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1 Aprile 2007

Se Arturo è tentato dalla scissione

Autore: Antonella Rampino
Fonte: La Stampa

Adesso le ricostruzioni degli
analisti parleranno del solito Arturo Parisi che come motto avrebbe «meglio
perdere che perdersi». Adesso si elaboreranno scenari politici., Adesso si
guarderanno in controluce le biografie, e si cercherà di scoprire cosa c’è
dietro, se davvero ha in mente di entrare nel Partito Democratico con
un’avanguardia della società civile, e magari sottobraccio a Walter Veltroni,
quello al quale il 18 gennaio del 2000, giorno d’inizio del congresso del Pds al
Lingotto, notificò via intervista uno «scioglietevi!», mentre quello stava
fondando i Ds.

Però come si fa a dar torto al professor Parisi -non proprio un
novellino della politica- l’uomo che il Prodi II ha posto sulla stessa poltrona
che il Prodi I aveva dato a Beniamino Andreatta, quando dice «l congressi della
Margherita sono risse di potere, segnate da una diffusa illegalità e dal
disprezzo di ogni regola, oltre che dal totale disinteresse verso la politica»?
In effetti, l’uno contro l’altro armati lungo tutto il Belpaese si sono dati
battaglia mariniani e rutelliani, demitiani, franceschiniani e lettiani. In
effetti «ovunque andasse in giro per l’Italia, il Professore apriva un giornale
e leggeva quelle cose lì», dicono dallo staff di Palazzo Baracchini.

I congressi
della Margherita come un enorme, lunghissimo blog alla Beppe Grillo. E intanto
la commissione di probiviri a Roma inondata di proteste. Inutilmente. «Possiamo
decidere solo all’unanimità, e se non si trova l’accordo politico non se ne può
far niente», diceva il prodiano (e parisiano) Natale D’Amico sfogliando faldoni:
125 ricorsi da 84 diverse province. Mille e seicento nuove tessere contestate a
Caserta, ad Avellino voto impedito ai rutelliani poiché sospettati di voler
bloccare l’elezione di un coordinatore che di nome fa Giuseppe, ma di cognome De
Mita. Congresso rinviato a Salerno per mancanza d’intesa politica tra demitiani
e rutelliani,. e poi quando s’è tenuto i garanti l’hanno dovuto annullare nel
corso di una riunione ai limiti della rissa. E poi Napoli: quando infine si
trova l’accordo sul senatore Antonio Polito nel ruolo di coordinatore cittadino,
il giorno della consacrazione arriva una doccia fredda: Rosa Russo Iervolino
manda solo un telegramma di congratulazioni.

I giornalisti, ma per carità solo
loro, sospettano che una nomina propugnata da Rutelli e De Mita spiaccia non
poco all’asse Iervolino-Bassolino, e che di mezzo a far litigare tutti ci sia
pure quel miliardo e passa (in euro) di fondi europei dei quali De Mita s’è
tanto spesso lamentato, «qui manca un vero grande progetto». E poi com’era
cominciata la reprimenda del professor Parisi? Con un giornalista che chiedeva
se per caso stesse andando al congresso della Margherita del Lazio. Figurarsi:
Roma è stata la pietra dello scandalo, il partito finì tra gli sberleffi di
«Striscia la notizia» per il caso delle tessere gonfiate. E- con gli
anabolizzanti: passate in pochi mesi da l3mila a quasi 50mila. Come dire che
s’era iscritto al partito un elettore su tre della Margherita, come dire che a
Roma i diellini sono tre volte i diessini. E il tutto affinché a Rutelli e
Marini fosse possibile stringere un accordo sul nome del nuovo segretario
provinciale, al posto di Roberto Giochetti (fra i primi a ironizzare sul numero
degli iscritti).

Adesso Giachetti se la ride, «il professore critica congressi
che sono andati come sono andati anche grazie a regole ché lui ha partecipato a
stilare». Adesso Darlo Franceschini si risente, mentre la sua voce va e viene
dal treno che lo riporta a Roma dal congresso regionale che s’è tenuto a
Bologna, «mi spiace che Arturo la veda così, è ingiusto che qualche incidente di
percorso possa gettare un’ombra sui congressi e sulle migliaia di militanti che
hanno scelto il Partito Democratico». Adesso tutti paventano che il professore
si metta alla testa di un’élite scelta, e che porti: la sua pattiglia nel
partitone futuro. Cosa che del resto lui non nasconde. Sempre però che, prima,
«si faccia autocritica».