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3 Gennaio 2006

“Un errore aver tifato per la scalata. I partiti restino fuori dal mercato”

Autore: Umberto Rosso
Fonte: La Repubblica

«Sì, forse qualcuno nel nostro partito ha fatto il tifo per l´Unipol nella scalata alla Bnl. Un´Opa lanciata in modo tutto legittimo, sia chiaro, nonostante tutti gli attacchi preventivi, a cominciare dal presidente della Confindustria. Ma, secondo me, un partito non dovrebbe mai tifare, farebbe meglio a non schierarsi in vicende di mercato come queste». 

Onorevole Chiti, detto dal coordinatore della Quercia è una novità.
«E´ la mia personale posizione, frutto – insieme ad alcune altre – di una riflessione che ho compiuto in questi giorni. Tifare secondo me non è politicamente corretto. Ma, a scanso di equivoci, pure se qualcuno diciamo così ha portato gli striscioni, se n´è rimasto sugli spalti. Non è mai sceso in campo né ha tentato di condizionare l´arbitro della partita». 

Come a dire: nessuna pressione dai ds.
«Qui entriamo in tutt´altro terreno di gioco. Parliamo di correttezza. E se sulle tifoserie esprimo una valutazione personale e politica, qui non ci sono margini di dubbio: mai, nessuno, nel nostro partito, ha mosso un dito per condizionare le decisioni delle autorità preposte all´operazione. Banca d´Italia e gli altri organismi: mai in casa ds qualcuno si è sognato di alzare un mignolo per cercare di influenzarli sulla scalata alla Bnl, in un senso o nell´altro». 

Ma sui “tifosi dell´Unipol”, il partito discuterà?
«Penso proprio di sì, sarà un tema di riflessione. La questione però non riguarda solo l´Unipol e solo la Quercia. E´ un tema che investe le regole per il futuro e coinvolge tutti partiti. Anche perché ad un tifo a favore dell´operazione Unipol ha corrisposto un tifo contro». 

La Margherita?
«E non solo. Nel centrosinistra hanno parteggiato contro anche Rifondazione, i comunisti italiani, altri settori dell´Unione. Un errore speculare al tifo. Un partito deve lasciar fare al mercato, mantenersi neutrale e in equilibrio fra le parti. Perciò, servono regole per l´Unione. Ma vorrei direi anche per il centrodestra, schierato contro l´Unipol e pesantemente coinvolto nelle vicende degli immobiliaristi. E´ la politica tutta che deve interrogarsi. O dovrebbe farlo». 

La regola d´oro per evitare le invasioni di campo?
«Operazioni vere, Opa non a tavolino, e lasciare i compiti di scelta alle autorità di vigilanza». 

L´accusa è: voi ds arrivate in ritardo.
«Non è così. E voglio rispondere anche a Eugenio Scalfari, le cui parole sono per me sempre uno stimolo. Nessuna sordina. Perché non parlo solo adesso di «doverose dimissioni» di Consorte. Ci sono tante dichiarazioni, tutto documentato. Il 18 novembre puntavo il dito contro i 4 milioni di euro a Consorte senza adeguate garanzie, tanto più grave per una cooperativa. E´ intervenuto anche Fassino su questo tema. Poi, la condanna delle plusvalenze, dei 50 miloni di euro incassati da Consorte, che possono anche essere leciti sotto il profilo finanziario ma per me incompatibili con l´etica delle cooperative. Lo abbiamo già detto e ripetuto. Su Consorte e Sacchetti, al di là delle inchieste della magistratura, il nostro giudizio è etico e politico: nelle coop non possono valere gli stessi valori di
Berlusconi». 

Dunque, nuove regole per affrontare i rapporti tra partiti e mondo degli affari. Ci sarà anche un capitolo specifico sulle cooperative?
«Una riflessione è già iniziata all´interno stesso delle coop. Per un´autoriforma o, se è il caso, con interventi legislativi. Stiamo parlando di una grande risorsa per il paese: sulle prime cento imprese italiane, trenta appartengono alla cooperazione, bianca o rossa che sia. Ma va riequilibrato il rapporto fra proprietà e management, perché spesso la proprietà è troppo debole e finisce che il management assume poteri troppo forti. E non basta». 

Che altro proponete, onorevole Chiti?
«Di superare quel vecchio schema coop rosse-coop bianche, le cooperative legate alla sinistra e quelle del mondo cattolico. In uno scenario che si muove verso una formazione politica unica dei riformisti e dei democratici, quelle etichette non hanno più senso. Mettiamo sul tappeto il ruolo delle cooperative ma senza colori. Parliamo di coop, punto e basta, senza aggettivi».