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3 Agosto 2005

Rutelli: ” Fazio si dimetta”

Autore: Massimo Giannini
Fonte: la Repubblica

ROMA – «Antonio Fazio dovrebbe dimettersi. Non possiamo aspettare che a risolvere il problema della Banca d´Italia sia la magistratura». Francesco Rutelli l´aveva detto subito dopo le prime intercettazioni sul governatore e Fiorani: «Mi auguro che Fazio smentisca tutto». Ora, non solo non smentisce, ma afferma che lui non ha sbagliato niente. E allora il leader della Margherita, in questa intervista, rilancia le sue accuse. «Ricorda la vecchia canzone “tutto va bene madama la marchesa”? Come in quel celebre motivo degli anni ‘30, mi sembra al contrario che tutto vada molto male. È sorprendente l´indisponibilità del governatore a qualunque riflessione autocritica. Questo è un grave e preoccupante arroccamento».

Cosa la preoccupa, onorevole Rutelli? Non è normale che Fazio cerchi di difendersi?
«Qualunque autorità pubblica può sbagliare, ma se ci rende conto che qualche errore è stato commesso, è doveroso prenderne atto e cambiare direzione. Se il governatore non lo fa, questo è forse il risultato della storia di questi anni. Fazio è ormai nel 13° anno di mandato come governatore. Questa è già di per sé una seria anomalia. Basta guardare alla Bce, dove il mandato dura 8 anni. Oppure alle authority italiane, dove il mandato dura 7 anni. Ora, si può scegliere tra 7 o 8 anni, ma è certo che un mandato a vita non ha più senso. E io credo che l´atteggiamento assunto oggi da Fazio sia figlio proprio di questa anomalia».

Lei sta dicendo che è proprio il mandato a vita che fa sentire Fazio inattaccabile?
«Io credo che il mandato a vita abbia prodotto e produca un duplice effetto. Da una parte, attribuisce questa singolare condizione di eternità del potere. Dall´altra parte, induce il governatore a calarsi nelle manovre politiche».

Cosa intende per manovre politiche?
«Mi sembra evidente, in almeno tre passaggi di questi ultimi anni, che la blindatura del governatore sia avvenuta proprio attraverso accordi di tipo politico. Il primo passaggio è stato un anno e mezzo fa: l´attacco della Lega, anche violento, in occasione della vicenda Parmalat, con Bossi che chiese le dimissioni del governatore e Tremonti che condusse un braccio di ferro con Fazio. A quella crisi istituzionale si pose rimedio con un patto politico. Oggi, guarda caso, la Lega è il più arcigno e acritico guardiano dell´operato di Fazio».

Come se lo spiega?
«Mi chiedo se a questo abbia contribuito il salvataggio da parte di Fiorani della Credieuronord, sventurata iniziativa finanziaria lanciata dal partito di Bossi che mise per strada molti risparmiatori. Non so se sia davvero così. Ma quando io posi pubblicamente la questione nei mesi scorsi, non ho avuto risposta».

E quali altri passaggi politici, secondo lei, hanno cementato il legame tra Fazio e la maggioranza?
«Il secondo passaggio è stata la crisi legata all´iter della riforma della legge sul risparmio. Anche lì c´è stata una soluzione politica. In modo assai eterodosso, si sedettero allo stesso tavolo Berlusconi, Letta, Siniscalco, il senatore Grillo, non so a che titolo, e il governatore della Banca d´Italia…».

È il famoso “patto della Sciacchetrà”…
«Sì, a quanto pare. Non so quale governatore di banca centrale si sarebbe prestato a fare altrettanto, in un altro paese occidentale. Il risultato di quell´ulteriore accordo politico fu il congelamento del provvedimento sul risparmio. Con una radicale revisione di una riforma, su cui era ed è sovrano il Parlamento, si decise di espungere dal testo il mandato a termine del governatore, e si stravolse la revisione delle attribuzioni del controllo sui mercati. Fu una grave interferenza, che denunciammo a suo tempo, che ha prodotto la paralisi di una riforma indispensabile per il paese».

Altri episodi di interferenza che hanno visto legami tra Fazio e la politica?
«L´ultimo, di questi giorni. Bossi ha detto a Berlusconi “Fazio non si tocca”. E in parallelo Fazio può dire tranquillamente “sono sereno e resto al mio posto”. Non va bene. E soprattutto non va bene che si debba aspettare la magistratura per risolvere una questione già di per sé molto grave. Io non mi sono schierato in una battaglia contro Fazio. Ho a cuore la credibilità e l´affidabilità di un´istituzione importantissima qual è la Banca Centrale. Sono stato critico nei confronti del governatore a partire dalla vicenda Parmalat: che quei bond fossero una truffa, forse, la Banca d´Italia doveva accorgersene per tempo. Invece lo capì la Consob, attivando la Sec, da cui partì la spallata che fece crollare il castello di carta di Tanzi. Ma anche in quell´occasione ci fu una difesa a oltranza del proprio operato da parte di Fazio. E questo, già da allora, mi fece riflettere sull´efficienza della sua governance. È chiaro che, di fronte alle ultime vicende su Antonveneta questi dubbi si sono rafforzati».

Cosa l´è piaciuto di meno, della linea di Via Nazionale?
«Che vi fossero accordi e concerto tra soggetti protagonisti di quelle operazioni finanziarie su Antonveneta (che ritroviamo anche su Bnl Unipol e poi anche su Rcs) ce ne siamo accorti tutti attraverso i giornali. Che ci fossero portage, anche attraverso le isole Cayman, lo si era capito rapidamente. Possibile che proprio la Banca d´Italia non se ne fosse accorta?».

Forse non se n´è accorta perché, stando alle intercettazioni, quegli accordi la Banca d´Italia li aveva promossi, o comunque incentivati.
«Così sembra. Ma è intollerabile che l´arbitro familiarizzi con i giocatori. E che familiarità: difficile trovare esempi simili in qualunque altro Istituto di Vigilanza a livello mondiale. Sono anomalie che vanno ben oltre una caduta di stile. Me c´è un punto di sostanza: fino a qualche anno fa Via Nazionale rifiutò lo strumento delle Opa per consentire aggregazioni bancarie che avrebbero fatto solo bene al nostro sistema. Il risultato è che negli ultimi cinque anni i costi dei servizi bancari sono cresciuti più del 30%. Stoppare le aggregazioni, scoraggiare la concorrenza, non ha sicuramente fatto bene al nostro mercato. Io non entro nel merito delle offerte su Bnl o su Antonveneta. Ma so per certo che dall´ingresso di competitori stranieri il sistema bancario italiano trarrebbe solo vantaggio, esattamente come dai recenti successi europei di Unicredito. Chi sovrintende al sistema bancario dovrebbe guardare anche e soprattutto agli interessi dei risparmiatori. Altrimenti questa cosiddetta “difesa dell´italianità” la pagano a prezzo carissimo i risparmiatori, con commissioni bancarie sempre più alte».

Non è che lei fa il tifo per Bbva o per Abn?
«Io non mi schiero con nessuna cordata. Ma non posso non vedere che il fallimento di entrambe le offerte degli spagnoli e degli olandesi rischierebbe almeno due effetti negativi. Il primo è che il sistema d´integrazione finanziaria europea andrà avanti, e tra qualche anno i giganti spazzeranno via il nostro sistema di difesa, fondato solo su velleitari bricolage. Il secondo è che nel breve periodo non avremo investitori esteri che scommetteranno sull´Italia, visto lo sbarramento istituzionale che il nostro Paese pone all´ingresso di competitori giudicati per principio ostili».

Insomma, non c´è altra via: Fazio si deve dimettere.
«Io penso che il governatore dovrebbe trarre le conseguenze da un evidente clima di sfiducia che emerge tra gli operatori, serpeggia anche a via Nazionale e mette in grave imbarazzo l´immagine del Paese sulla grande stampa internazionale. Il governatore non lo può ignorare. È chiaro che ogni decisione è nelle sue mani, perché noi non abbiamo uno strumento giuridico per intervenire. Ma la cosa che mi addolora profondamente è che la soluzione del problema sia affidata alla magistratura. È triste che, al tavolo delle istituzioni che regolano i mercati finanziari, siano di nuovo i giudici a dover porre riparo ai guasti. Per fortuna, la Consob ha agito immediatamente».

Non c´è stato anche un eccesso di timidezza del centrosinistra, nel chiedere conto a Fazio dei suoi comportamenti? E questa timidezza non nasce dall´imbarazzo di trovarsi di fronte al legame tra l´Unipol di Consorte e i protagonisti della cordata di Fiorani?
«Se le cose che ho detto finora sono vere, è chiaro che c´è stato un eccesso di imbarazzo. Non mi riferisco certo a Prodi, che ha parlato con chiarezza. Le intercettazioni dimostrano che ci sono raider che ricorrono sia nella contesa su Antonveneta, sia nella vicenda Bnl-Unipol, sia nella scalata alla Rcs. Questo, da un lato, richiama un futuro governo di centrosinistra al dovere di predisporre politiche che consentano una crescita più efficiente e sinergica tra le attività finanziarie e quelle industriali. Ma dall´altro lato, questo ci impone anche l´obbligo di giudicare con obiettività e severità tutte le anomalie che si verificano».

E su Bnl-Unipol, secondo lei, ci sono queste anomalie?
«Mi sembra che nei giorni scorsi Ferruccio De Bortoli, direttore del Sole 24 Ore, abbia indicato almeno quattro interrogativi ancora irrisolti nell´offerta di Unipol per Bnl. A questi interrogativi è bene che siano date risposte trasparenti ed esaurienti. Finora non sono arrivate. Anche rispetto a questi interrogativi c´è stato un eccesso di timidezza, che non va bene. Dobbiamo occuparci di riscrivere nuove regole per il futuro, ma dobbiamo anche dare giudizi di opportunità su quello che accade qui e ora. Senza aspettare di leggere tra qualche anno delle sentenze passate in giudicato».

Le si potrebbe obiettare che anche i grandi capitalisti hanno costruito le scatole cinesi, e anche la Fiat, oltre alle Coop, ha beneficiato di contributi pubblici.
«Vero. Ma questo non è un buon motivo per continuare. Il centrosinistra si candida al governo del Paese anche per rendere più trasparente il mercato e far ripartire sviluppo e lavoro. Ma non certo per far vincere questa o quella cordata».