23 Novembre 2005
Se l’opposizione contraddice il risultato delle primarie
Autore: Massimo Franco
Fonte: Corriere della Sera
Raccontano che Romano Prodi non si aspettasse un «effetto primarie» così effimero. Dopo la messe di voti raccolti il 16 ottobre scorso, il candidato dell’Unione a Palazzo Chigi sperava di avere piegato le resistenze e gli egoismi dei partiti alleati. Invece, nel centrosinistra sembra quasi di essere tornati al gelo di luglio.
Il passo avanti, e non da poco, è che la leadership prodiana viene riconosciuta da tutti: d’altronde, sarebbe singolare il contrario, dopo oltre quattro milioni di consensi al Professore.
Ma il braccio di ferro nella Margherita rimane. Le primarie a livello locale vengono guardate come il pretesto per «un regolamento di conti fra partiti». E gli alleati sono costretti a rinviare qualsiasi riunione, nel timore che finisca senza un accordo.
Per questo, il vertice fra Ds, Margherita e Prodi, che sembrava questione di ore, slitta alla prossima settimana. La contesa sulla gestione dei finanziamenti elettorali costituisce una sacca di risentimenti e di imbarazzo, dalla quale continuano a uscire veleni.
Ieri, Francesco Rutelli ha affrontato il partito con una lunga lista di recriminazioni contro la minoranza ulivista capeggiata da Arturo Parisi. Sono volati scambi di accuse su una guerra interna combattuta sui giornali.
Ed è stato puntato l’indice sul «signor Rovati»: Angelo Rovati, il tesoriere di Prodi, reo di avere messo in piazza la questione dei soldi. «Sono problemi» ha protestato l’ex premier Lamberto Dini «da affrontare nelle sedi proprie».
Con onestà, Parisi ha riconosciuto che la situazione è ancora bloccata; ma è destinata a risolversi. «Sono sicuro che ci siamo ascoltati e non solamente sentiti» ha commentato. Il rinvio della riunione dei tesorieri è stata decisa proprio per far maturare un accordo: quello che ieri il segretario dei ds, Piero Fassino, ha in qualche modo assicurato.
«Stiamo lavorando per individuare le soluzioni migliori e per garantire che sia l’Unione, sia l’Ulivo, sia i partiti possano condurre la campagna elettorale con tutti gli strumenti e le risorse necessarie» ha detto, con un elenco significativo degli interlocutori.
«Nel giro di pochi giorni troveremo le soluzioni». Ma «le soluzioni» non riguardano soltanto i finanziamenti.
E’ probabile che quando si troveranno a tu per tu con Prodi, Fassino e Rutelli avranno in tasca l’intesa anche sul modo in cui saranno formate le liste.
Soprattutto, si sarà capito se l’ex numero uno della Commissione Europea, candidato dell’Unione a Palazzo Chigi, le capeggerà ovunque oppure no.
Nei giorni scorsi, i diessini avevano fatto sapere che sia il segretario, sia il presidente, Massimo D’Alema, aspiravano a guidare la lista almeno in una circoscrizione elettorale.
«E’ un problema di visibilità agli occhi dei militanti» si spiegava. Oltre tutto, ormai la candidatura di Prodi è stata puntellata e consacrata dalle primarie; e, dunque, non sarebbe più necessario imporla dovunque.
L’ipotesi di presentare più capilista sembrava rientrata dopo alcune rimostranze uliviste. Ma adesso sta riaffiorando; e con un gioco di sponda diessino con la Margherita, che vorrebbe una circoscrizione anche per Rutelli: probabilmente il Lazio.
Non si tratta solo di un’operazione di immagine. Dietro, si scorge il tentativo di bilanciare l’onnipresenza di Prodi; e di evitare che il «cartello» Ds-Margherita venga percepito come embrione del «partito del presidente».
La presenza, seppure limitata, di Fassino, D’Alema e Rutelli, risponde alle regole del sistema proporzionale che entrerà in vigore.
E appare speculare a quella dei segretari delle forze di governo, che pure appoggiano la candidatura di Silvio Berlusconi. Con la nuova legge elettorale, conciliare leadership di partito e di coalizione è quasi un obbligo.