Secondo la Cassazione la strage di Ustica non ha colpevoli. Vuol
dire che la sua associazione ha sprecato tempo, energie, risorse
inseguendo dei fantasmi?
«E’ vero, il caso si chiude in modo
pirandelliano. Ma il nodo non è stabilire il colpevole. Nel 1999 il
giudice Priore ha dimostrato, in 5400 pagine di ordinanza, che il Dc9
era stato colpito in un’azione militare d’intercettamento. I tracciati
radar e gli esperti della Nato hanno confermato che quella notte sopra
Ustica volavano aerei da guerra americani, inglesi e francesi. Forse
anche libici, a targa spenta. Quel che avrei voluto sapere dai generali
è perché abbiano taciuto e continuino a tacere a costo di passare per
incapaci». Ha mai parlato con loro? «Li ho visti molte volte ai
processi, sono stata insultata e ho querelato. Ora si rallegrano, ma
resta il punto: 70 ufficiali sono stati riconosciuti colpevoli di aver
distrutto documenti importanti e rinviati a giudizio. Il reato è ormai
prescritto, ma è un fatto. Nessuno ha mai accusato l’aeronautica di
aver buttato giù il Dc9, ma perché i militari hanno nascosto i
tracciati radar? Perché non ci hanno aiutato a capire chi e come possa
abbattere un aereo civile italiano in tempo di pace e hanno invece
ostacolato il governo nelle indagini? Quale patto di fedeltà hanno
rispettato più forte di quello con il popolo italiano per il quale, in
teoria, lavorano?».
Lei che risposta si è data?
«Evidentemente quella
notte fu decisa la condotta da tenere in futuro. La sentenza della
Cassazione non mi scandalizza, il processo si era già sbriciolato in
secondo grado: non si può pretendere che la magistratura arrivi sempre
alla verità. E’ un compito che tocca alla politica e io, a eccezione
dei partiti di sinistra con i quali mi sono poi candidata, non ho avuto
dalla politica alcun aiuto. Avrei capito se mi avessero detto che
c’erano ragioni di sicurezza, roba tipo un segreto di Stato per cui non
si poteva spiegare quel che sarebbe dovuto accadere quella notte.
Invece niente».
La sentenza nega anche qualsiasi risarcimento alle vittime. Il
governo comunque assicura che i soldi si troveranno adattando una norma
della finanziaria. Un premio di consolazione?
«Noi non abbiamo
mai chiesto denaro. Da chi, poi? Dagli americani? Dai francesi? Dagli
inglesi? Oppure dai libici, dato che il 2 luglio 1980 lo stesso
Gheddafi aveva fatto pubblicare in Sicilia un necrologio scusandosi con
le vittime per la sorte che nelle intenzioni dei sicari era destinata a
lui? Il denaro non è mai interessato a nessuno di noi».