La nuova ondata di intercettazioni telefoniche pubblicate dal ‘Giornale’, che ripropone stralci di dialogo tra Consorte e Fassino sulla scalata di Unipol a Bnl, ha fatto tremare la Quercia che si e’ subito appellata alle istituzioni per stoppare quella che considera solo una ”strumentalizzazione”, una ”campagna di veleni” orchestrata a fini elettorali ”dal quotidiano della famiglia Berlusconi”.
Superata la sorpresa e lo sgomento, Fassino attraverso il suo portavoce Roberto Cuillo, si e’ appellato al presidente della Camera (”per la pubblicazione illecita delle conversazioni di un parlamentare” che imporrebbe l’autorizzazione della Camera di appartenenza), mentre Massimo Brutti, responsabile giustizia del partito, ha chiesto l’intervento della stessa magistratura per la ”violazione del segreto d’indagine”.
Una sollecitazione, quella dei DS cui ha risposto in men che non si dica (ma con tono un po’ risentito) lo stesso Casini, facendo presente di aver sempre difeso le prerogative dei deputati e ricordando di aver gia’ affrontato la pratica a suo tempo (nell’agosto scorso, quando erano state pubblicate altre conversazioni telefoniche di Fassino sulla vicenda). Con l’occasione, Casini ha ricordato che la giunta per le autorizzazioni chiuse il caso con un nulla di fatto, non individuando profili di rilevanza ai sensi dell’articolo 68 della Costituzione (quello sull’immunita’ parlamentare).
A rompere un silenzio durato quasi l’intera giornata e’ stato, come si diceva, lo stesso Fassino che ha lanciato il suo atto di accusa: ‘Il Giornale’ conduce da tempo una ”campagna di veleni per colpire i DS e il suo segretario con polveroni scandalistici”, ha detto Cuillo. ”Una aggressione tanto piu’ grave perche’ perseguita con la pubblicazione illegale di conversazioni di un parlamentare”. Da qui la richiesta di un intervento diretto di Casini, dell’Authority sulla Privacy e della magistratura.
Un intervento quello sul fronte giudiziario che per Brutti si rende necessario per rispondere a una serie di interrogativi riconducibili tutti al tentativo di una ”strumentalizzazionbe politica” che sarebbe stata congegnata, appunto, dal ‘Giornale’. All’autorita’ giudiziaria si chiede ”di accertare con rigore e con tempestivita’ chi siano i responsabili della violazione del segreto d’indagine usata per inquinare il dibattito politico”.
Il polverone delle intercettazioni ha diffuso un senso di imbarazzo nel centrosinistra come dimostra, tra l’altro, l’intervista di oggi di Vannino Chiti, per il quale ”e’ stato un errore aver tifato per la scalata Unipol (anche se – ha sottolineato – sulla correttezza dei DS non ci sono margini di dubbio). E il centrodestra non ha perso l’occasione per smontare pezzo per pezzo la sempre ostentata superiorita’ morale dell’Unione. Sarebbe ora che la sinistra faccia chiarezza al suo interno e abbassi ”la cresta del moralismo e del disprezzo degli avversari”, ha detto Sandro Bondi.
Archiviando quella ”diversita’ di berlingueriana memoria” che ”appartiene ad un’altra epoca e non puo’ essere riproposta dai DS senza che appaiano grotteschi, gli ha fatto eco Cicchitto.
Non sorprende quindi che la presa di posizione serale di Fassino abbia avuto l’effetto di un getto di benzina sul fuoco.
Il partito azzurro e’ ripartito all’attacco, bollando la ”difesa” del leader DS come ”pretestuosa e ipocrita” perche’ – e’ stato il ragionamento di Bondi – il segretario DS adotta un garantismo a senso unico e usa due pesi e due misure. ”Chi e’ causa del suo mal pianga se stesso”, ha rincarato Cicchitto rinfacciando ai DS di aver respinto la proposta di Bondi su un gentleman’s agreement per un confronto politico che escludesse materiali giudiziari e di aver quindi fatto autogol.