poi si estinguano come gli incendi da soli sconsigliando così ogni
intervento. Terribili dottrine che scambiano la carne con l’erba e
soprattutto dimenticano quale sia nelle vicende umane il ruolo e il peso della
memoria. Terribili dottrine che dietro il realismo hanno come unico
obiettivo quello di nascondere la vigliaccheria. Ebbene io voglio che
sappiate che voi siete l’Italia che non fugge. Voi siete l’Italia che
previene, l’Italia che interviene, l’Italia che non cede alla tentazione
della vigliaccheria.

Ebbene è grazie anche al fatto che l’Italia non è
fuggita, che il fiume di sangue che appena dieci mesi fa aveva iniziato a
scorrere si è interrotto, è grazie alla Italia che interviene che alle 5000
famiglie delle vittime prodotte in poco più di un mese non si sono aggiunte
altre famiglie altri pianti e altri lutti. Ed è grazie all’Italia che
interviene che l’esercito libanese è tornato nel sud e assieme ad esso è
tornato lo stato come segno e strumento di un ordine e di una unità nazionale
superiore.