ROMA Le primarie stanno terremotando il centro-sinistra. Ma Arturo Parisi – antico fautore di questo metodo e presidente del Comitato per le primarie – non è affatto terrorizzato. Fassino e Rutelli sono sotto choc. Lui invece è raggiante.
Fassino ha appena detto – e poi smentito – «non ci sto!». Teme che le primarie facciano del male a Ds e Margherita. Esagerato?
«Non ci credo che Fassino ha detto questo. Io so soltanto che, in Puglia, Quercia e Margherita sono stati i partiti più determinanti nell’affidare agli elettori la scelta del candidato e i più impegnati nello svolgimento delle primarie».
E se, per miracolo, le primarie venissero meno?
«Non succederà. Indietro, non si torna!».
Però sono un metodo rischioso.
«Non è vero. Sono una grande manifestazione di libertà. Un bagno di democrazia. Che dimostra che il voto appartiene ai cittadini».
E non alle nomenclature?
«Alle primarie si confrontano due o più persone, due o più linee e due o più ordini di priorità. Non sono uno scontro fra due o più partiti. Qui il voto è trasversale. Le classiche polarità radicale/moderato o riformista/antagonista attraversano tutti i partiti. Perciò un candidato proveniente da un gruppo pol itico può raccogliere consensi anche da elettori che si riconoscono in altre forze».
E non teme che questo sia una bomba?
«Non temo nulla. Osservo ciò che sta accadendo in queste ore, e vedo uno sconcerto. Ma non mi stupisce che alcuni possano avere dei ripensamenti. Qualsiasi novità deve fare i conti con resistenze e resipiscenze».
Gli unici che non le hanno avute sono gli elettori?
«Io li ho visti sul campo. In fila al seggio, per scegliere Vendola o Boccia. Con un tempo da lupi, con la neve praticamente sulla spiaggia, ma loro imperterriti nel voler votare».
Gli eroi delle primarie?
« Vedendo tutte quelle persone, ho pensato che questo è davvero lo strumento che ci mette in condizione di misurare la domanda di partecipazione presente fra la gente».
Commosso?
«Sono entusiasta. E stupito. Hanno votato ottantaduemila persone. Che significa due volte e mezzo il numero degli iscritti di tutti i partiti di centro-sinistra in Puglia e quattro o cinque volte di più degli iscritti ai partiti che partecipano almeno ai congressi. Ha votato fra il 9 e il 10 per cento del nostro elettorato».
Non si aspettava tanto?
«Il tasso pugliese è comparabile con quello delle primarie in America, Paese nel quale è nato questo metodo e viene usato da una cinquantina d’anni».
In Puglia è stato voto libero e non organizzato?
«Non ho visto nè pullman nè macchine che portavano elettori ai seggi. Niente truppe cammellate, come quelle che capita talvolta di scorgere ai congressi di partito».
E se, contro Bertinotti, Prodi fa la fine di Boccia?
«Le primarie si fanno in ogni caso e a tutti i costi. Non è che si fanno soltanto se convengono».
Anche se Prodi rischia?
«Prodi ha proposto le primarie non per celebrare una vittoria già data per scontata. Ma per rispondere a un’esigenza: per consentire ai cittadini di partecipare alla formulazione della domanda politica. Sono sicuro che i cittadini si riconosceranno nella proposta di Prodi. Ma se dovessero preferire una proposta alternativa, la nostra democrazia ne uscirà comunque più forte».
Di Pietro e Pecoraro rischiano di ridurre la vittoria del Professore?
«Sono candidature legittime e autorevoli, che arricchiscono il confronto. Quello che conta è che siano pensate per tutta l’alleanza».
Pensa che siano invece sfoghi personalistici?
« Non devono essere un altro modo per una conta proporzionale. E’ per questo che, più che ai nomi, l’attenzione deve rivolgersi alle priorità programmatiche attorno alle quali si pensa di costruire la proposta di governo per il Paese».
Sarà Prodi da solo, o in coppia, a rappresentare la proposta per Palazzo Chigi?
«Un’eventuale squadra legata al candidato premier, o un ticket, sono un discorso da affrontare dopo le primarie».
E quando si terranno?
«La data è già fissata per maggio. Non vanno fatte dopo il referendum, perchè sennò c’è il sospetto che non si vogliano fare».