Le «risultanze documentali depongono nel marzo 1991 per un
passaggio quasi diretto della somma di 500 milioni di lire (434.404 dollari) da
un conto Fininvest (Polifemo-Ferrido) ad un conto del giudice Renato Squillante
(Rowena) tramite transito per il conto dell’avvocato Cesare Previti (Mercier)».
Certo, «sia Previti sia Squillante hanno sostenuto non già di aver avuto
rapporti patrimoniali tra loro, ma entrambi con Pacifico, ciascuno per motivi
diversi». Ma, a parte il fatto che «è indubitabile che tale tesi appare smentita
sia da emergenze documentali sia da considerazioni d’ordine logico», soprattutto
«resta inalterato il dato documentale che attesta un passaggio Fininvest-Previ-
ti-Squillante e non già, come sostenuto dagli imputati, rapporti
Previti-Pacifico e Pacifico-Squillante».
In 581 pagine la seconda Corte d’Appello motiva perché il 2 dicembre 2005
abbia confermato la condanna di Previti (5) e Pacifico (4) per corruzione di
Squillante (7 anni) quale giudice «a libro paga», retribuito non per un
determinato processo ma stabilmente, per «asservire la sua funzione» ai
committenti (Fininvest e Barilla) del suo corruttore Previti.
«ECLATANTI RISCONTRI A ARIOSTO» — A fondare l’accusa non è tanto la teste
Stefania Ariosto, comunque ritenuta autrice di dichiarazioni «essenzialmente
scarne e lineari, immuni da qualsiasi ipotesi di inquinamento e di eterodizione
prospettata dalla difesa», nonché «credibile soggetto delle confidenze di
Previti»: credibilità attestata, paradossalmente, «dalle preoccupazioni di
Berlusconi che, appena saputo della scorta assegnata alla teste (nel 1995, ndr), chiese subito a Dotti se fosse da rapportare a dichiarazioni sul
gruppo Fininvest». È piuttosto la «documentazione bancaria» a «costituire
eclatante riscontro» all’Ariosto e «prova dell’agire dei corruttori per conto
della Fininvest».
TRA ATTENUANTI E PRESCRIZIONE — E a fare la differenza tra Previti (5 anni
destinati però a prescriversi se prima di novembre non arriverà anche il
verdetto di Cassazione) e Berlusconi (già prescrizione), restano solo le
attenuanti generiche, negate in primo grado a Previti dai giudici Ponti-
D’Elia-Brambilla nel 2003, e concesse invece nel 2004 a Berlusconi (con
l’effetto di far scattare la prescrizione) dai giudici
Castellano-Abate-Mastrominico, subentrati nel processo-stralcio al solo premier
dopo che la Consulta aveva dichiarato incostituzionale la legge Schifani
(propugnata da uno degli avvocati-deputati del premier e approvata dalla sua
maggioranza) sull’immunità alle 5 più alte cariche dello Stato: una legge nel
frattempo comunque servita a sganciare dal «treno» di Previti il premier, ora al
riparo anche del processo in appello grazie a un’altra legge (pure firmata dal
suo avvocato-deputato) che vieta ai pm di impugnare le assoluzioni di primo
grado.
Anche i giudici d’appello di Previti, infatti, gli negano le attenuanti
generiche dell’«incensuratezza»: per «la gravità dei fatti idonei a minare la
fiducia del cittadino nello Stato», e perché «sarebbe paradossale ritenere degna
di considerazione, ai fini del beneficio, una condizione che dovrebbe
caratterizzare ogni cittadino, specie un magistrato e due avvocati».
TANGENTE, NON PARCELLA — All’avvocato Previti, i giudici spiegano che «non
è certo in discussione che abbia svolto attività professionale all’estero (anche
di elevato livello) per Fininvest», avendo «di pari livello» gli «onorari» e il
«tenore di vita». Invece, «è in discussione se proprio quel bonifico, con quelle
determinate caratteristiche che documentalmente evidenziano un rapporto diretto
Fininvest-Previti- Squillante, rientri nei pagamenti di parcelle, sia pure in
nero ed estero su estero». E la risposta degli atti, per i giudici, è no. Per
«la provenienza della provvista da conti intestati a funzionari Fininvest che
Previti ha affermato di non conoscere». Per «il passaggio (nel volgere di
qualche ora) della somma al conto Rowena del magistrato Squillante a seguito di
indicazione alla banca del riferimento “orologio” proveniente da Previti». E per
la friabilità della tesi di Previti sui 434.000 dollari come «compensazione» di
export-import di denaro all’estero regolata da Pacifico a insaputa di ignari
Previti e Squillante: «Previti sicuramente si serviva di Pacifico come
“compensatore” — rileva la Corte —. Ma su 34 operazioni dal 1986 al 1995, tutte
mediante accredito su vari conti di Pacifico, solo quella in esame sarebbe
avvenuta con bonifico sul conto corrente di un terzo». Guarda caso, un giudice:
Squillante.
ASSOLUZIONE SME CONFERMATA — I giudici La Bruna-Polizzi-Spina condannano la
terna «corruttore Previti, concorrente consapevole Pacifico, corrotto
Squillante» anche per altri 100 milioni nel 1988 «provenienti da Barilla (lo
scomparso Pietro,
ndr), socio della Fininvest nella Iar», la cordata suscitata nel 1986 dal
premier Craxi e organizzata da Berlusconi per stoppare la vendita a De Benedetti
della Sme da parte dell’Iri di Prodi. Ma i giudici, pur intravvedendo nei
«bonifici Barilla, in via logica, una provvista corruttiva correlata a promessa
di procurabile intervento a favore del buon esito della vicenda giudiziaria»,
alla fine conteggiano i 100 milioni ancora solo sul generico «libro paga» di
Squillante (non per Sme); e scollegano gli altri 750 dallo stop dato a De
Benedetti dalla sentenza civile del giudice Filippo Verde, assolto con Previti e
Pacifico perché «dagli atti non emerge con certezza che il denaro sia andato
effettivamente a Verde»; anzi, «appare del tutto improbabile che la retribuzione
sia avvenuta a distanza di circa due anni dalla decisione».