13 Dicembre 2005
Quella destra che tifa per i «rossi» di Unipol
Autore: Francesco Verderami
Fonte: Corriere della Sera
Il caso Unipol rompe persino le logiche di appartenenza, e proprio mentre i maggiorenti azzurri Bondi e Cicchitto accusano i Ds di «conflitto d’interessi», tra gli uomini del Cavaliere c’è chi tifa per il successo di Giovanni Consorte e della sua scalata alla Bnl. Ciò che sorprende è che dentro Forza Italia vengono adottati gli stessi argomenti di quella parte della Quercia schierata a strenua difesa di via Stalingrado.
Emerge così su Unipol un partito trasversale che in nome del «mercato» e del «garantismo» accredita una concertazione tra magistratura e grandi giornali, e punta l’indice su quei «poteri forti» che tentano di difendere lo statu quo dalle insidie del nuovismo capitalista. In una sfida dove non è contemplato il pari, come sostiene il senatore forzista Mimmo Contestabile sono in gioco «gli assetti economici del prossimo ventennio».
E ieri sull’Unità Rinaldo Gianola ha raccontato la prima mossa della partita, avvenuta a luglio. In quella descrizione è stata enfatizzata volutamente non solo la visita del presidente di Unipol a Gianni Letta – quando Consorte gli anticipò il lancio dell’Opa su Bnl – ma soprattutto la risposta del sottosegretario: «Si tratta di un’operazione di mercato. Il governo non ha nulla da dire e non interverrà. Vada pure avanti».
I vertici dei Ds potranno riconoscere nelle parole pronunciate dal braccio destro di Silvio Berlusconi la conferma della bontà di un’operazione che – ricorda l’Unità – venne invece osteggiata dagli alleati: «La Margherita – scrive Gianola – dà lezioni di moralità. E le cooperative si sorprendono: ci sono più attacchi da parte del centro-sinistra che della destra».
Proprio così: «Più attacchi del centro-sinistra che dalla destra». E la memoria corre all’intervista di Arturo Parisi al Corriere sulla «questione morale», all’ira che provocò nella Quercia, mentre ora il forzista Lino Iannuzzi prova a giustificare quanto è avvenuto e sta avvenendo, il tentativo cioè della politica «di svolgere un ruolo regolatore, cosa che accadeva nella Prima Repubblica»: «Se Berlusconi e Massimo D’Alema ci hanno provato, certo sapevano di non poter contare su partiti forti, come lo erano la Dc e il Pci. E se il tentativo c’è stato è finito male, tanto che adesso subiscono i contraccolpi della guerra per banche».
In fondo è la stessa tesi di Giuliano Ferrara, che venerdì sul Foglio ha accomunato le figure del Cavaliere e del presidente ds a quella di Bettino Craxi, protagonista a suo tempo di una sfida ai poteri forti, così come D’Alema si schierò sul finire degli anni Novanta a fianco dei «capitani coraggiosi» che scalarono Telecom.
C’è una forma di ammirazione verso l’ex premier e Contestabile non se ne fa velo: «D’Alema è politico di livello, l’unico che ha preso le distanze dai Nanni Moretti, dai girotondi. E che i politici abbiano un disegno economico non mi scandalizza, fa parte del mestiere. Mi scandalizza piuttosto che il potere economico abbia un disegno politico. Non a caso, se qualcuno prova a ridisegnare gli equilibri di potere fuori dai salotti buoni e, magari, tenta di mettere le mani anche sui grandi giornali, finisce male».
Su questo «intreccio» si è concentrato ieri sul Giornale Paolo Cirino Pomicino, proprio mentre l’Unità evidenziava come su Unipol le maggiori critiche fossero giunte più dagli alleati che dagli avversari. Usando il solito pseudonimo di Geronimo, Pomicino ha raccontato che «appena il mercato si orienta in direzione contraria ai desideri di quell’intreccio di potere, fatto da banchieri, monopolisti privati e giornali, ecco che “arrivano i nostri”, le Procure Lino Iannuzzi Domenico Contestabile».
E non c’è dubbio che l’ex ministro sia schierato con Consorte, lo rivendica rammentando di «non esser comunista», avvisando che il tentativo di fermare la scalata alla Bnl «è un grave episodio di manipolazione del mercato». Sarà stata un’altra coincidenza, ma il suo appello ai leader dei due poli, affinchè «non chiudano gli occhi», è identico e contemporaneo all’appello che sul Tempo ha lanciato il direttore Franco Bechis: «Fermate i pm, o sarà il Paese a pagare a caro prezzo questa impropria supplenza».
Quasi in un gioco di specchi, sui giornali come in politica, un pezzo di destra si schiera al fianco della finanza rossa, sebbene la questione potrebbe diventare tema di campagna elettorale. Perchè è evidente – come ha scritto Oscar Giannino – che il caso Unipol «mira a obiettivi politici in casa Ds» e potrebbe mettere in difficoltà il suo segretario.
Non a caso — prosegue l’editorialista — a luglio Fassino si schierò a difesa di Consorte «solo dopo qualche esitazione» e se ora slittasse l’Opa «pezzi della galassia emiliana» chiederanno al leader della Quercia «di mollare al loro destino quelli che vengono dipinti come gli uomini di D’Alema».
In questa saldatura tra due mondi contrapposti, il forzista piemontese Guido Crosetto, spiega perchè si para a difesa di Consorte: «Preferisco azionisti italiani a stranieri. E basta con questa storia della “Bicamerale degli affari”.
Come se non esistessero bicamerali simili anche fuori dai nostri confini. Solo che lì mica li intercettano. La verità è che questo conflitto sta avvantaggiando le banche estere. E sui media sembrano esistere due finanze: quella italian,fatta solo da banditi, e quella straniera fatta da duri e puri. Non è singolare?». Singolare appare anche questa alleanza trasversale. «Perchè l’economia è trasversale» commenta con un sorriso Contestabile.