Negli animi nobili, la sconfitta migliora il carattere, lo ingentilisce. Ma se l’animo è ignobile, lo inacidisce. Ed è bene precisare che, tra nobili duellanti, la gentilezza si posa equamente, tanto sul vinto quanto sul vincitore.
Gli italiani del resto ne hanno avuto un piccolo, promettente saggio l’altra sera a Ballarò, quando la politica è diventata nobilmente divertente perché la sconfitta ha spinto Berlusconi alla laicità, ne ha guarito la spocchia, e la recita è stata persino compassionevole.
Infatti Berlusconi, come d’incanto, non era più il nemico mortale di D’Alema, a tratti diventava il compare di Rutelli. Perché davvero è solo così che la sconfitta può trasformarsi in valore civile, solo se i capi vincitori di oggi, i Prodi e i Fassino, vedono nel perdente Berlusconi il loro passato e anche il loro futuro, se capiscono che ciò di cui godono oggi è la sofferenza che hanno provato ieri e che di nuovo proveranno domani.
E il perdente deve sapersi ritirare, dimettersi per rimettersi. Per recuperare il suo fascino seduttivo il perdente deve diventare leggero, proprio come vuole la tradizione del cinema americano, quella che ci ha affascinato tutti, quella che tanto piace a Berlusconi. Insomma, noi che siamo cresciuti più col cinema che con la TV sappiamo quanto ci guadagnerebbe Berlusconi se rispettasse la tradizione del perdente, del cowboy che, dopo avere aggiustato le cose, se ne va com’era venuto, si allontana nella solitudine della prateria lasciando amori, famiglie, terre, rendite elettorali…
Certo, non deve essere facile per Berlusconi. Non lo sarebbe per nessuno. Stavolta, però, non è un problema di eleganza. E’ un problema di sostanza. Solo un fissato può credere di avere perso per colpa degli altri, del dominio della sinistra sui mass media, per colpa delle scuole, dei giornali, del doppio Stato.
E forse bisognerebbe usare queste elezioni anche per farla finita, una volta per tutte, a destra come a sinistra, con questa faccenda del grande fratello, con questa idea che chi controlla la televisione vince le elezioni. E’ un’idea che rimanda a un paese immaturo e premoderno.
E’ vero che in Italia c’è l’indecenza del conflitto di interessi ma altrettanto indecente è la chiacchiera retorica che ci descrive come un popolo tribale manipolabile da Jerry Scotti e da Amadeus.