ROMA Giorno di Pasquetta, gita fuori-porta sul Gargano, con moglie e figli al seguito. Massimo D’Alema si concede una pausa di riposo in questa campagna elettorale faticosa, animosa, fino all’ultimo respiro. La Puglia, fianco a fianco di Nichi Vendola (chi l’avrebbe mai detto?), resta la sua postazione avanzata e preferita nella battaglia delle regionali: «Il tempo è corrucciato, ma anche senza sole questo mare risplende». E ragiona, D’Alema, dell’asprezza dello scontro a pochi giorni dal voto, della paura di Berlusconi di perdere, dell’ottimismo del centrosinistra di vincere: «E’ sempre successo che chi vince le regionali poi conquista anche le politiche». Parla dell’ ambiguità di certi appelli delle gerarchie cattoliche , «che sarebbe meglio risparmiarsi», e dell’ imbroglio di collocare il Referendum confermativo costituzionale solo dopo le elezioni politiche «mentre invece si dovrebbe prima decidere le regole del gioco e poi giocare». Infine una preoccupazione: in nove regioni su 14, Lazio compreso, i partiti dell’Ulivo si sono presentati uniti nella Federazione: «E’ importante che i cittadini capiscano e premino questa novità: ci hanno chiesto di essere uniti, adesso dipende anche da loro la nostra unità».
Ma torniamo alle risse di queste ore prima sulle firme false per la Mussolini, poi sulla banca-dati del Campidoglio violata, infine sullo ”svarione” dell’Unità con Storace. Un crescendo che secondo alcuni ha portato ad uno «scontro drammatico» tra maggioranza e opposizione. Adesso fioriscono appelli alla moderazione per non spaventare i cittadini di fronte al voto delle Regionali: ma come si fa secondo lei, onorevole D’Alema, a recuperare il senso della misura?
«Condivido questi appelli e io per primo sono convinto della necessità di ricondurre il confronto politico alla normalità. Poi però non capisco le polemiche contro di noi per le firme alla Mussolini, questo dibattito sul ”soccorso rosso” fondato sul nulla. Nel senso che al di là di qualche caso di consiglieri comunali che hanno convalidato alcune firme, come atto dovuto, non c’è alcun riscontro obiettivo di una solidarietà della sinistra nei confronti della lista di Alternativa sociale: è un’invenzione di sana pianta, che ha alimentato un dibattito più impetuoso delle notizie. Il problema vero è che Storace, non tollerando la presenza della lista Mussolini, ha brigato per farla escludere dalle elezioni creando un clima insostenibile nel Lazio. Di questo si tratta: di Storace e del Lazio, altrove non è successo un bel niente. E, me lo lasci dire, siamo di fronte a un fenomeno tutto romano, che nasce da Storace che vive drammaticamente la possibilità di un’alternanza. Appunto».
Una drammatizzazione che sembra aver convinto Berlusconi a impegnarsi in prima persona e a riconoscere valore politico a queste elezioni: lei che ne dice?
«Non c’è dubbio che il voto di 41 milioni di cittadini è un grande evento politico, anche perché è sempre successo che chi ha vinto le regionali dopo ha vinto anche le politiche. Ma Berlusconi prima ha detto che non era vero niente, poi che avrebbe comunque contato i voti, adesso parla di test politico. Insomma non teme di dire tre cose diverse in quattro giorni, perché è un uomo abituato a non essere preso sul serio. La verità è che il premier è preoccupato di motivare i suoi elettori che sono demotivati e li chiama in servizio, drammatizzando questa prova elettorale».
Berlusconi fa un parallelo con la sua vicenda di 5 anni fa e dice che lui, a differenza sua, non ha alcuna intenzione di farsi legittimare o delegittimare da un voto regionale. Come risponde?
«Berlusconi non ci pensa proprio a dimettersi, non avevo alcun dubbio in proposito. Per dimettersi di fronte a un voto popolare che ti toglie il consenso, ci vuole una particolare sensibilità democratica. E Berlusconi non dispone di questa sensibilità. Dopo di che il presidente del Consiglio è legittimato da un voto parlamentare e, quindi, anche se gli viene meno il consenso del Paese può far finta di nulla e continuare a governare. La speranza è che, continuando, non produca altri danni. Per questo avevo proposto di abbinare voto regionale e voto politico, pensando al bene del Paese. Ma la destra non ha a cuore il bene del Paese».
Lei oggi rifarebbe il gesto di dimettersi?
«Io mi dimisi per una ragione politica ben precisa: siccome il centrosinistra non voleva me come futuro premier, lo misi nelle condizioni di scegliere un altro presidente del Consiglio che fosse il candidato su cui puntare nel 2001. Il mio fu un atto di responsabilità nei confronti dell’Italia e del centrosinistra. Quello che successe dopo non fu affar mio: io mi dimisi, ripeto, per aiutare il centrosinistra».
Ma è vero che chi perde o vince nel Lazio, perde o conquista Palazzo Chigi?
«In questi termini proprio no. Certo il voto nel Lazio è importante, ma lo è alla stessa maniera anche in Piemonte o in Puglia».
Berlusconi sostiene che si conteranno i voti, non i governatori
«Si conteranno sia i governatori che i voti. E’ importante la somma sia dell’una che dell’altra cosa».
A suo parere una pesante sconfitta del centrodestra che conseguenze dovrebbe avere per il governo?
«Se questo dovesse essere, credo che il governo dovrà attenersi nei prossimi mesi ad una regola di autocontrollo . Cioè un governo chiaramente in minoranza nel Paese non può esagerare nel fare riforme o cambiamenti non condivisi, e in tal senso spero che questa orribile legge costituzionale si fermi. Dunque: nel momento in cui Berlusconi constaterà di essere minoranza, ne tenga conto e abbia un comportamento responsabile».
E per il centrosinistra in che caso si potrà parlare di successo?
«Se il centrosinistra va avanti rispetto alle precedenti elezioni, è un successo; a partire da una regione in più, è un successo. Naturalmente c’è un piccolo successo, un successo o un grande successo, si tratterà insomma di vedere quali saranno le dimensioni. E’ comunque curioso che oggi qualcuno del Polo dica: ”dipende”… Come se chi vince in una finale di Coppa dei campioni per 1 a 0 non avesse vinto».
Dopo aver sentito il cardinal Ruini, che chiede ai cattolici di votare chi rappresenta e difende i valori del cattolicesimo, non le sembra si corra il rischio di un ritorno al passato, con una Chiesa che rimette le mani in pasta nella politica nazionale?
«Questi appelli sono carichi di ambiguità. Non è per niente chiaro chi rappresenta fino i fondo i valori del cattolicesimo visto, per esempio, che un Papa cattolico si è battuto fino in fondo contro la guerra in Iraq e il nostro governo invece l’ha appoggiata. Insomma, in un sistema bipolare, non è facile nè automatico distinguere. Ed essendo dunque così ambigui, se il cardinal Ruini se li risparmiasse questi appelli, sarebbe anche meglio».
Anche l’appello all’astensione nel Referendum sulla procreazione assistita ha un sapore ambiguo?
«Trovo che l’insegnamento morale della Chiesa dovrebbe essere una cosa diversa da un’indicazione di voto. E comunque il Referendum viene dopo le regionali, facciamo una cosa per volta. Non vorrei che si confondessero le acque e che un appello al non voto referendario finisse per riguardare le elezioni del 3 e 4 aprile prossimi».
Riforma costituzionale, un altro macigno sulla strada della normalità del confronto politico: lei come la pensa?
«La decisione di approvare questa riforma alla vigilia delle regionali, è stata un’autentica provocazione voluta dalla Lega per ragioni elettorali e subita da Forza Italia, An e Udc. Persino sconcertante è la subalternità dimostrata da questi partiti agli ordini di Calderoli. Ritengo che questo pasticcio verrà clamorosamente bocciato dai cittadini».
E a proposito del Referendum confermativo solo dopo le elezioni del 2006?
«Questo è un imbroglio. Se è vero, com’è vero, che questa riforma stravolge l’attuale ordinamento, i cittadini dovrebbero sapere prima del voto che cosa vanno a votare. Prima si stabiliscono le regole del gioco, e dopo si gioca, quindi è ovvio che il Referendum va fatto prima del 2006. La verità è che chi lo vuole dopo, ha paura del responso popolare e per questo imbroglia».
Come giudica l’appello del presidente della Camera a evitare strumentalizzazioni elettorali su valori quali l’antifascismo e l’unità d’Italia?
«Anch’io sono contrario a strumentalizzare questi valori, nella misura in cui appartengono a tutti. Se però vengono messi in discussione, allora è legittimo difenderli».
Un’ultima cosa, onorevole D’Alema: la Cdl già parla di sue candidature per il Quirinale e Berlusconi in due occasioni ha fatto il nome di Gianni Letta. Ma voi, candidati presidenti della Repubblica ne avete?
«Il centrosinistra dispone di personalità molto forti, non c’è che l’imbarazzo della scelta. Ma la differenza tra noi e loro è che il nostro criterio parlamentare non è quello di scegliere un candidato per imporlo agli altri, bensì indicare una scelta da condividere anche con l’opposizione. Ma siccome il presidente della Repubblica lo eleggerà il prossimo Parlamento, Berlusconi può dire quello che vuole, tanto non avrà la maggioranza. E per fortuna, altrimenti pretenderà di essere eletto lui. Altro che Letta».