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6 Luglio 2005

Uno spettacolo da vergognarsi

Autore: Gian Enrico Rusconi
Fonte: La Stampa
Come non vergognarci noi italiani della gazzarra leghista nel
Parlamento europeo? Ci vergogniamo dell’offesa arrecata al nostro
Presidente della Repubblica mentre pronunciava uno dei suoi più
appassionati discorsi europeisti.
Ci vergogniamo della inadeguata reazione del governo Berlusconi nei
confronti dei rappresentanti di un partito che gli fornisce importanti
ministri. Un governo che si rispetti (che rispetti se stesso) non può
limitarsi a poche scontate parole di sdegno. Dovrebbe mettere alla
porta i ministri della Lega.

Ma Berlusconi non può permetterselo. Il Cavaliere è legato a filo
doppio con quel Bossi cui inneggiavano i leghisti mentre venivano
cacciati fuori dal Parlamento di Strasburgo. Lo aveva visto ad Arcore
ventiquattro ore prima. I casi sono due: o Bossi non sapeva nulla di
quanto sarebbe successo a Strasburgo; o l’ha taciuto al Cavaliere.
Strana coppia.

In realtà Berlusconi ha bisogno della Lega, non solo per ragioni di
aritmetica elettorale, ma soprattutto per il ruolo che tacitamente le
ha affidato. I leghisti infatti possono, anzi devono dire ad alta voce,
con toni offensivi ed intimidenti, quello che altri membri della
maggioranza governativa non osano: lanciare accuse indiscriminate
contro l’Europa, contro l’euro e diffamare gli alleati di governo che
criticano Berlusconi. Se necessario, contestare il Presidente della
Repubblica con la certezza dell’impunità politica e, nel caso estremo,
anche giudiziaria.

Contro questo rapporto privilegiato tra Berlusconi e il Carroccio,
contro questa loro divisione del lavoro politico, i Follini, i Casini,
i Fini non possono fare nulla. Non rimane loro che esternare impotenti
proteste verbali.
Non sfuggirà a nessuno il tempismo della contestazione leghista. Viene
dopo i congressi dell’Udc e di An che hanno ridato visibilità alle due
formazioni di governo, oscillanti tra la proclamata fedeltà al
Cavaliere e la rivendicazione della propria identità. Ma soprattutto
Udc e An hanno mandato all’elettorato robusti segnali della propria
esistenza.

A questo punto la Lega aveva assolutamente bisogno di rioccupare la
ribalta politica alla sua maniera. La visita di Ciampi a Strasburgo le
ha offerto l’occasione. E la Lega ha giocato populisticamente la carta
che ritiene elettoralmente più utile: il rifiuto dell’euro.

Quando settimane or sono era venuta fuori l’idea del ripudio della
moneta europea e del ritorno alla lira, la proposta era stata sommersa
da una valanga di critiche da tutte le parti. Notoriamente è un’idea
pazzesca. Ma evidentemente per i leghisti e indirettamente per
Berlusconi (se ancora ieri il fido Bondi ha parlato di «euro di Prodi»)
è un argomento per scaricare su altri la frustrazione per le cattive
condizioni economiche del Paese e per raccattare un numero di voti che
permetta alla Lega di stare a galla e al Cavaliere di avere un margine
di sicurezza verso gli infidi alleati.

E’ su questa vicenda di bassa cucina politica che si staglia il forte
discorso del presidente Ciampi a favore della tenuta e della ripresa
della difficile comune strada europea.