È la città che ha raccolto più firme: 30mila solo il 29 gennaio, la domenica delle primarie per il candidato sindaco dell’Unione; 80mila in due mesi. La città dove è nato uno dei primi comitati per «salvare la Costituzione». E che adesso, a poco più di due settimane da quello che i promotori definiscono «lo sforzo finale di una battaglia durata due anni», lancia la campagna elettorale per il referendum costituzionale del 25 e 26 prossimi. La campagna si concluderà proprio a Milano, il 22, con una manifestazione in piazza Castello che, tra musica, spettacolo e impegno, vedrà anche l’intervento del presidente emerito della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro.
I gazebo e i banchetti con il materiale informativo compariranno tra qualche giorno insieme ai manifesti: «Viva l’Italia. No per salvare la Costituzione». Ma il passaparola è già iniziato. «È arrivato il momento – dice Simona Peverelli, di Libertà e Giustizia – di moltiplicare l’impegno perché, soprattutto dopo l’esito delle amministrative, Milano possa dare un segnale importante». Quello che in tanti hanno già dato da quando, nel marzo del 2005, oltre mille persone si riunirono al teatro Nuovo per la prima manifestazione del comitato cittadino: da L&G alle associazioni dei magistrati rappresentate da Armando Spataro e Edmondo Bruti Liberati, dai partiti dell’Unione ai movimenti, da Cgil Cisl e Uil, all’Anpi, dalle Acli al presidente emerito della Corte costituzionale Valerio Onida e i costituzionalisti Enzo Balboni, Maria Agostina Cabiddu e Vittorio Angiolini. Fu allora che venne lanciato un manifesto per la difesa della Costituzione firmato da Giorgio Bocca, Francesco Saverio Borrelli, Gerardo D’Ambrosio, Dario Fo e Franca Rame, Krizia, Paolo Rossi, Gianfranco Maris e Giovanni Pesce, Salvatore Scuto.
È Onida a spiegare le ragioni del suo impegno: «Voterò No perché questa riforma introduce elementi peggiorativi alla Costituzione». Per tutti i punti chiave: «Sulla cosiddetta devoluzione la riforma non dà ciò che promette e introduce elementi di confusione e forte arretramento. Di federale non c’è nulla tranne che le parole. Viene introdotto un bicameralismo impraticabile e viene aumentata la concentrazione e la personalizzazione del potere politico in capo al primo ministro. Infine, viene diminuita in modo pericoloso l’autonomia degli organi di garanzia». E il giudice Spataro: «C’è una continuità con la battaglia fatta dall’Associazione nazionale magistrati contro la riforma dell’ordinamento giudiziario. Anche qui vi è la non accettazione delle funzioni e delle competenze degli organismi di controllo. Con questa riforma la Camera diventerebbe ostaggio del primo ministro. Non bisogna dare per scontato che se passa il No bisogna poi comunque cambiare la Costituzione». Contrari alla riforma anche i sindacati che, con Fulvio Giacomassi della Cisl, ribadiscono «il No convinto del mondo del lavoro e del sociale».