UNA grande amarezza, come chi debba ammettere una dura sconfitta. In effetti, la lettera di Prodi al direttore di «Famiglia cristiana» nasce dalla consapevolezza del fallimento di un tentativo di innovazione in quella politica italiana che, invece, sembra ribadire le antiche regole. Davanti al richiamo del presidente della Cei, il cardinal Ruini, che non si è limitato a un generico appello alla coscienza dei cattolici italiani, ma ha indicato una precisa scelta di comportamento elettorale, il leader dell’Ulivo ha cercato di sottrarre prima sé e poi il suo partito alla suonata alle armi.
Poi, constatando il suo isolamento, sia nella Chiesa sia nella Margherita, ha dovuto arrendersi, pagando, come lui stesso mestamente scrive, la sua solitudine con la promessa del silenzio. Considerare l’episodio solo dal punto di vista di uno scontro personale tra Prodi e il suo ex confessore, peraltro un’affascinante storia umana, religiosa e politica, impedisce la comprensione del suo significato in un’ottica più ampia.
Una regola fondamentale della politica italiana prevede che i referendum riescano sempre a preparare il futuro degli schieramenti partitici nazionali. Così fu nel caso di quelli più importanti per il costume del nostro Paese, il referendum per il divorzio del ‘74 e per l’aborto dell’’81 che avviarono prima la crisi del consociativismo Dc-Pci e, poi, il processo di dissolvimento della democrazia cristiana.
Così avvenne per quello del ‘93, sul sistema maggioritario, che provocò la fondamentale scossa alla cosiddetta Prima Repubblica e fu all’origine della trasformazione bipolare del nostro sistema dei partiti.
Nel centrosinistra, il partito di frontiera, la Margherita, rischia una grave crisi, sia con il suo fondatore Prodi, sia con le altre forze politiche dell’Unione. Anche perché la decisione di Berlusconi di schierare Forza Italia in ossequio alle indicazioni del cardinal Ruini provoca, anche nel settore del centrodestra, conseguenze importanti. Rafforza, infatti, il profilo di quel partito come asse moderato della politica italiana, erede dei voti e della funzione mediatrice costituita dalla Dc nei primi cinquant’anni della Repubblica.
Con un effetto magnete per tutti i rami dispersi del cattolicesimo politico italiano. D’altra parte, scolorisce l’impronta laico-liberista del partito berlusconiano che pure faceva parte, integrante e importante, della sua genesi e della sua attrattiva in ampi settori della società italiana. Una trasformazione di Forza Italia che anche le suggestioni neoconservative americane, sia in politica estera sia in quella interna, contribuiscono ad avviare su quella strada.
Ancora una volta, un referendum sembra annunciare, dunque, la chiusura di una fase della politica italiana e l’avvio di una stagione, abbastanza imprevedibile, di notevoli cambiamenti. Peccato che l’esame di questioni morali delicate e di difficile decifrazione per il cittadino italiano come quelle che impone il giudizio sulla legge per la fecondazione assistita debba costituire un pretesto per una partita che, con il destino dell’embrione, non c’entra per nulla.