Da dove deriva tanto pessimismo?
«Guardi
alle vicende di queste settimane, dalla Rai a Bankitalia passando per
l’accordo Berlusconi- De Benedetti e la scalata alla Rcs, con un occhio
limpido e ingenuo e vedrà il fondamento della mia preoccupazione. I
partiti si sono ripresi la scena ma la confusione è tanta e c’è il
rischio che la domanda di alternativa che sale dalla società abbia come
risposta null’altro che un’offerta di alternanza».
Cominciamo dalla Rai. Come giudica la presidenza Petruccioli?
«Come
non vedere una confusione di ruoli tra maggioranza e opposizione, tra
le responsabilità del vigilante e l’ente vigilato?».
Ma Petruccioli era il candidato ufficiale dell’Unione e la legge prevede un voto bipartisan per il via libera parlamentare.
«Da
un punto di vista formale l’obiezione è ineccepibile così come è fuori
discussione il giudizio sulle qualità personali di Petruccioli.
Si possono rassicurare
parroci e giovanotti dicendo loro che Petruccioli ha già dichiarato di
voler riportare in video Biagi e Santoro.
«Ma ha anche
detto che Berlusconi al governo “non ha fatto troppo bene”! E comunque
quella su Biagi è per ora solo una dichiarazione di intenti. Il punto
all’ordine del giorno del Cda della Rai di oggi è la nomina del
direttore generale, la cui voce non è certo irrilevante nel decidere
chi va in video e chi no. Una nomina per la quale ho sentito
Petruccioli dichiarare che avrebbe votato qualsiasi direttore generale
a patto che non fosse un delinquente o un incapace, quasi che il ruolo
del Presidente fosse quello del notaio o del succube e non invece
quello di un protagonista attivo ».
Se il presidente
della Rai fosse diventato Giulio Malgara vicinissimo a Berlusconi
l’elettore dell’Unione sarebbe stato più contento?
«No di certo, ma sarebbero state più chiare le reciproche responsabilità».
Anche Prodi dopo l’Iri e prima dell’Ulivo è stato a lungo consulente della Goldman Sachs.
«Attenzione,
in momenti diversi della sua vita. E comunque è un principio che se si
dovesse dare il caso non potrebbe che valere anche per lui come per
ognuno di noi».
E nell’Opa che Unipol sta lanciando sulla Bnl vede anche lì puzza di bruciato?
«Ci
sono domande alle quali non sono state date risposte convincenti.
L’ispirazione mutualistica che sta alla base dell’esperienza
cooperativa non può essere trasposta in una condizione e su una scala
diversa, non ci si può trasformare in raider di Borsa con l’aiuto del
fisco».
E il leader del suo partito Rutelli ha fatto bene a criticare i Ds?
«In
questo caso ho condiviso e condivido le sue posizioni. L’impossibilità
di affrontare il temacol respiro che merita ha consentito purtroppo di
far passare il confronto per una “polemichetta” ».
Banche e governatore. Anche a Palazzo Koch gli interessi le sembrano aver la meglio?
«Da
cittadino comune ho letto sui giornali quello che hanno letto tutti. Di
fronte allo spettacolo al quale siamo stati costretti ad assistere,
dire che le dimissioni del governatore sono opportune è eccessivamente
riduttivo. Sono doverose. Se dovesse prevalere un atteggiamento
irragionevole spero proprio che il Consiglio superiore della Banca
d’Italia si faccia carico della sua responsabilità ed eserciti i suoi
poteri. Lo dico pensando alle persone autorevoli che lo compongono.
Basti per tutti Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte
Costituzionale».
Nel centro-sinistra c’è chi dice «teniamoci Fazio sennò Berlusconi ci mette un altro Marzano».
«È
un argomento che di fronte alla enormità dei fatti appare misero. Che
vantaggio potrebbe mai cogliere il centro-sinistra dalla
delegittimazione ulteriore dell’istituzione Bankitalia e dalla
conseguente perdita di credibilità del nostro Paese?».
Vede con preoccupazione anche la scalata degli immobiliaristi alla Rcs?
«Il
sistema dell’informazione deve restare autonomo. È evidente invece che
lo si vuole destabilizzare con fini che non so se siano prima politici
o finanziari. O tutti e due insieme ».
Ma stiamo andando verso una nuova supplenza della magistratura? La questione morale riporta le toghe a diventare protagoniste?
«È
l’esito inevitabile quando la politica e le istituzioni non fanno la
loro parte o peggio fanno parti che non sono le proprie. Come non
comprendere in questi casi il cittadino comune che pensa “meno male che
ci sono i giudici”? La democrazia è responsabilità dialettica, se
l’immagine che proponiamo è quella della commistione dei ruoli e degli
interessi e dell’omologazione tra schieramenti ridiamo fiato al
populismo che avevamo pensato di aver sconfitto ».
Immagino
che lei sia portato a guardare con sospetto alle trasmigrazioni del
centro-destra verso l’Unione e segnatamente verso la Margherita?
«Il
fine della politica è far cambiare opinione agli avversari. È
trasformismo quando non c’è un cambiamento evidente e manifesto delle
opinioni. Noi dobbiamo invece dimostrare ai cittadini che siamo
alternativi al sistema di potere berlusconiano e conquistare alle
nostre ragioni anche chi è stato in passato nostro avversario. Guai se
la gente pensasse che ci stiamo acconciando al “una volta per uno non
fa male a nessuno” ».