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23 Febbraio 2004

Urla e silenzi

Autore: Massimo Franco
Fonte: Il Corriere della Sera

Arturo Parisi, ideologo dell’ Ulivo e uomo molto vicino a Romano Prodi, è d’ accordo con Luciano Violante. Sulla missione a Nassiriya il presidente dei parlamentari diessini «ha ragione: i nostri soldati sono stati lasciati soli. Non possono essere mandati ancora allo sbaraglio». Il fatto che Parisi l’ abbia detto nella cornice congressuale dei «comunisti democratici» di Oliviero Diliberto può indurre a pensare a una forzatura dialettica: tanto più perché in quella sede era stata appena benedetta la leadership di Prodi «senza se e senza ma». Il risultato, però, è che il centrosinistra sta vagando nel labirinto delle proprie contraddizioni. La politica estera si conferma un punto così debole da provocare continui tatticismi; e da trasformare la posizione iniziale di un’ astensione sul rifinanziamento della missione in Iraq, in un azzardo che minaccia di far saltare tutto. L’ urto della nebulosa pacifista è più potente e corrosivo di quanto i vertici dei Ds e della Margherita pensassero. Il partito di Piero Fassino comincia a temere che la sua unità interna possa spezzarsi. Ma anche fra i centristi dell’ Ulivo il malessere deve risultare più insidioso del previsto. Non si spiega altrimenti l’ ammissione fatta ieri all’ «Unità» dal coordinatore della Margherita, Dario Franceschini: «Alla Camera voterei no». E’ un coro scombinato che qualcuno tende a spiegare in chiave tutta interna all’ opposizione. Si accreditano tensioni tra Parisi e Francesco Rutelli, convinto che invece i nostri soldati non debbano essere richiamati in Italia. E, a sinistra, le divisioni vengono attribuite all’ ossessione diessina di non regalare a Fausto Bertinotti e alla sua Rifondazione i movimenti pacifisti e «no global». Così, la presa di posizione di Violante, avallata da Parisi, rappresenterebbe l’ ennesimo tentativo di tenere unito un fronte slabbrato e sull’ orlo della lacerazione; di martellare sul governo e sulla «politica sciagurata di Bush», per ritrovare una compattezza in Parlamento. Ma il disorientamento, ormai, è palpabile. E minaccia di produrre un effetto boomerang imprevisto quanto inevitabile. Nel tentativo di ritrovare uno straccio di certezza, l’ opposizione che va alle europee in nome di Prodi gira istintivamente la testa verso Bruxelles: verso il presidente della Commissione Ue, non candidato ma leader dell’ operazione lista unica e di quanto le fa concorrenza. Per il momento, tuttavia, raccoglie soltanto silenzio. Prodi continua a ripetere di volersi sottrarre alle polemiche italiane. Ma Sandro Bondi, coordinatore di Forza Italia, ieri ha ipotizzato che le parole di Parisi «rispecchino anche il pensiero» del Professore. In realtà, nessuno è ancora in grado di sapere quanto le idee di Prodi e del suo ideologo collimino su Nassiriya. Di certo, rimanendo formalmente defilato, il presidente della Commissione evita di dover maneggiare un problema apparentemente quasi insolubile; di schierarsi fra sì, ni e no. Ma questo consente a Bondi e al resto del governo di ironizzare sulle «tre linee di politica internazionale» presenti nella Margherita: senza contare le divergenze a sinistra. Gli uomini più vicini a Prodi avvertono che Parisi parla per sé. Eppure, il fondatore dell’ Ulivo ha sempre detto che la guerra non doveva neanche cominciare: una posizione vicina a quelle di Francia e Germania. Chi ha memoria, ricorda anche il larvato pacifismo dell’ Ulivo a Palazzo Chigi in occasione della guerra in Kosovo: l’ allora sottosegretario di Prodi, Parisi, si scontrava quasi quotidianamente con l’ atlantista Beniamino Andreatta, ministro della Difesa. E l’ anno scorso, quando Silvio Berlusconi ha inviato un contingente italiano a Khost, in Afghanistan, da Bruxelles il presidente della Commissione avrebbe chiesto allarmato alle autorità militari se il governo si rendesse conto della pericolosità della missione. Ma che questo significhi automaticamente che anche Prodi dà ragione a Violante per ora è soltanto un’ illazione.


Massimo Franco