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10 Giugno 2005

Tra embrioni ed etica di Stato il 13 giugno è in gioco la laicità

Autore: Edmondo Berselli
Fonte: la Repubblica

Se ci si chiede che cosa è in gioco nel referendum sulla fecondazione assistita viene facile rispondere semplicemente "la laicità" della Repubblica. Facile perché una legge che prescrive l´impianto di tre embrioni è una norma che intende approssimare un valore etico attraverso una misura quantitativa, suscitando una confusione infernale fra ciò che è male, ciò che è bene e ciò che è meglio. Due embrioni sarebbero più rispondenti a una cornice morale che non quattro? Ovvero, l´astratta definizione normativa del numero di embrioni da innestare non trascura una valutazione empirica, caso per caso, per esempio in base all´età e alle condizioni di salute delle donne, riguardante la possibilità di successo della maternità procurata? E negare la chance estrema della fecondazione eterologa risponde a un principio etico superiore o è il riflesso di una mentalità intrusiva e a suo modo "autoritaria"? 

Qualcuno si chiederà se vale la pena di impegnarsi su un criterio sfuggente e apparentemente fuori moda come la laicità. Il fatto è che non appena ci si addentra nell´analisi della legge 40, risulta manifesta un´intenzione ideologica che si traduce in prescrizioni rigide. Si possono avere le idee più disparate sulla bioetica, ed è di per sé perfettamente legittimo da un punto di vista individuale pensare che l´embrione sia una persona, e che non debba essere sottoposto a sperimentazioni cliniche. Si può nutrire una sfiducia culturale verso la scientizzazione o la medicalizzazione di aspetti cruciali della vita umana. Ciò che non si capisce è per quale ragione queste concezioni dovrebbero essere imposte a chi nutre convinzioni diverse. 

Il dibattito di queste ultime settimane si è concentrato infatti sulle ispirazioni di fondo, e in particolare sul gravissimo pensiero che attiene alla vita e al suo principio. Il fatto che in proposito esistano idee differenti testimonia però che riprodurre in una legge una concezione etica conduce all´esclusione di concezioni etiche alternative. Questo è «relativismo», per dirla in termini ratzingeriani? Ma certo che è relativismo. Tuttavia il relativismo è un valore, se significa che la mia saldezza di idee non implica l´imposizione di dogmi sulla fragilità delle idee altrui. 

Grazie al cielo, il referendum non è un giudizio di Dio su una verità ideale, attraverso l´arido strumento dell´aritmetica elettorale, bensì un pronunciamento democratico su un dispositivo dello Stato, approvato da un Parlamento e diventato legge. È l´unica ragione, questa, che consente ai partiti di prendere posizione e ai leader di schierarsi. Se si dovesse votare su una verità antropologica accertata e assoluta, avrebbe ragione il cardinale Ruini; occorrerebbe usare tutti gli strumenti disponibili per evitare uno scempio disumano. 

Ma si può ricordare che la chiesa cattolica non accetta né la fecondazione eterologa né la fecondazione omologa. Che cos´è allora la legge 40, se non un pallido, imperfetto riflesso di una ispirazione etica superiore? Questo non ci induce a pensare che a essere in gioco è la legge, e non l´etica? Dunque, la questione è altra rispetto al confronto sviluppatosi di recente. Investe una dimensione a tutti gli effetti politica. 

Certo, le convinzioni morali sottese al giudizio individuale fanno sì che il referendum di domenica e lunedì prossimi abbia diviso al loro interno partiti e coalizioni. A destra, la componente laica e libertaria della Casa delle libertà è stata oscurata dall´imporsi della scelta astensionista, fatta salva l´eccezione vistosa rappresentata dalla scelta di Gianfranco Fini. Ma il prevalere della scaltrezza tattica, resa evidente dagli ammiccamenti di Silvio Berlusconi, non maschera l´opportunismo di questa scelta, a cui non è estranea la volontà di apparire in funzione di fiancheggiamento implicito della gerarchia cattolica. 

Questa modesta furbizia "clericale" non scompaginerà probabilmente le file della Cdl. Mentre la lacerazione dentro il centrosinistra appare più grave. In assenza del quorum, avrà forse vinto Francesco Rutelli, e una parte consistente della Margherita, ma avranno perso gli altri, coloro che invece si sono impegnati più a fondo per un confronto pubblico chiaro ed esplicito. È evidente che ciò tocca in particolare i cattolici "adulti", come si definì Romano Prodi annunciando la propria partecipazione al voto, che nonostante gli inviti di Ruini e i suggerimenti allusivi di Benedetto XVI, hanno deciso di manifestare nelle urne, con il "no", il loro pieno o parziale sostegno alla legge 40 intesa come male minore. 

Vincessero gli astensionisti, la vittoria di Rutelli sarebbe indubitabile, un altro tassello di una strategia tesa a mantenere intatta la Margherita come entità politica distinta. Solo che troppe vittorie "centriste", dopo il successo della battaglia rutelliana contro la lista unitaria, significherebbero troppe sconfitte dei suoi alleati. Si creerebbe con ogni probabilità un carico di risentimento che farebbe sentire in modo nefasto i suoi effetti nei mesi successivi al referendum. 

Sono piccolezze politiciste, se è in gioco una battaglia di civiltà. Ma la civiltà, i pensieri grandi, le concezioni irrinunciabili non sono dotazione esclusiva delle diverse parti politiche. Vale la pena davvero, allora, di limitarsi a pensare che quello in corso non è uno scontro in nome della civiltà, ma più modestamente, e tuttavia anche più razionalmente, una battaglia per la laicità su cui è giusto chiedere ai cittadini il piccolo impegno di un voto.