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28 Luglio 2005

Un papa può bastare

Autore: Michele Ainis
Fonte: La Stampa

È giusto che il supremo esponente della nostra suprema authority – il governatore della Banca d’Italia – eserciti un mandato a vita C’è una ragione a fondamento di questa regola vetusta, codificata nel lontano 1893 C’è un modello, c’è uno stampo analogo nelle altre democrazie contemporanee


Diciamolo: la durata vitalizia del governatore rappresenta un’anomalia assoluta, senza pari né confronti. Il governatore della Banca centrale europea rimane in carica 8 anni. I membri delle altre autorità indipendenti disseminate in lungo e in largo nel nostro ordinamento durano da un minimo di 3 anni (la commissione sullo sciopero) a un massimo di 7 (quella sulle telecomunicazioni o l’antitrust).

E a spingere la presa sulle altre cittadelle del mondo occidentale si resta a mani vuote. L’unica eccezione è il papa, che veste i panni tuttavia d’un monarca elettivo. O altrimenti i 9 giudici della Corte suprema americana, nei cui riguardi la nomina a vita è garanzia d’indipendenza verso la politica, verso i suoi molteplici appetiti. D’altronde fu proprio questa la giustificazione addotta a suo tempo da Giolitti per rendere eterna la Banca d’Italia e il suo governatore.

Ma in Italia non esiste il rigido sistema di checks and balances che regola ogni rapporto fra i poteri dello Stato sull’altra sponda dell’oceano. Non esiste il medesimo rispetto delle competenze fra i vari attori costituzionali in campo, forgiato in due secoli di cultura protestante. Sicché da noi l’indipendenza senza contrappesi rischia di trasformarsi in separatezza, di convertire il sovrano in un antisovrano.


Anche in questo caso, anche in questa specifica vicenda, vale insomma la regola aurea dello Stato di diritto: dove c’è potere, lì dev’esserci responsabilità. E la responsabilità s’assume sempre nei confronti di qualcuno che possa sfiduciarti o rinnovarti la fiducia. Ecco perché è ammissibile la durata vitalizia per alcune cariche onorifiche, per organi cioè senza potere, come i senatori a vita.

Ed ecco perché l’orologio costituzionale è implacabile in tutti gli altri casi. Così, il Capo dello Stato non può sciogliere le Camere durante gli ultimi 6 mesi del proprio mandato, dato che a quel punto il potere presidenziale è una candela consumata. Così, la durata delle Camere non può venire prorogata se non dinanzi a un evento eccezionale, qual è la guerra.

Così, anche i giudici costituzionali sono a tempo, come i ministri, come i membri di ogni assemblea elettiva. E in tutte queste situazioni il tempo configura altresì un antidoto contro i pericoli della tecnocrazia, contro il governo dei custodi di cui parlò Platone. Per sostituire ai sacerdoti il governo della legge.