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11 Gennaio 2006

Scalata Telecom, le rivelazioni di Gnutti

Autore: Paolo Bondani
Fonte: Corriere della Sera


Corriere della Sera




Paolo Biondani

11-01-2006


MILANO – Le indagini dei pm milanesi si allargano all’intero dossier Telecom e gettano nuova luce sulla rete di intrecci azionari e operazioni riservate che hanno accompagnato e seguito la «scalata del secolo».

A mettere a verbale le prime rivelazioni, che i magistrati ora vogliono verificare e riscontrare, è stato Emilio Gnutti, che nel 1999 guidò la conquista della compagnia telefonica e la cessione nel 2001 al gruppo Pirelli: affare che garantì al finanziere bresciano e ai suoi alleati una storica plusvalenza di oltre due miliardi e mezzo di euro. Questa svolta nelle indagini, secondo Radiocor (l’agenzia di stampa del Sole 24 Ore), starebbe offrendo ai pm «la possibilità di ricostruire intrecci clamorosi a tutto campo tra affari e politica».

Il nuovo troncone d’inchiesta avrebbe convinto la Procura della necessità di riesaminare tutti i capitoli chiave della vicenda: la scalata iniziale a Olivetti-Telecom, realizzata attraverso la società lussemburghese Bell, controllata dall’Hopa di Gnutti e soci; la vendita al gruppo Pirelli di Marco Tronchetti Provera; le successive operazioni su titoli Hopa e di altre società collegate, che hanno spesso coinvolto compagnie off-shore e fondi con sede in paradisi fiscali. Proprio questa sarebbe la ragione che ha spinto i pm a secretare l’interrogatorio del 24 dicembre di Gnutti, che poi si è dimesso da tutte le cariche.

Gli inquirenti ieri non hanno confermato (ma nemmeno smentito) le indiscrezioni sulla scelta di Gnutti di collaborare, di cui comunque restano da valutare il livello e la completezza. I pm hanno invece sostenuto di non aver parlato di Telecom nel vertice di ieri con i magistrati romani, che si sarebbe chiuso con la conferma delle rispettive competenze.

Di certo Gnutti, già indagato con il banchiere Fiorani per quella scalata ad Antonveneta che ora è considerata l’atto finale di un’«associazione per delinquere» attiva da anni, nello stesso verbale ha rivelato ai pm milanesi di aver versato circa 48 milioni di euro a Gianni Consorte e Ivano Sacchetti, i dirigenti di Unipol ora dimissionari, proprio a partire dalla cessione di Telecom nel 2001. Soldi che Consorte ha giustificato con ipotetiche consulenze anche sul prezzo di Telecom. Sul piano economico i misteri da chiarire non mancano. La scalatrice Bell nel ’99 era presieduta da Romano Binotto, già braccio destro di Pino Berlini, inquisito da Mani Pulite come gestore dei fondi neri della Montedison di Gardini e Garofano.

Lo stesso Binotto è ricomparso in una società schermo usata nel 2002 per un’operazione a favore di Unipol per cui ora Consorte è imputato di insider trading con Gnutti. Tra gli azionisti di Bell, con il 5,9%, compariva inoltre un misterioso fondo delle isole Cayman (Oak Fund, che significa «fondo della quercia»), gestito da Giorgio Magnoni per conto di sottoscrittori rimasti anonimi. E nel capitale Olivetti, nella primavera 2001, entrarono anche Fininvest e Mediaset, che ne uscirono con forti perdite prima che nel 2002 il gruppo Berlusconi rientrasse a sorpresa nel «salottino» bresciano di Hopa. Accanto a soci forti come i «rossi» di Unipol e Interbanca-Antonveneta. Mentre «culla» della scalata fu la Banca Agricola Mantovana, acquisita dal Montepaschi proprio all’epoca dell’Opa.

Una rete di intrecci che ora l’inchiesta potrebbe svelare. Ieri intanto i pm hanno interrogato il dirigente Bpi Donato Patrini e l’ex segretario di Fiorani, Rosario Mondani: deposizioni dirette a cercare riscontri alle dichiarazioni del banchiere e del suo braccio destro Gianfranco Boni (tra loro però discordanti) sull’ipotesi di finanziamenti a parlamentari della Lega Nord.