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16 Febbraio 2005

Rutelli: non temo di essere in minoranza In Parlamento serviva una nostra iniziativa

Autore: Francesco Verderami
Fonte: Corriere della Sera

ROMA — Il « rametto dell’Ulivo » non si cura dell’ironia di Romano Prodi né si mostra intimidito per la sconfitta subita nell’assemblea della Federazione, perché « ci sono momenti in cui bisogna esprimere le proprie opinioni e non si deve aver paura di andare in minoranza se si hanno delle idee diverse » . Il « rametto dell’Ulivo » d’altronde è abituato a finir sotto in politica estera, « già quando in Parlamento si votò per la prima volta la missione in Afghanistan mi ritrovai nel centrosinistra insieme a un pezzo della Margherita e alla pattuglia dello Sdi. Anche allora fui duramente attaccato dagli alleati, che poi mutarono la loro posizione. Oggi votiamo tutti assieme » . Perciò il « rametto dell’Ulivo » prova a mostrarsi ottimista, « confido che quanti sono oggi minoranza nella Federazione sull’Iraq, si ritrovino in futuro in maggioranza sulla politica estera » .
Semmai Francesco Rutelli è dispiaciuto per la scelta adottata durante la riunione della Fed, perché « si è persa l’occasione di affermare la posizione riformista nell’Unione, ed è evidente che nel centrosinistra c’è una grande necessità di trasformare le parole in gesti concreti » . Il presidente della Margherita si rivolge a Romano Prodi e Piero Fassino, su questo non ci son dubbi, « sono rimasto sorpreso — dice — dal rifiuto che è stato opposto alla mia proposta di presentare con un ordine del giorno parlamentare la strategia politica della Federazione. Mi era parsa una proposta ragionevole e un compromesso onorevole per tutti » .
Ed è così che Rutelli inizia il racconto sullo strappo: « Serviv a a mio avviso un ordine del giorno, ne avevo parlato la sera prima con il segretario dei Ds, che mi aveva dato la sua disponibilità. Tanto è vero che avevamo messo al lavoro su un testo i responsabili esteri dei nostri partiti: Marina Sereni e Lapo Pistelli. Quello stesso testo che è stato poi adottato dai capigruppo dell’Ulivo. Mi pareva naturale, visto che avevamo sempre accompagnato il nostro voto sul decreto di finanziamento della missione in Iraq con un odg, riaffermando di volta in volta il nostro giudizio negativo sulla guerra, e dispiegando la nostra strategia alternativa a quella del governo » .

Perché Fassino ha cambiato idea?
« Evidentemente ha verificato che sul tema di votare un atto parlamentare la maggioranza della Federazione la pensava in modo diverso. L’assemblea ha preferito privilegiare l’intesa con Fausto Bertinotti. Già durante l’ultimo vertice avevo espresso il mio timore sul fatto che — invece di affermare una linea forte — l’Ulivo si preoccupasse innanzitutto di trovare un punto di accordo con la sinistra massimalista. Concordammo di prendere un’iniziativa verso il governo per sfidarlo a cambiare posizione, altrimenti avremmo votato contro. Pensavo a un incontro, anche se intuivo i rischi di un’operazione del genere. L’altra soluzione era appunto presentare una nostra proposta in Parlamento, su cui Prodi era più prudente. Sia chiaro, ci atterremo al voto dell’assemblea, votando tutti contro il decreto. Noi siamo critici verso Berlusconi, che assume la guerra come strumento per la creazione della democrazia in Iraq, lo riteniamo un precedente pericoloso, per questo chiedevamo un gesto di discontinuità, ma… » .

Ma?
« Ma non possiamo far finta che con le elezioni non sia accaduto nulla in Iraq né possiamo condividere giudizi irresponsabili di una parte della sinistra radicale » .

Invece avete accettato l’imposizione di Bertinotti, che minacciava la rottura con un suo documento.
« Si è preferito sorvolare sulle obiettive differenze in politica estera, si è rinunciato a proporre con chiarezza la nostra strategia alternativa al governo per l’uscita graduale dall’Iraq: l’intervento dell’Ue, della Nato, dell’Onu » .

Chiedete che non si ritirino le truppe e poi votate contro il rifinanziamento della missione: se oggi foste al governo e doveste gestire la presenza dei militari italiani, come vi comportereste?
« Nove mesi fa votammo per il rientro delle nostre truppe, e lo avremmo disposto se fossimo stati al governo. Oggi, nel pieno del processo di approvazione della Costituzione e in vista dell’elezione del nuovo Parlamento iracheno, noi prenderemmo un’iniziativa politica internazionale, ma non disporremmo il ritiro delle truppe. Perciò sarebbe stato giusto e utile precisarlo in un ordine del giorno » .

Se foste stati al governo non avreste avuto l’appoggio di Rifondazione.
« In politica estera esistono differenze in entrambi i poli: con la Lega a destra e con il Prc a sinistra. Intanto, però, occorre che la Federazione dell’Ulivo diventi il timone dell’Unione.
Osteggiamo la politica di Bush, l’antiamericanismo non appartiene alla nostra cultura politica, e penso che il centrosinistra dovrebbe essere molto attento, oltre che alle prese di posizione degli Ulema sunniti, anche alle richieste di collaborazione che giungono da Farid Zakaria a Hillary Clinton. Dobbiamo essere più aperti verso il processo di ricostruzione iracheno e verso le potenzialità democratiche oggi ancora gravemente a rischio » .

Quelle «potenzialità democratiche » emerse in Iraq, sono o no il risultato dell’intervento militare?
« Il peccato originale della guerra non lo assolveremo mai, ma non saremo mica schierati per il tanto peggio tanto meglio, spero… Se l’Iraq evolve verso una repubblica federale e laica, invece di precipitare in un sistema teocratico, è un problema anche nostro. Non basta dire solo: eravamo contrari alla guerra. Ed è evidente che la missione della Federazione è anche individuare una politica estera riformista. È una missione vitale. Poi dobbiamo trovare un punto di accordo con l’ala radicale dell’Unione, in modo da avere una linea di politica estera autosufficiente in Parlamento. Ma se l’unità finisse per condizionarci, cosa dovremmo fare: votare contro la Costituzione europea, perche il Prc è contro? Evidentemente no. La sfida è questa » .

Non siete forse rimasti spiazzati dagli esiti della guerra e dal fatto che la transizione si sta svolgendo secondo il timing imposto dalle risoluzioni votate all’Onu?
«È iniziata una svolta perché si è avviato un processo di irachizzazione della crisi, perché gli iracheni hanno iniziato ad assumersi la responsabilità del loro futuro. E certamente il voto è anche frutto dell’intervento armato. Però su questo punto il nostro dissenso resta netto: l’obiettivo di rovesciare Saddam andava raggiunto attraverso il suo isolamento.
Esattamente com’è avvenuto con l’Unione Sovietica » . « Non è che gli Stati Uniti abbiano scatenato una guerra nucleare contro Mosca. L’Urss è crollata perché un’azione massiccia per i diritti umani, unita alla competizione militare ed economica tra i blocchi, ha portato al collasso dell’intero sistema sovietico. Così si dovrebbe lavorare anche per superare il regime nord- coreano » .

Sta facendo un elogio postumo della politica reaganiana?
« Penso sia stata migliore la strategia di Bush padre, che dopo aver vinto la guerra del Golfo e liberato il Kuwait, anziché puntare su Bagdad si fermò. E quella volta, lo sappiamo solo ora, Saddam distrusse le armi di distruzione di massa » .
« La questione irachena è sempre stata maledettamente complessa. Non c’è dubbio che sono stati in pochi quelli che nei decenni passati hanno alzato la loro protesta contro quel regime: io sono stato tra i pochi. Mi sono opposto alla collaborazione militare svolta dall’Italia e anche a quella in campo nucleare, ed ebbi parole di plauso per l’azione israeliana che bombardò la centrale atomica di Saddam. Sentire ancora qualcuno tra i banchi del centrosinistra che difende il carattere laico del partito Baath di Saddam mi indigna » .