Cari amici,
celebriamo già la seconda Assemblea delle Regioni, convocata così a breve rispetto alla prima sia per gli adempimenti che dobbiamo completare, che per la competizione elettorale che ci attende. Aprirei la relazione sul tema delle regionali ed in particolare ripartendo dallo schema ad imbuto che avevo immaginato nella prima riunione di questo organo.
L’ipotesi di liste riformiste è stata occasione di dibattito e anche di equivoci. Abbiamo più volte ribadito che questo obiettivo non poteva essere privato di un riscontro di contenuto altrimenti diventava un passpartou per realizzare aggregazioni che sostanzialmente coprivano dei cartelli elettorali. Questa soluzione è per definizione incompatibile con meri accordi elettorali: biciclette, tricicli e cose di questo genere. La nostra soluzione lavora al fine di costruire un incontro tra forze diverse accomunate da una definizione condivisa di riformismo. In questo contesto avevamo considerato la prova referendaria una verifica puntuale sulla possibilità di attuare questa convergenza: un’esigenza politica ma anche un’esigenza prudenziale, perché appunto come abbiamo ritenuto nel frattempo non potevamo presentarci la mattina divisi e la sera uniti agli elettori. Detto questo dell’impostazione e dei punti che io considero punti di riferimento comuni per noi restava il fatto che non solo noi saremmo stati un movimento comunque presente all’interno della campagna elettorale ma saremmo stati presenti a favore del candidato e della coalizione di centrosinistra e sarebbe stata anche questa una soluzione impegnativa con tanto più entusiasmo quanto più se il candidato della coalizione di centrosinistra avesse rispettato indipendentemente dalla nostra presenza quelle che sono le nostre preoccupazioni di unità. Su questa linea che ho richiamato noi abbiamo lavorato.
Ancora in queste due settimane ho proceduto con un’istruttoria della quale darò conto. Un’istruttoria all’esterno che ha puntato a verificare l’esistenza nei rapporti con le altre forze politiche di quel possibile riferimento comune di carattere riformista che ho evocato sia per quello che riguarda i referendum, sia per quanto riguarda alcune altre tematiche e all’interno attraverso un confronto tra quelli che avranno la responsabilità prima di esecuzione della linea che oggi sceglieranno i coordinatori regionali.
I presenti ricorderanno che il comitato dei coordinatori regionali, che ha il sigillo del nostro modo di lavorare, si è riunito sabato scorso al fine di acquisire elementi intorno a queste problematiche che ripropongo all’assemblea. Gli elementi sono di tre tipi:
1)dati elettorali;
2)dati politici;
3)programmatici.
1) Per dare concretezza al nostro lavoro affrontiamo per prima l’analisi dei risultati elettorali che altrimenti dovremmo trattare successivamente.
Innanzitutto la data: tra poco ci saranno le elezioni, noi sapevamo già che ci sarebbero state le elezioni il 16 aprile anche se non sapevamo se si sarebbero svolte come noi auspicavamo congiuntamente al referendum. Adesso lo sappiamo. Nonostante l’appassionata azione di Enzo Bianco come Ministro dell’Interno volta a costruire una possibilità di convergenza che consentisse un consenso sufficiente per rendere tale ipotesi possibile. A questo proposito io mi permetto di aggiungere una considerazione che riguarda tutte le forze del centrosinistra e cioè se è vero che dal punto di vista statico questo è stato un approdo obbligato credo che tale l’approdo sia stato questo anche perché non c’è stata da parte di tutti noi una adeguata azione finalizzata alla ricerca e alla costruzione di quel consenso.
Ritengo che se le diverse forze politiche, ed anche il Presidente del Consiglio, avessero visto nella coincidenza delle date una risorsa politica unica, che si proponeva più divisiva per il centro destra che per noi, si sarebbero potuti attivare insieme a noi per costruire un’unità all’interno della maggioranza e poi un coinvolgimento divisivo di quella parte dell’opposizione che è in qualche modo inchiodata alla propria vocazione dall’azione referendaria. E penso innanzitutto ad AN e solo subordinatamente ai Radicali che perseguono questo obiettivo con un eccesso di spregiudicatezza.
Questo è un calendario, purtroppo, funzionale all’impresa messa su dal cavalier Berlusconi, che resta il nostro avversario principale e che sotto la sua garanzia sta costruendo un fronte le cui diversità ed eterogeneità sono evidenti a tutti.
La coalizione di centro destra è affidata nella sua costruzione alla retorica; potete vederlo nelle modalità con cui il cavaliere sta costruendo la sua “casa delle libertà”. Le nostre diversità sono da ridere rispetto alle diversità che in questo momento dividono ed accomunano il fronte a noi avverso.
Noi non siamo caduti nella tentazione di definire di volta in volta, con alleati diversi e spesso opposti, forze presenti nel panorama politico italiano, ma abbiamo per ciascuna di esse a cominciare da Berlusconi per finire alla Lega, dato lo stesso costante giudizio. Sappiamo invece che altri, persino all’interno della nostra coalizione, hanno intrattenuto rapporti con diverse componenti di segno diverso a seconda delle stagioni e degli opportunismi.
Il secondo punto relativo al dato elettorale è quello che riguarda i rapporti di forza. Da questo punto di vista noi dobbiamo muovere dalla considerazione che il risultato elettorale è per definizione un risultato incerto in particolare in una fase di mobilità elettorale come quella che contrassegna il nostro Paese dalla seconda metà degli anni 70. La ragionevolezza e la razionalità ci impongono dunque un’analisi più attenta del voto. Le prime informazioni ci vengono appunto da quell’analisi del risultato del 13 giugno che noi avremo potuto e dovuto svolgere con più attenzione. Tale risultato ci dice che noi fummo presenti su due arene elettorali: quella europea e quella amministrativa. La prima fortemente contrassegnata dalla dimensione politica del messaggio unificante; la seconda fortemente segnata dalla specificità del voto in questione. In quest’ultimo caso il punto di riferimento è rappresentato dalle provinciali. La comparazione tra i due dati ci dice che in quell’occasione gli elettori si comportarono nei nostri riguardi in modo radicalmente diverso. Questo è bene ricordarlo nel momento in cui passiamo ad ulteriori approfondimenti nonostante i due voti non fossero tra loro distinguibili del tutto perché erano comunque partecipi di una stessa dinamica elettorale. In riferimento alle province dove eravamo presenti abbiamo registrato all’europee il 7.9% e alle provinciali 6.3% Contemporaneamente il PPI raccoglieva all’Europee il 4.3% e alle provinciali 7%; il che evidenzia rapporti di forza totalmente diversi: in un caso il PPI ci precede nettamente nelle provinciali, nell’altro segniamo un risultato che è nettamente a nostro favore. Dobbiamo ricordare a questo punto che, nel rapporto tra i due dati, mentre noi prendemmo 80 voti alle amministrative ogni 100 voti presi alle europee i Popolari presero 163 voti alle amministrative per ogni 100 voti presi alle europee. Questi parametri applicati alle diverse situazioni possono fornire degli utili riferimenti se accompagnati al fatto che noi al posto del voto europeo di giugno, avremo una elezione amministrativa, la cui previsione di risultato resta per noi sorprendentemente positiva. A questo proposito mi rammarico per la pessimistica dichiarazione resa da Calò nel corso della prima Assemblea delle Regioni che ci ha creato anche qualche grana, ma questo è uno degli effetti della trasparenza. In questo ambito devo difendermi dicendo che sulla base di una lettura comparata delle informazioni che ci provengono dai migliori istituti di sondaggi, non certamente Datamedia, il dato di carattere politico è positivo. Si registra un ridimensionamento perché si è affievolito lo slancio di giugno , tuttavia si tratta di un calo contenuto. Naturalmente sappiamo che e’ quello il punto di riferimento. Quindi se tra il voto amministrativo e il voto politico registrato dai sondaggi rimane lo stesso rapporto che noi abbiamo registrato il 13 giugno non ci troviamo in un situazione stretta. Per realismo, l’ipotesi piu’ plausibile e’ che noi prenderemo un risultato simile o leggermente inferiore ai popolari nella misura in cui i popolari stessi vengono coinvolti in una dinamica di discesa. Il risultato quindi è sostanzialmente buono.
Il risultato elettorale va difeso con le unghie e coi denti. Esso ci espone non solo ad un ridimensionamento, ma anche ad una ridefinizione del nostro ruolo nella dinamica delle forze politiche. Noi sappiamo che la responsabilita’ e il ruolo che in questi mesi abbiamo assunto e’ stato segnato, oltre che dal nostro dinamismo politico, anche dall’elemento quantitativo che ci definisce il secondo partito della coalizione anche se a distanza indiscutibile dal primo. Questo e’ il nostro punto di riferimento.
2) Dati politici. Per quanto riguarda i dati politici ci siamo lasciati a Venezia, con quello che ho definito come lo schema dell’imbuto: in quella direzione abbiamo fatto dei passi avanti ma tali passi non sono stati adeguati.
In relazione alle liste unitarie siamo fermi all’unica ipotesi della Lombardia come sapete anche un po’ affaticata. Ma per quel che riguarda noi ferma, conclusa, conclusiva. Si e’ aperta qualche possibilita’ per gli amici della Campania sia sul versante regionale sia su quello comunale, in riferimento ovviamente a Napoli.
Per quanto riguarda il tema delle liste riformiste noi abbiamo due punti di riferimento. Uno costituito dall’esperienza di Massimo Cacciari che gia’ citammo a Venezia e l’altra rappresentata dall’esperienza, che va in qualche modo crescendo, che interessa il Trentino e l’Alto Adige che celebrerà le elezioni nella prossima primavera. Questi sono i due fuochi accesi.
Su questo punto abbiamo avviato anche dei rapporti esterni. Alcuni li avviammo mentre si svolgeva la nostra assemblea delle Regioni a Venezia e abbiamo registrato qual’e’ stata la risposta in particolare, dei Popolari, alla nostra proposta sui referendum: come minimo irriguardosa. Dal loro Consiglio Nazionale ci giunge una risposta nervosa e tentata da un ritorno all’indietro. Tale attegiamneto ci ha privato di un punto di riferimento solido e della possibilita’ di sviluppare un confronto. Nonostante questo abbiamo avviato confronti anche attorno all’esistenza di convergenze tematiche. E’ un confronto che si e’ appena aperto e a differenza dell’altro abbiamo verificato possibilità di condivisione di sensibilita’ e di atteggiamento. Tuttavia , tutti e due i livelli non ci consentono di riconoscere, nell’immediato, quella possibilità e quella prospettiva di confluenza riformista che era il minimo che potesse dare un senso alla nostra ipotesi di incontro.
3) Terzo punto: dati programmatici.
Noi da questo punto di vista dobbiamo rilevare a livello nazionale un’inadeguata elaborazione della nostra proposta. Abbiamo un profilo programmatico inadeguato a farci riconoscere. Questo deriva da una scelta che abbiamo coscientemente adottato. La declino perche’ cio’ possa essere oggetto di discussione. La scelta che noi abbiamo fatto e’ quella di scegliere come orizzonte il programma della coalizione in quanto tale, quindi concepito sia nella sua elaborazione sia nella sua realizzazione assieme agli altri.
Questo atteggiamento, che non e’ incompatibile con la sottolineatura di alcune priorità, ha reso la nostra elaborazione sostanzialmente programmaticamente inadeguata. Credo che pur mantenendo ferma la prospettiva originaria noi dobbiamo metterci in moto al fine di sopperire a tale inadeguatezza. Dobbiamo partire dunque dalle nostre priorita’, alcune notissime , soprattutto quelle sulle riforme istituzionali, che restano per noi elemento qualificante. Sostanzialmente dobbiamo sviluppare un “parallelogramma programmatico” che ho voluto riassumere con “quattro esse” di cui la prima e’ la Solidarieta’, la seconda e’ la Sussidiarieta’ che e’ un tema su cui abbiamo messo un carico da novanta con la nostra ispirazione federale, il terzo e’ la Sicurezza per noi associata strettamente alla legalita’, il quarto, che potrebbe essere il primo, in un contesto dinamico, e’ lo Sviluppo che per noi e’ associato strettamente alla qualita’ della vita. All’interno di questo perimetro noi dobbiamo svolgere completamente la nostra specificita’ e caricare, anche grazie alla nostra presenza nelle istituzioni la nostra elaborazione programmatica. Se questo e’ quello che e’ avvenuto e sta avvenendo con ritardo a livello nazionale lo stesso ritardo lo abbiamo anche al livello regionale. L’incontro che abbiamo avuto a Bologna coi coordinatori ci ha consentito di registrarlo, definirlo e circoscriverlo. Anche a livello regionale possiamo puntare innanzitutto sulla riforma costituzionale orientata su due aspetti, uno, quello della rielaborazione della legge elettorale, un tema che deve diventare qualificante in una legislatura costituente, l’altro quello che potremmo chiamare di federalismo interno.
Un secondo tema, che ho visto ricorrere nei diversi approfondimenti, è quello della trasparenza e del riconoscimento delle competenze. In sintesi il tema delle nomine. Si tratta di un tema molto sentito per il quale siamo stati coerenti a livello nazionale sia negandoci ad alcune pratiche tradizionali sia innovando per quanto riguarda nuovi criteri e procedure di scelta dei candidati.
Un tema importantissimo che potrebbe essere da noi valorizzato e che contrasta la prevaricazione dei partiti, prevaricazione che allontana i cittadini dalla politica.
Il terzo fuoco che abbiamo individuato e’ quello dell’ambiente.
Come vedete sono temi rilevanti ma non sufficienti dal punto di vista dell’eleborazione programmatica. Quindi, da questo punto di vista, dobbiamo procedere ulteriormente.
La conclusione di questa istruttoria e’ che noi occupiamo una posizione originale nell’assetto politico che definirei di solitudine. Questa posizione originale corrisponde a quella che e’ stata in qualche modo cercata e che rappresenta per noi un valore. Ma e’ un dato da cui dobbiamo muoverci.
Ci posizioniamo appunto “al centro del centro sinistra” in una posizione interstiziale nello spettro del campo di centrosinistra. Una posizione che ci spinge a cooperare e competere con i DS per la costruzione della coalizione, contro tentazioni di conservatorismo istituzionale nelle regole e nei concetti. Cooperiamo e competiamo però guidati da due concezioni diverse della coalizione: una incorporativa, e quella dei DS e una aggregativa quella che noi proponiamo.
Questa è una concezione che tenta di costruire la coalizione attraverso una crescita graduale. Costruita sul passaggio da relazione esterna tra alleati esterni e partecipanti interni.
Condividiamo in comune l’obiettivo. Tuttavia dobbiamo essere guidati dall’esigenza di riequilibrare ed allargare la coalizione, contrastando la tendenza all’egemonia dei DS e a quella concezione di coalizione corporativa che li caratterizza.
Questo orientamento trova ragione nell’analisi dei flussi elettorali che dimostrano che il nostro risultato è figlio di afflussi esterni e di interscambi interni che vengono a noi perché condividiamo e competiamo con i DS.
Viceversa ci distinguiamo dal PPI in ragione del fatto che noi siamo in grado di mandare un messaggio aperto sul futuro.
Questa posizione ci costringe a comportarci da Movimento corsaro. Questo è l’inevitabile destino che ci attende, articolando al centro e soprattutto in periferia la nostra linea. Con questo doppio obiettivo affrontiamo una doppia competizione. In questa prospettiva noi dobbiamo riuscire a godere dei vantaggi del movimento scongiurando i limiti del partito, sapendo che potremmo riuscire nella non inusuale impresa di cumulare gli svantaggi della precarietà del movimento, con quelli della rigidità di un partito. Questo ancora oggi rimane il nostro rischio.
Noi per quanto riguarda le elezioni regionali, pur riconfermandoci movimento, non possiamo esimerci dalla lotta.
Non possiamo non essere nella gara, perché la nostra assenza priverebbe la coalizione di voti. Dobbiamo assicurare il nostro apporto aggiuntivo al centrosinistra, apporto quasi ovunque determinante.
Una eventuale nostra defezione ci renderebbe responsabili della sconfitta della coalizione
Verrebbe percepita, inoltre, come un segno di debolezza e ci costringerebbe, in breve tempo, ad uscire dalla scena politica.
Questa è l’istruttoria che approda in modo consapevole alla conclusione politica.
Non possiamo non esserci. Tuttavia non possiamo presentarci a tutti i costi e dovunque. Possiamo presentarci solo a irrinunciabili condizioni di qualità e avendo sperimentato sino all’ultimo momento le possibilità alternative che ci siamo dati. Non fosse altro che per mantenere intero il nostro carico di provocazione.
Dobbiamo perseguire quest’obiettivo sulla base di precise condizioni: la prima è organizzativa; dobbiamo essere accorti sulle scadenze elettorali, tenendo presente che giovedì 2 marzo inizia il procedimento elettorale con l’affissione del manifesto a firma del sindaco.
Siamo dunque già in ritardo e non possiamo perdere altro tempo. Perdere tempo sostanzialmente vuol dire perdere voti, non possiamo sbagliare una mossa.
La seconda è di programma: è necessario che vi sia unità tra progetto nazionale e locale. Nonostante la nostra riconfermata ispirazione federale, in questo passaggio, dobbiamo mantenere forte l’ispirazione nazionale nel rispetto delle autonomie: senza questa unità del progetto perderemmo la nostra qualità.
Senza questa unità perderemmo, inoltre, la dimensione comunicativa: non possiamo difatti svolgere campagne nazionali senza un sicuro ancoraggio di tutte le nostre vicende regionali a progetto nazionale.
La terza condizione guarda al nostro interno: dobbiamo impegnarci con forza alla ricomposizione reale della nostra unità interna.
La ricreazione è finita. In ottobre abbiamo avviato un grande gioco collettivo che deve concludersi. Sono stati creati degli organi in un modo che ritengo insoddisfacente, tuttavia questi organi debbono farsi carico di tale ricomposizione. Debbono vivere quest’esperienza come un’occasione di costruzione dell’unità e non come occasione di rafforzamento delle divisioni. E’ rischiosissimo che le maggioranze regionali tendano a riprodursi in modo non rispettoso delle diversità e specificità locali.
Se la costruzione delle liste fosse pensata come un’ulteriore accentuazione delle divisioni al nostro interno la nostra impresa sarebbe fallita in partenza.
Questo punto lo sento come prioritario. Sono spiacente, tuttavia, di non poter dedicare uno spazio adeguato a questo tema, ma spero che nell’intensità delle mie parole sentiate quello che non riesco ad assicurare con la quantità.
La quarta condizione è politica: dobbiamo svolgere un’azione politica e riprendere l’iniziativa.
A questo proposito apro una parentesi sull’atipicità del nostro rapporto con la stampa. Per lo più ci affidiamo a dichiarazioni estemporanee degli esponenti nazionali che sono sotto i riflettori, tutto questo deve essere ricondotto ad un fatto collettivo.
Dobbiamo impegnarci nel dimostrare di essere un movimento vivo, che sia centro di aggregazione, capace di attrarre altre forze.
Ritengo che al di là dell’esito elettorale dobbiamo svolgere e sviluppare un confronto con i riformisti di tutte le forze della coalizione, con i riformisti istituzionali e sociali.
Dobbiamo procedere a confronti ulteriori che siano chiaramente segnati dalla nostra iniziativa.
Un interessante confronto va aprendosi con il comitato del referendum; ieri mi hanno comunicato il desiderio di incontrare tutti i partiti e hanno riconosciuto nei Democratici il Movimento che maggiormente si è esposto in particolare sul maggioritario.
Chiedono di vederci il più presto possibile. E’ un segno di riconoscimento che deve essere valorizzato.
Nell’ambito del nostro rapporto con le altre forze della coalizione, dobbiamo soffermarci sul dialogo che si potrebbe aprire con Rinnovamento Italiano. Rinnovamento Italiano ha declinato le proprie posizioni in modo tale che queste sono andate progressivamente convergendo con le nostre.
Soprattutto dal punto di vista dell’ispirazione liberal democratica. Si sono mostrati disponibili a lasciare il PPE e disponibili inoltre a trovare delle forme in sede parlamentare ed elettorale per manifestare questa nostra convergenza.
Non possiamo dimenticare che portiamo nel nostro DNA questa esigenza di aggregazione, dobbiamo dunque, nella fattispecie, decidere “il come e il quando”, con l’obiettivo di valorizzare questo tipo di istanze, altrimenti la nostra azione perde di visibilità.
In questo contesto è necessario avviare quella che noi abbiamo immaginato come una conferenza programmatica che coinvolga altre ispirazioni e altri esponenti del riformismo che operano nel campo del centrosinistra, indipendentemente dai partiti.
Abbiamo trovato delle disponibilità; queste disponibilità attendono un’occasione per manifestarsi.
Avevamo pensato al 4 marzo come occasione per organizzare questo incontro, dobbiamo tuttavia verificare alcune disponibilità.
Nella nostra iniziativa politica va iscritta inoltre la costruzione della coalizione; anche passando attraverso delle forme intermedie. Noi abbiamo fatto delle proposte che hanno trovato delle risposte inadeguate. Tuttavia a furia di essere importuni aggiungiamo ogni giorno nuovi punti alla nostra causa.
La riunione dell’altro giorno con gli altri segretari dei partiti della coalizione e con il presidente del consiglio ha fatto mettere a verbale la necessità di procedere immediatamente all’elaborazione di norme e di riferimenti programmatici. Questa è un’ulteriore affermazione che deve trovare riscontro.
La nostra proposta riguarda principalmente la formazione delle liste, la qualità dei candidati e i modi di svolgimento della campagna. Questa volta non dovrà procedersi alla costruzione di liste al riparo dell’ombrello delle elezioni europee come accadde a giugno, liste inevitabilmente improvvisate, adesso devono essere di assoluta qualità. A questo punto noi abbiamo due priorità: da un lato politicizzare la campagna per le regionali, intervenendo anche dal livello nazionale, poiché è l’unico modo per dare quella carica che avevamo assicurata a giugno dal tipo di competizione elettorale; dall’altro garantire il coinvolgimento nelle liste di candidati forti, capaci di rappresentare, di fronte all’elettorato di opinione che è ancora l’elettorato prevalente a cui ci rivolgiamo, la nostra immagine.
Tutto questo deve essere assicurato subito con un lavoro stretto di raccordo tra l’Esecutivo Nazionale e i coordinatori regionali.
Dobbiamo trasmetterci informazioni, stimoli, conoscenze. Chiedo consenso a costituire un nucleo di monitoraggio e valutazione che coinvolga anche competenze esterne al movimento. Competenze professionali e politiche che ci confermino e ci assicurino che stiamo camminando nella direzione giusta.
Vi ringrazio.