30 Giugno 2002
Appunti di Arturo Parisi, vice presidente di DL Margherita sul ministro dell’interno e della difesa (morte di Marco Biagi)
Prima fuorviati dall’obliquo tentativo di coinvolgere Cofferati nelle responsabilità per la morte di Marco Biagi, e oggi indignati per le inqualificabili affermazioni ingiuriose per la memoria dello stesso attribuite dalla stampa al ministro Scajola, rischiano di passare sotto silenzio le affermazioni più gravi rese pubblicamente in questi giorni dal Ministro dell’Interno.
Facendo a gara con le affermazioni rilasciate nello stesso senso nei giorni scorsi dal Ministro della Difesa, egli ha cercato di alimentare l’ansia collettiva di fronte a generici presunti pericoli, per fondare su questa paura un appello per l’unità del paese attorno alle istituzioni della Repubblica e a chi adesso le guida, senza indicare in alcun modo sulla base di quali linee di governo l’attuale esecutivo stia intervenendo o pensi di contrastare questi pericoli ed anzi dando prova di non riuscire a garantire neppure l’unità col principale responsabile per la difesa dell’ordine pubblico quale è il capo della polizia De Gennaro.
Da Nicosia il ministro dell’interno conferma la vacuità della sua condotta rendendo finalmente esplicita la sua politica relativa alla questione scorte. Dopo aver prima ribadito la sua convinzione circa l’irrilevanza del ruolo delle scorte nella lotta al terrorismo, egli ha infatti ieri manifestato la sua convinzione che se Biagi fosse stato protetto “i morti sarebbero stati tre” invece che uno.
E’ questa un affermazione che non gli chiedo di confermare perchè appunto con le stesse parole la sentiti da lui formulata all’indomani della morte di Biagi in un incontro svoltosi presso la prefettura di Bologna.
Attribuendo l’affermazione all’emozione del momento e non volendo introdurre in quel passaggio luttuoso un elememto di polemica politica mi astennni in quell’occasione dal darne notizia o di chiedere al ministro conto dei suoi presupposti e delle sue conseguenze sul piano della poltica dell’ordine pubblico.
Di fronte alla sua reiterazione oggi non posso non tornare sull’argomento per chiedere finalmente al Ministro. Se questa è la sua convinzione perchè cercare altra responsabilità del mancato accoglimento dei ripetuti appelli di Biagi se non nella personale ispirazione generale dello stesso ministro?
Ma se questa è la convinzione profonda del Ministro, come lui riesce a spiegare di fronte ai cittadini il folkloristico dispiego di agenti che ogni giorno circondano capi e capetti politici a cominciare dalla sua medesima persona accompagnata, quasi fosse un satrapo orientale, dall’esibizione di armati e macchine sgommanti per le strade del Paese?
Se questa è la sua convinzione come spiegare infine di fronte alle famiglie dei caduti delle forze dell’ordine l’inutile sacrificio dei loro cari?