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7 Agosto 2005

Scalfaro: la questione morale è ancora viva Alla sinistra ricordo che i valori morali non cadono in prescrizione e si possono risvegliare

Autore: Marzio Breda
Fonte: Corriere della Sera

ROMA – Il 2 giugno scorso Oscar Luigi Scalfaro è entrato nel sessantesimo anno di vita politica. Un ciclo lunghissimo, che lo ha portato dalla Costituente alla presidenza della Repubblica, e durante il quale ha visto molte volte la questione morale all’ ordine del giorno del Parlamento. Quasi sempre con scarso successo per i destini del Paese. Succede di nuovo oggi, dopo che Arturo Parisi, in un’ intervista al Corriere, ha evocato appunto il rapporto fra etica e cosa pubblica chiamando in causa il centrosinistra e adombrando, dietro le nomine Rai e la scalata Unipol-Bnl, «intrecci oscuri e insidiosi» e «troppe commistioni» fra partiti ed economia. Una polemica che all’ ex capo dello Stato suscita «più interrogativi che risposte». Perché il tema è di quelli da «sollevare in modo permanente e con nitidezza». Infatti, sostiene, «non dovrebbe lasciare adito neppure al sospetto che lo si utilizzi per far fuori politicamente qualcuno o per vincere una qualche partita». Per lui, «il richiamo ai valori morali deve partire da un grande desiderio di pulizia, che è l’ interesse primario dei cittadini, piuttosto che per mettere qualcuno sul banco degli imputati gridando allo scandalo».


Presidente Scalfaro: c’ è chi tira in ballo la «sensibilità berlingueriana», a suggerire che la pretesa «diversità etica» della sinistra non esiste più. Ma ha senso, su un argomento simile, riesumare la geografia politica della Prima Repubblica?

«Sì, il nome di Berlinguer lo si associa alla questione morale. Come i nomi di tanti altri della vecchia guardia, da Einaudi a La Malfa, che non erano certo terziari francescani. Mi viene in mente Saragat, che si sfogò davanti a me con un ragionamento che non ammetteva alternative: “O la politica rispetta l’ etica o non è politica”. E mi viene in mente soprattutto il fervore di De Gasperi, di cui ricordo un messaggio a noi giovani della Dc, che mi parve ispirato a un motto eterno: Honeste vivere, alterum non ledere, unicuique suum tribuere».


Che cosa vi disse, De Gasperi? E vale anche adesso quel discorso, in particolare per l’ alleanza di centrosinistra?

«Il suo era un precetto semplice e rigoroso: “Badate che anche i comportamenti della vostra vita privata siano in assoluta armonia con i princìpi che sostenete sul piano politico”. Ci chiedeva insomma una salda coerenza, in famiglia, nel lavoro, negli affari, in Parlamento. Discorsi impensabili, ai giorni nostri».


Torniamo alle discussioni che sono oggi più accese dentro l’ opposizione. Come le interpreta?

«Detto una volta per tutte che i valori morali non cadono in prescrizione e che ci possono essere sempre giusti motivi per risvegliarli anche a uso della classe politica, non comprendo se il problema sollevato sia morale o politico. D’ istinto, sospetto più la chiave politica. Nei mesi scorsi ci sono state diverse polemiche ad agitare le acque del centrosinistra: sul controllo delle spese nelle Regioni appena conquistate, su chi si era sacrificato mangiando solo pane e cicoria, sulle primarie e ora su questi presunti intrecci fra politica e affari. Vorrei capire scopi e intenzioni di queste mosse. Spero non siano indizi di debolezza della coalizione».


La questione morale è tornata al centro dell’ agenda politica anche per il caso Bankitalia. Qualcuno, come l’ ex procuratore Borrelli, parla di «similitudini con Tangentopoli» e sostiene che la degenerazione delle istituzioni non è mai stata arginata sul serio.

«Purtroppo è successo che una parte del mondo politico ha progressivamente imposto una lettura di quella stagione come se si fosse trattato di una abnorme patologia, il frutto di un’ operazione politica della magistratura per liquidare la Dc e il Psi. Certo, io stesso, da capo dello Stato, presiedendo il Consiglio superiore della Magistratura censurai alcuni eccessi, ad esempio le manette facili e le incarcerazioni prolungate per strappare confessioni. Ma mi chiedo: erano davvero tutti innocenti e perseguitati coloro che finirono sotto processo? E, quanto al golpe giudiziario di cui alcuni strepitano, è forse nato un governo dei magistrati, in Italia? Ancora: non c’ erano forse stati arricchimenti e abusi intollerabili? E infine, venendo all’ oggi: vogliamo davvero credere che un malcostume così diffuso si sia convertito in comportamenti virtuosi dalla mattina alla sera?».


Guarda caso dilagano i testi di sconcertanti intercettazioni telefoniche. Pagine che alzano il velo su «comportamenti contrari all’ etica», come li ha definiti Giuliano Amato.

«L’ esperienza mi ha insegnato che il segreto istruttorio è un pio desiderio. Penso però che bisognerebbe rivedere l’ intero sistema di norme e garanzie, su questo fronte, e punire in modo esemplare le mascalzonate di chi espone le persone al massacro, magari persone neppure rinviate a giudizio. Temo i polveroni costruiti ad arte. E le giro un paio di interrogativi: è possibile che tutto, in Italia, debba finire sul tavolo dei magistrati, senza prima altri setacci? Vicende di sport, controversie amministrative, vertenze sulla sanità e perfino sulle discariche dei rifiuti? Una certa supplenza dei giudici ci sarà sempre, se il sistema non saprà autoriformarsi a partire da versanti come questi».


Venendo ancora al caso Bankitalia, la politica si divide sulla sorte del Governatore. C’ è chi ne pretende le dimissioni e chi si rimette a un suo gesto di «sensibilità». Che cosa le sembra più opportuno?

«Ho sempre avuto grande considerazione per Antonio Fazio. Fui, da capo dello Stato, coinvolto nella sua nomina e rammento che ebbi il conforto di diverse personalità che avevano titolo per esprimersi. Dai responsabili della Commissione di vigilanza di Palazzo Koch al premio Nobel Modigliani, che definì Fazio il migliore allievo di tutta la sua carriera di docente. Su che cosa sia più opportuno fare, direi che bisogna in primo luogo tenere presenti i riflessi internazionali sull’ Italia».


Ora, siccome i riflessi sono pesantemente negativi, sarebbe bene che Fazio si facesse da parte. E’ questo che intende, Presidente?

«Non sono favorevole a processi sommari né a stiracchiare la faccenda per l’ intera l’ estate, nella solita speranza tutta italiana che le patologie guariscano da sole, perché semmai si cronicizzano. Il diritto fondamentale di una persona che in qualche modo si trova sotto accusa è quello di potersi difendere. Meglio dunque un chiarimento subito, dello stesso Governatore. Mi sembra anzi indispensabile, ormai. E, a seconda di quanto emergerà, si vedrà che cosa sia meglio fare».


Un’ ultima questione sulla quale il mondo politico pare indeciso a tutto e sotto stress è quella che riguarda scalate finanziarie a banche e mass media, come la Rcs. Si parla di vecchio capitalismo e nuovi raider…

«Pure questo caso mi sollecita una domanda: esiste un diritto della finanza ormai stabilizzata, quella cosiddetta “nobile”, che a sua volta fu magari rampante 30 o 50 anni fa, a chiudere le porte ai nuovi che premono? Sono persuaso che le porte debbano essere aperte e transitabili per tutti, a patto che rispettino le regole di chiarezza assoluta sui patrimoni impegnati. Del resto, per assicurare questa trasparenza fondamentale esistono delle Autorità di controllo. Vanno messe in condizione di lavorare al meglio».