12 Agosto 2005
“Unipol? Con tutti quei soldi si potevano fare cose più utili”
Autore: Elena Polidori
Fonte: la Repubblica
ROMA – “Un inguacchio”. Con questa espressione Giuliano Amato definisce gli intrighi bancari, le intercettazioni, i favoritismi, le scalate ai giornali, le Opa e tutto il resto. Sostiene che il governatore Antonio Fazio deve andarsene perché ciò che è accaduto è una “patologia estrema”. Ipotizza che nella scalata al Corriere della Sera “possono esserci interessi anche non italiani” e alle smentite di Berlusconi crede “fino a prova contraria”. Poi parla di Ricucci e compagnia come dei “rentiers”: “Brillanti giovanotti che non sanno l’italiano ma sono abbastanza intelligenti”. Da tutto questo l’ex premier ed ex ministro, trae “una sconsolante lezione di immoralità”. E guardando all’affare Unipol-Bnl e all’imbarazzo del centrosinistra si domanda: “Ma con tutti quei soldi, quante altre cose più utili si potevano fare?”.
Preso atto che l’antica credibilità della Banca d’Italia è andata in pezzi, forse il quesito è: come si ripristina?
“Cambiando le persone, anzitutto. Servono le dimissioni di Antonio Fazio, che non possono essere una rimozione mascherata e dunque sono affidate alla sua sensibilità”.
Sicuro che basta?
“Certo che no. Bisogna anche concentrare il nostro cervello su quanto accaduto che è la patologia estrema di un modello funzionale che preesisteva”.
Definisca questo modello, se possibile.
“E’ un modello che, quando io ero giovane, faceva sì che autorevoli governatori, di fronte alle difficoltà di una delle banche, telefonavano ai presidenti di quelle sane e dicevano: signori, nel nome dell’interesse comune, occorre dare una mano per risolvere la situazione. E quelli andavano in via Nazionale, col migliore dei loro vestiti e in assoluta informalità decidevano come tappare i buchi”.
Si sono lette telefonate di altro tono…
“Appunto. Fazio aveva quella tradizione alle spalle ma gli è, come dire, scivolata di mano e ha preso il sopravvento diventando una patologia. Diciamo che si è passati dall’interesse collettivo a quello di parte: fino alla convinzione, attraverso un contorto e sbagliato ragionamento, che entrambi gli interessi possono coincidere in nome del tricolore. E allora diventa normale sussurrare al telefono al banchiere: ‘Entra dalla porta di dietro’. A questo punto, Banca d’Italia deve passare dalla vecchia discrezionalità ai moduli dell’autorità indipendente. C’è una rieducazione da fare, partendo da quei suoi funzionari che in questa stessa occasione sono stati più che corretti”.
Non sarà che la credibilità una volta intaccata, è persa? O al posto della Banca d’Italia si può pensare ad una “banchetta” d’Italia?
“Non voglio usare quest’espressione. Dico solo che non esiste ferita al mondo che non si possa suturare. Certo, ci vuole tempo”.
Lei ha trattato con Fazio da ministro e da premier. Rileva un qualche contrasto tra il governatore che ha conosciuto e quello che emerge dalle intercettazioni?
“E’ sorprendente. Mi era sempre parso un uomo rigidamente istituzionale come i suoi predecessori. Ricordo il gusto con cui, al g7, al g20 parlava dei grandi problemi macroeconomici ad ampio raggio. Invece…”
Dai brogliacci telefonici il raggio appare piccolissimo.
“Viene fuori una persona che sembra non essere mai uscita dal paese in cui è nato”.
I comportamenti che più l’hanno colpita?
“Quella sciagurata passeggiata al Forex con Fazio che sceglie vistosamente 2-3 banchieri tra i tanti, dando la netta impressione che fossero i suoi preferiti”.
Altri episodi che le sono rimasti nella memoria?
“Mi stupii quando vide nel centrodestra il governo del miracolo”.
Non sarà che tutto questo succede per via del mandato a vita che mette il governatore in situazione di incontrollabilità?
“L’assenza di una scadenza finisce per dare una tale abitudine a governare da rischiare una forma di assolutismo. Dunque, benissimo il mandato a termine. E benissimo anche il trasferimento all’Antitrust della concorrenza bancaria. Ma io resto convinto che per evitare il ripetersi di questi episodi, sono i poteri in tema di stabilità che devono allinearsi alla trasparenza e alla formalità richieste da un mercato. Non a caso un codice etico come quello della Bce sembra roba da alieni rispetto alla tradizione di informale discrezionalità di via Nazionale”.
La soluzione politica per uscire dal tunnel?
“La politica può mettere mano alle regole col bisturi e non con l’accetta. E poi può interagire con garbo e fermezza rispetto al governatore in carica. Al punto in cui siamo arrivati confido molto nella promessa riunione del Cicr, specie se avverrà prima della prossima Pasqua”.
Pasqua? Ma è prevista per il dopo Ferragosto?
“Ecco, appunto. E’ lì che governatore può spiegarsi. Io sono un inflessibile sostenitore del principio del contraddittorio. Mi pare che Fazio si è invece già avvalso abbastanza della ‘facoltà di non rispondere'”.
E’ il disegno di legge sul risparmio la sede per rivedere le regole?
“Quel ddl, ormai, è come un cane con le gambe storte. E più si va per emendamenti, inseguendo l’ultimo fatto o cercando di tamponare il penultimo, più rischia di diventare un patchwork”.
Lei è sempre stato sensibile verso il mondo cattolico e la Chiesa. Come pensa che gli uomini di fede giudichino questo venir fuori di personaggi cattolici con le opa, i favori, la fine delle distanze deputate tra controllori e controllati?
“Non è la prima volta che accade. Anche Ciampi dovette gestire la difficile situazione Ior-Vecchio Ambrosiano. Non c’è quindi nulla da desumere se non che anche i cattolici possono violare le regole”.
Parliamo allora della questione morale: i Ds e la vicenda Unipol-Bnl
“E’ stata subito valutata come una cointeressenza di affari: l’ho trovato ingiusto. Io non sono entusiasta di quell’operazione. Mi chiedo: con tutti quei soldi quante altre cose più utili si potevano fare? Ed è giusto rifornire di munizioni quei rentiers lì, i Ricucci, per intendersi, che poi magari le sparano nelle direzioni più pericolose? Ma non per questo faccio accuse a chi la pensa diversamente da me”.
Lei ha incontrato il Dalai Lama proprio mentre emergevano gli intrecci bancari: ha pensato ad un approccio diverso?
“In origine doveva esserci anche Fazio a quel convegno. Poi per tempo ha disdetto. Comunque: ho pensato che la stagione dei Buddenbrook è finita. E che il mondo soffre di una grande malattia finanziaria, capace di mangiarsi tutte le nostre risorse, se non troviamo il modo di incentivare l’investimento industriale”.
Che idea s’è fatto della vicenda Rcs? Chi, anche dall’estero, sta scalando il Corriere della Sera?
“Non lo so. Ma certo possono esserci interessi anche non italiani ad un gruppo del genere. Si è parlato di Agag, no? Mi pare plausibile”.
E che pensa delle smentite di Berlusconi?
“Brunetta alla radio diceva: io gli credo, fino a prova contraria. Posso dire anch’io così. Berlusconi certo non può comprare, e neppure la Fininvest perché è vietato dalla legge sul conflitto di interessi. Ci possono però essere forme indirette di coinvolgimento che sono le più difficili da cogliere”.
Quale morale si può trarre da tutto questo?
“L’immorale, semmai”.
L’immorale, allora
“Non ci accorgiamo neanche che una parte della nostra industria funziona e che il paese si sta riprendendo, perché buttiamo via soldi e attenzione in cose che chiamiamo risiko col k. Chi verrà a governare meglio questo paese dovrà anche ristabilire l’ordine delle priorità”.