ROMA «Ma stiamo rientrando a Torino?!»… In realtà la destinazione è Pinerolo, ma c’è talmente tanto traffico che l’auto blu del segretario dei Ds è costretta ad un eclettismo viario a dir poco stupefacente rispetto alla cinica tabella di marcia elettorale. Eppure Fassino è di buon umore. Sarà perché respira aria di casa, sarà perché anche in Piemonte, roccaforte azzurro-leghista, la candidata dell’Unione Mercedes Bresso sta dando filo da torcere molto, ma molto inaspettatamente al governatore uscente della Cdl, Enzo Ghigo. E così Fassino, che è al suo settimo giro d’Italia come segretario dei Ds («sono un fondista con due polmoni così!»), ragiona senza arrabbiarsi del dilagare di Berlusconi in Tv («si vede che è preoccupato»), del suo imperterrito agitare lo spettro comunista («è arrivato alla frutta dei suoi argomenti»), di Andreotti che dà una manona a S torace, «ma questa volta il senatore a vita sbaglia, e me ne rammarico». Poi tira fuori un’idea: «Berlusconi va dicendo che ha onorato il suo patto con gli italiani. Invece mente. Allora lancio una sfida: affidiamo ad un giurì di saggi il compito di valutare, promessa per promessa, se davvero il Cavaliere ha tenuto fede ai suoi impegni». Fassino è convinto di no.
Sembra anche, onorevole Fassino, che ormai l’onorevole Berlusconi si sia definitivamente convinto del valore nazionale di questo test elettorale regionale: lei come commenta?
«Che era ora. Quando votano decine di milioni di cittadini non si può sostenere che quel voto è irrilevante, come pure Berlusconi è andato dicendo per mesi. E’ altresì evidente che il capo della Cdl avverte il rischio di una sconfitta e allora prova a drammatizzare queste ultime ore di campagna elettorale, sperando in un recupero di consensi. Tentativo arduo, viste le batoste elettorali subite dalla destra in questi ultimi tre anni: una dietro l’altra».
Ma questa enfatizzazione, anche da sinistra, del valore politico del voto regionale non rischia di offuscare problemi, aspettative, natura stessa delle amministrazioni locali?
«Vede, la riforma delle regioni del 2001 fatta dal centrosinistra ha attribuito molti più poteri, competenze e respiro alle assemblee e ai governi regionali. Non è più vero che tutto ciò che si decide nel Paese si decide soltanto nel governo nazionale. Anzi direi che il modo di governare le Regioni è parte decisiva del modo di governare il Paese, e questo rende molto stretto il rapporto tra voto regionale e valore nazionale di quel voto. D’altra parte la delusione che i cittadini italiani hanno maturato nei confronti del governo centrale è la stessa che ritroviamo oggi nelle regioni amministrate sempre da loro. Dunque un intreccio evidente».
E la drammatizzazione passa per l’occupazione delle tivvù da parte del premier, lei dice?
«Anche. Preso dal panico di una sconfitta, Berlusconi sta violando le regole sulla par condicio e sulla conduzione della campagna elettorale. Soprattutto, sta usando toni che suscitano un’inutile tensione. Perché evocare il fantasma del comunismo è semplicemente ridicolo».
E’ accaduto a Firenze
«Sì, davanti a un palasport semideserto: un altro segno di crisi elettorale e persino di capacità organizzativa della destra. La verità è che il centrodestra e il suo leader non sono in grado di presentare agli italiani un bilancio positivo di questi 4 anni di governo, e altrettanto non sono in grado di fare i presidenti delle regioni della Casa delle libertà. E’ significativo che da mesi i sondaggi vertono su un solo punto: quante regioni perderà il centrodestra. Mica è in discussione se il centrosinistra ne perde qualcuna».
Il presidente del Consiglio, tuttavia, è convinto di aver onorato il suo patto con gli italiani
«Solo lui ne è convinto, mentre la stragrande maggioranza degli italiani è largamente delusa. In ogni caso avanzo una proposta: chiediamo a un gran giurì di personalità autorevoli, indipendenti e imparziali di dirci se davvero Berlusconi ha onorato il suo contratto oppure no. Spero che Berlusconi non si sottragga a questo giudizio».
Per adesso Berlusconi tira dritto e assicura che la par condicio cambierà, eccome
«Un’altra prova di debolezza. Berlusconi i voti li sta perdendo perché l’economia è ferma, il lavoro atrofizzato e i giovani sono stanchi della precarietà; perché la sanità costa di più nelle regioni governate dalla destra, la scuola è un luogo più di conflitti che di sapere e le imprese sono lasciate sole nella sfida della competitività. Sono queste le ragioni per cui Berlusconi perde, non già per quei 10 minuti in più o in meno di esposizione della sua faccia sulle televisioni».
Torniamo alle regionali: ma perché siete così ottimisti?
«Perché è la settima volta in tre anni che faccio il giro d’Italia e le cose che vedo, la gente che incontro mi esprimono delusione e preoccupazione per il presente e per il futuro. Hanno di fronte a sè governanti incapaci di indicare una strategia, dei progetti; una classe dirigente che fa da tappo, che comprime e mortifica le potenzialità di cui l’Italia invece è ricca. La crisi italiana si chiama, appunto, Berlusconi e il suo modo di governare».
Insomma date per scontato un successone?
«Intanto diamo per scontato che nelle sei regioni in cui già governiamo lì restiamo. Poi in Liguria, Abruzzo e Calabria abbiamo buone possibilità di sostituirci al centrodestra, mentre in Piemonte, Puglia e Lazio stiamo combattendo per vincere, e ce la possiamo fare. Appena qualche mese fa Torino, Bari e Roma sembravano inespugnabili. Oggi non è più così».
Ha sentito Andreotti che appoggia Storace proprio grazie alle sue buone politiche sulla sanità e sulla famiglia?
«A parte che in cima alla classifica delle regioni in cui la sanità è erogata meglio come in Emilia, Toscana, Umbria , il Lazio non figura, anzi occupa le zone basse. E poi sulla famiglia Storace, se si esclude qualche assegno staccato qua e là, non ha una politica sull’infanzia, nè sugli anziani, nè per le giovani coppie. Temo che il senatore Andreotti questa volta si sia sbagliato. E naturalmente me ne rammarico».
Secondo lei c’è un rischio-caos nel dopo voto laziale?
«E’ uno spauracchio del tutto inventato. Penso invece che sia una buona cosa rispettare il voto di oltre tre milioni di elettori, e non inventarsi ricorsi per cambiarlo a proprio piacimento».
Dopo le regionali ci saranno le urne per il referendum sulla fecondazione assistita: mentre D’Alema bacchetta Ruini, ieri Rutelli ha detto che i vescovi hanno tutto il diritto di intervenire sui referendum. Lei che dice?
«Che intanto non vanno sovrapposte le elezioni regionali ai referendum sulla fecondazione. E poi ritengo che un elettore di Storace, per esempio, possa benissimo votare si o no al referendum e un elettore di Marrazzo essere ugualmente libero di esprimere consenso o dissenso. Insomma le due materie non sono sovrapponibili».
Quindi l’elettore cattolico di centrosinistra come si deve regolare?
«Fra tre giorni non si vota per la fecondazione assistita».
Un’ultima cosa segretario, autorità delle Comunicazioni e vertici Rai: lo scontro è ancora apertissimo, qual è la vostra posizione?
«Semplice: le autorità di garanzia sono state create dalla legge per avere organi di governo imparziali e indipendenti. A questo stesso principio si deve ispirare la nomina dei loro presidenti. Per quanto riguarda i vertici Rai, io propongo che maggioranza e opposizione scelgano il presidente e il direttore generale sulla base della loro indipendenza, competenza e professionalità. Se così sarà noi ci impegniamo, una volta al governo nel 2006, a non cambiarli».
E andrà proprio così secondo lei?
«Noi siamo mossi da un intento sincero. Spero che il centrodestra non dia luogo all’ennesima manifestazione di arroganza, blindandosi nei numeri di una maggioranza che ha ancora nel Parlamento ma non ha più nel Paese».