ROMA – «Stucchevole». Usa il rasoio, Francesco Rutelli, per stoppare in corso d’opera l’accelerata impressa da Piero Fassino alla discussione sul partito riformista, rilanciata in grande stile dal leader Ds davanti ai big dell’Ulivo. «Una chiacchiera stucchevole, questa solfa sul partito riformista la considero una delle discussioni più astratte e meno convincenti della politica italiana. Io ho le mie idee, quando verrà il momento ne parleremo con serenità ma anche con determinazione, e mi fermo qui per non alimentare polemiche», ha scandito il leader della Margherita. Letti i giornali al mattino, visto il risalto delle parole di Fassino al convegno di Italianieuropei («Il partito riformista è un progetto per il quale non basta la tecnica elettorale, ci vuole volontà politica»), scambiatisi giudizi e valutazioni, i capi della Margherita hanno convenuto che la cosa non poteva passare inosservata e hanno deciso di passare al contrattacco. «Si era stabilita una moratoria sul tema, ma Fassino l’ha rotta», è la premessa dei margheriti prima di sparare alzo zero.
Arriva alla Camera Franco Marini e fa: «Noi abbiamo un cannone». Prego? «Ma sì, la Margherita dopo le regionali ha un cannone puntato, e c’è chi sa pure adoperarlo bene avendo fatto l’alpino senza temere il rinculo». E perché non ci siano dubbi o non ci si perda dietro le metafore, l’ex alpino capo dell’organizzazione della Margherita spiega: «Partito riformista? Bisogna parlarne con calma, ma queste dichiarazioni concertate, insistite, a grappolo come quelle di Fassino mi predispongono male. E poi, guardo un po’ perplesso al fatto che questa federazione, che noi abbiamo voluto con forza, sia stata abbandonata». C’è vicino Beppe Fioroni, il vice di Marini, che svuota alla buvette una confezione di yogurt: «Noi la fine dello schiaccianoci non la vogliamo fare. A noi piace quello di Ciajkovskj, nella tenaglia Prodi-Fassino non intendiamo rimanere schiacciati». Ed ecco Ciriaco De Mita che come sente parlare di partiti riformisti unici o unificati mette mano alla pistola. Attacca: «Prodi giustamente critica il partito unico dall’alto che vorrebbe Berlusconi, ma la stessa cosa non vale nel centrosinistra? Attendo spiegazioni».
E i prodiani della Margherita? Arturo Parisi tace, eppure il dibattito sulle prospettive è uno dei suoi pallini. Il fatto è che il professore sassarese da sempre sostiene che «l’approdo non è il partito riformista ma l’Ulivo». Margherita in ebollizione, dunque. Il partito riunirà l’assemblea federale il 20 maggio per discutere del tema, anche perché là fuori c’è Prodi con il fiato sul collo, visto che il gran capo dell’Unione ha stabilito che della Lista unitaria alle politiche bisogna discutere e decidere subito dopo le amministrative di metà maggio in un apposito vertice dell’Ulivo.
La Quercia sta sul chi va là. La linea di Fassino rimane quella del ”dobbiamo essere i più unitari” dentro la coalizione. Il gran parlare sul ”partito riformista” rimanda in realtà alla presentazione o meno del Listone alle politiche. E in casa diessina la vedono un po’ diversamente dalla Margherita. Spiega Peppino Caldarola: «Se anche la Cdl approda alla lista unitaria, mica noi possiamo tirarci fuori. E che facciamo, loro varano una lista del 30 per cento e noi, gli inventori della cosa, non lo facciamo più?». Le sorti del Listone dell’Ulivo appese alla Cdl? Se così sarà, anche per i cugini margheriti diventerà difficile sfuggire al problema.