Silvio Berlusconi è indagato dalla procura di Napoli per la corruzione di Agostino Saccà, presidente di RaiFiction e – seconda ipotesi di reato – per istigazione alla corruzione del senatore Nino Randazzo e di altri senatori della Repubblica, “in altri episodi non ancora identificati”.
Una storia che corre – circostanza davvero inconsueta per il Cavaliere – sul filo di un telefono (intercettato) dell´alto dirigente del servizio pubblico e trova una sua concreta evidenza nel racconto del senatore eletto dagli italiani di Australia.
E´ una storia che, al di là degli esiti giudiziari, ha un´evidente rilevanza politica e si può raccontare così. Come tutte le storie che si rispettino è avviata dal caso. I pubblici ministeri stanno ficcando il naso su un giro di iperfatturazioni che nasconde la costituzione all´estero di fondi neri.
La ricostruzione dei movimenti finanziari svela che il denaro ritorna – cash – in Italia attraverso la Svizzera. Per i personaggi coinvolti, per i loro contatti nel mondo della fiction e della Rai di viale Mazzini, il sospetto degli investigatori è che quelle somme possano essere o le tangenti destinate ad amministratori del servizio pubblico o “fette di torta” che i produttori televisivi si ritagliano, franco tasse.
Al centro dell´attenzione finisce un piccolo produttore di cinema e tv, Giuseppe Proietti, che in passato ha lavorato alla Sacis (la società di produzione e commercializzazione della Rai).
Il suo rapporto con Agostino Saccà è costante e molto intenso. Interrogato dai pubblici ministeri, il presidente di RaiFiction nega di conoscere Proietti così bene. Mal gliene incoglie.
Nel periodo delle indagini, Proietti si reca ottantotto volte in viale Mazzini e in quaranta di queste occasioni è in visita da Saccà che ignora di essere finito al centro di un´inchiesta molto invasiva che, come sempre accade in questi casi, ha il suo perno nell´ascolto telefonico.
Nel diluvio di comunicazioni del presidente di RaiFiction saltano fuori, per dir così, delle attività che i pubblici ministeri giudicano non coerenti, non corrette, non legittime per un dirigente Rai.
Agostino Saccà è molto insoddisfatto della sua collocazione in Rai. Si sente sottovalutato, forse umiliato. Avverte di essere guardato a vista – sì, controllato – dal direttore generale Claudio Cappon.
Vuole andare via, lasciare “Mamma Rai” per “mettersi in proprio”, creare nei pressi di Lametia Terme, nella sua Calabria, una “città della fiction”; collaborare al “progetto Pegasus”, un´iniziativa che vuole consociare le capacità e la qualità dei piccoli produttori televisivi italiani per farne una realtà industriale in grado di competere sul mercato nazionale e internazionale.
Saccà parla molto delle sue idee e dei suoi progetti al telefono. Ne parla soprattutto con il consigliere d´amministrazione della Rai, in quota centro-destra, Giuliano Urbani. Con Urbani, Saccà conviene che in “Pegasus” bisogna far spazio a «un uomo di Berlusconi».
Il presidente di RaiFiction ne va a parlare con il Cavaliere. Si incontrano spesso, a quanto pare. E´ a questo punto dell´indagine che emerge l´intensa consuetudine dei rapporti tra Berlusconi e Saccà.
Secondo fonti attendibili, soprattutto una decina di telefonate dirette tra il giugno e il novembre di quest´anno appaiono illuminanti (Berlusconi chiama e riceve da un cellulare in uso a un suo body-guard).
Berlusconi e Saccà discutono della sentenza del Tar che ha bocciato l´allontanamento dal consiglio d´amministrazione della Rai, Angelo Maria Petroni. Saccà sostiene che i consiglieri del centro-destra non sanno cogliere “le dinamiche positive”.
Spiega al Cavaliere come e con chi intervenire. Lo sollecita a darsi da fare per eliminare i contrasti che, in consiglio, dividono “i suoi consiglieri”. Berlusconi appare a suo agio con il presidente di RaiFiction.
Spesso dal “lei” cede alla tentazione di dargli del tu e tuttavia mai Saccà si smuove dal chiamarlo «Presidente». A volte il Cavaliere lo chiama confidenzialmente Agostino. Gli chiede conto del destino del film su Federico Barbarossa: «Sai, Bossi non fa che parlarmene…».
Saccà lo rassicura: andrà presto in onda in prima serata. «E allora – dice Berlusconi – dillo alla soldatessa di Bossi in consiglio (Giovanna Clerici Bianchi) così la smette di starmi addosso».
Il Cavaliere si fa avanti anche per risolvere qualche suo problema personale e politico. In una telefonata, quasi si confessa alla domanda di Saccà: come sta, presidente? «Socialmente – dice Berlusconi – mi sento come il Papa: tutti mi amano. Politicamente, mi sento uno zero… e dunque per sollevare il morale del Capo, mi devi fare un favore. Vedi se puoi aiutare…».
Il Cavaliere fa quattro nomi di candidate attrici: Elena Russo, Evelina Manna, Antonella Troise, Camilla Ferranti (secondo un testimone, il produttore di Incantesimo Guido De Angelis, è la figliola di un medico molto vicino al Cavaliere).
Sai, spiega Berlusconi a Saccà, non sono tutte affar mio perché «la Evelina Manni mi è stata segnalata da un senatore del centro-sinistra che mi può essere utile per far cadere il governo». Promette Berlusconi a Saccà: saprò ricompensarla quando lei sarà un libero imprenditore come mi auguro avvenga presto…
Agostino Saccà appare consapevole che la preoccupazione prioritaria del Cavaliere sia la “campagna acquisti” inaugurata al Senato per capovolgere l´esigua maggioranza che sostiene il governo di Romano Prodi.
Fa quel che può, fa quel che deve nell´interesse del «Capo». In estate, incontra il senatore Pietro Fuda, un transfuga di Forza Italia, oggi nel Partito Democratico Meridionale di Agazio Loiero che sostiene il centro-sinistra.
Dell´esito del colloquio, Saccà riferisce a Pietro Pilello, un commercialista calabrese con studio a Milano con molti incarichi in società pubbliche (Metropolitana Milanese, Finlombarda), presidente dei sindaci di Rai International dal 2003 al 2006, oggi ancora sindaco di Rai Way.
Dice Saccà: «Fuda vuol far sapere al Capo che il suo cuore batte sempre a destra, anche se è costretto a stare oggi a sinistra e che comunque se gli dovessero toccare gli interessi e le cose sue, il Cavaliere deve starne certo: Fuda gli darà un aiuto in Parlamento».
Saccà e Pilello affrontano di concerto (e ne discutono al telefono) l´abbordaggio del senatore Nino Randazzo. Il commercialista assume informazioni sullo stato economico dell´eletto per il centro-sinistra in Oceania.
Ne riferisce a Berlusconi che lo convoca ad Arcore. Si può presumere che il commercialista riceva l´incarico di accompagnare Randazzo da Berlusconi. Dopo qualche tempo, gli investigatori filmano l´arrivo di Pilello all´aeroporto di Roma; l´auto con i vetri oscurati che lo attende; il percorso fino in città, a largo Argentina, dove è in attesa Randazzo; l´ultimo brevissimo tragitto fino a Palazzo Grazioli.
Quel che accade nella residenza romana di Berlusconi lo racconterà il senatore ai pubblici ministeri. Berlusconi lo lusinga. Appare euforico. Vuole conquistare la maggioranza al Senato e dice di essere vicino ad ottenerla.
Se Randazzo cambierà cavallo, potrà essere nel prossimo esecutivo o viceministro degli Esteri o sottosegretario con la delega per l´Oceania (al senatore Edoardo Pollastri eletto in Brasile, aggiunge Randazzo, viene invece promessa la delega come sottosegretario al Sud-America).
L´elenco dei benefit offerti non finisce qui. Randazzo sarebbe stato il numero 2, appena dietro Berlusconi, nella lista nazionale alle prossime elezioni e l´intera campagna elettorale sarebbe stata pagata dal Cavaliere.
Randazzo è scosso da quelle proposte. Ricorda ai pubblici ministeri un bizzarro episodio che gli era occorso in estate, in luglio. Passeggiava nella Galleria Sordi, in piazza Colonna a Roma.
Come d´incanto, come apparso dal nulla, si ritrova accanto un imprenditore australiano, Nick Scavi. L´uomo lo apostrofa così: «Voglio offrirti la possibilità di diventare milionario. Ti darò un assegno in bianco che potrai riempire fino a due milioni di euro».
Randazzo rifiuta l´avance. L´altro non cede. Trascorre qualche giorno e lo richiama. Gli chiede se ci ha ripensato. Randazzo non ci ha ripensato. Come Nick Scavi, anche Berlusconi non cede dinanzi al primo rifiuto di Randazzo.
Per superare le incertezze, il Cavaliere rassicura il senatore: «Caro Randazzo, le farò un vero e proprio contratto…». Ancora il telefono racconta come vanno poi le cose. Pietro Pilello dice che Berlusconi gli ha chiesto il numero telefonico di Randazzo perché aveva bisogno di parlargli con urgenza.
Il senatore conferma durante l´interrogatorio: «E´ vero, Berlusconi mi chiamò e mi disse: lei ci ha pensato bene, le carte sono pronte, deve solo venirle a firmarle. Mi basta anche soltanto una piccola assenza».
Al Senato un´assenza, con l´esigua maggioranza del centro-sinistra, ha il valore di un voto contrario. «Una piccola assenza» è sufficiente perché, dice Berlusconi, «ho con me Dini e i suoi – che non dovrebbero tradire – e tre dei senatori eletti all´estero».
Vanagloria del Cavaliere come quella storia dei “contratti di garanzia”? Forse sì, forse no. E´ un fatto che almeno “un contratto” è saltato fuori a Napoli in un´altra indagine che ha come indagato per riciclaggio il senatore Sergio De Gregorio, presidente della commissione Difesa di palazzo Madama (alcuni suoi assegni per 400 mila euro sono stati ritrovati nelle mani di un noto contrabbandiere, Rocco Cafiero).
Durante l´investigazione, è stato sequestrato un contratto, inviato via fax a quanto pare, a firma Sandro Bondi e Sergio De Gregorio in cui si dà conto dell´impegno finanziario concordato tra le parti, delle quote già consegnate e quelle da fornire con cadenza mensile.
E´ l´accordo stipulato (e noto) tra Forza Italia e l´associazione “Italiani nel mondo” di De Gregorio. Altri accordi, evidentemente, avrebbero dovuto nascere soltanto se i senatori del centro-sinistra avessero voluto.