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22 Marzo 2005

Trasparenza e mercato

Autore: Luigi Spaventa
Fonte: la Repubblica

RIFERISCONO i mezzi d´informazione che la Consob, allo stato degli atti, non ravvisa ragioni di intervento nella partita aperta dall´annuncio di intenzioni d´offerte pubbliche da parte di due banche straniere su due banche italiane. È una decisione tempestiva, del tutto ineccepibile nel merito e apprezzabile per la implicita riaffermazione del principio che l´informazione al mercato è un bene pubblico non disponibile. Manca ancora, è vero, una decisione dei consigli d´amministrazione delle società offerenti. Ma ciò dipende dalle istruzioni di vigilanza , introdotte all´indomani dei propositi d´offerta deliberati da Unicredito e Imi SanPaolo su Comit e Banca di Roma e poi abortiti.


Le norme impongono una comunicazione preventiva alla Banca d´Italia dei progetti di acquisizione e di offerta almeno sette giorni prima della convocazione dei consigli d´amministrazione. Quella comunicazione deve contenere “indicazioni sugli elementi essenziali dell´operazione” (tempi, modalità, finanziamento, obiettivi, effetti sulla gestione industriale): con essa dunque i vertici operativi delle banche interessate passano dalla considerazione informale di un progetto ad una manifestazione formale di intenzione, alla cui elaborazione partecipa una pluralità di soggetti. Non v´è dubbio, dunque, che a quel punto, per evitare che si diffondano voci e che alcuno profitti di informazione privilegiata, gli esponenti delle società sono obbligatoriamente tenuti a renderne informazione al mercato, come impongono il Testo unico della finanza e, con ancora maggior rigore, la direttiva europea sugli abusi di mercato. Del resto, non è la prima volta che si produce una tensione fra istruzioni di vigilanza e dovere di trasparenza: in un altro caso (certamente più innocuo, perché l´autorizzazione era scontata) la Consob chiese e ottenne che la comunicazione preventiva a Banca d´Italia fosse resa pubblica, senza attendere i sette giorni per la convocazione del consiglio.

Se ci si ferma alle apparenze, non si capisce a che cosa serva l´informazione preventiva. Il vero e proprio procedimento di autorizzazione, quello che dovrebbe concludersi con un assenso o con un diniego motivati, comincia dopo: con una richiesta entro trenta giorni dalla comunicazione preventiva e una decisione entro i successivi trenta giorni. A detta delle istruzioni, la precedente comunicazione ha il “fine di consentire alla Banca d´Italia di prospettare l´eventuale esistenza di ostacoli” all´operazione. “Prospettare ostacoli” non configura un atto formale e vincolante: dopo tutto, posso decidere di percorrere una strada anche se qualcuno mi “prospetta” che vi troverò impedimenti. Di fatto tuttavia, se Banca d´Italia “prospetta”, essa con ciò stesso autorevolmente sconsiglia, e anticipa un diniego: solo che lo fa non con un provvedimento impugnabile, ma con rilievi informali di cui non si dà comunicazione pubblica.

La pubblicità data all´informazione preventiva consente di rendere l´intero iter più trasparente. Se le due banche straniere verranno dissuase dall´insistere nella loro iniziativa, esse dovranno rendere noto al mercato, prima che ai loro consigli d´amministrazione, perché hanno cambiato idea. Se comunque insisteranno, un provvedimento di diniego di autorizzazione dovrà trovare adeguata motivazione nella mancanza di “condizioni atte a garantire una sana e prudente gestione della banca oggetto di offerta” per ragioni inerenti alla correttezza e all´affidabilità delle banche offerenti o all´esercizio di un´efficace azione di vigilanza. Altre motivazioni, di cui tanto si vocifera in questi giorni, non hanno cittadinanza giuridica e non possono essere invocate.

L´attribuzione delle competenze in materia di concorrenza, su cui tanto si è combattuto in Parlamento, in questo caso non c´entra nulla. C´entra invece, e molto, l´esigenza di un´informazione compiuta e trasparente, quale è richiesta da un moderno sistema finanziario.