Professor Parisi, il clima di queste primarie è sicuramente meno entusiasmante delle precedenti. Cosa non ha funzionato?
Da una parte nella iniziativa di Renzi sembra venuto meno il sapore della sfida. Dall’altra la speranza nella ricostruzione sembra sostituita dalla preoccupazione per il disfacimento. Ma Renzi non c’entra. È cambiato il quadro oggettivo. La sconfitta, la pesante sconfitta di Bersani nelle secondarie di febbraio, ha ridefinito Renzi da sfidante di ieri a vincitore annunciato. La fatica e gli evidenti ritardi del governo hanno dall’altra parte aggravato il pessimismo già diffuso. Per non parlare dell’ansia aperta ora dalla sentenza della Corte.
Romano Prodi ci ha ripensato ed ha detto che voterà: pensa possa influire sulla partecipazione?
Certamente. L’idea che il padre del partito, l’unico leader associato alle nostre uniche vittorie, domani non fosse con noi, non poteva che aggravare il senso di solitudine. La sua assenza sarebbe di certo servita da alibi per gli scontenti che andavano allontanandosi. La sua presenza è un richiamo per chi si era già allontanato.
E lei, che partecipazione si aspetta?
L’unico confronto corretto è con le primarie del 2009, le ultime primarie di partito comparabili. Allora parteciparono poco più di 3 milioni sui 12 milioni elettori Pd del 2008, uno su quattro. Ora gli elettori si sono ridotti a un pò meno di 9 milioni, si dovrebbero arrivare a 2 milioni e 200 mila.
Qual è l’ “asticella” del successo o meno?
Se è vero che il pronostico questa volta è per Renzi, è solo perchè, come ho detto, la linea a lui opposta è stata sconfitta dai fatti. Ma, a differenza di primarie passate, nessuno può dire che queste siano un rito chiamato a confermare una decisione già presa altrove da altri. Se le primarie furono l’anno scorso vere almeno nella competizione fu perchè Renzi credendo in una vittoria oggettivamente impossibile, le rese per ciò solo verosimili. Tra quelle nazionali queste sono invece le prime veramente vere. Vince perciò chi supera di un voto il 50%. Tutti i voti in più danno solo la misura della vittoria. Un solo voto in meno, sarebbe comunque una sconfitta. Rinviando per la decisione sulla guida del partito alla Assemblea nazionale, prima che di Renzi sarebbe la sconfitta delle primarie, del Pd e direi del Paese. Privato di un partito riconoscibile in una linea precisa, anche il confronto tra i partiti ne sarebbe travolto. Ma spero proprio che questo non accada. Il Rottamatore però ora è appoggiato da molti che voleva rottamare: Franceschini, Latorre, De Luca… Non mi scandalizzo. Quando la situazione cambia, mutare di posizione prima che una possibilità è per tutti un dovere. Ma quello che distingue la trasformazione dal trasformismo è la sua spiegazione. Ed è per questo che ho manifestato tutta la mia insoddisfazione quando nei cosiddetti congressi riservati agli iscritti, il confronto si è ridotto a una conta.
Ma lei che Pd si immagina, guidato da Renzi?
Un partito che, come nelle primarie di oggi e come dice la Costituzione, si faccia canale per consentire ai cittadini di “concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Uno strumento dei cittadini per influire sui politici, non uno strumento dei politici per imporsi ai cittadini.