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22 Luglio 2005

Quell’ Italia maschia che il vescovo rimpiange

Autore: Francesco Merlo
Fonte: la Repubblica

ODORA di caprone maschio l?estate italiana, di quella “virilità” che il vescovo di Pistoia, come ha raccontato ieri su “Repubblica” Marco Politi, ha addirittura proposto come modello civile e come valore assoluto in una lunga e sdegnata lettera al consiglio comunale della sua città. Lo stesso afrore emana dai tre onorevoli maschi di Alleanza nazionale La Russa, Gasparri e Matteoli. Che in un bar di Roma, con una bella signora tenuta sullo sfondo, hanno appunto sfogato la loro arcaica e cameratesca virilità irridendo e delegittimando, non senza invidia, il loro capo Gianfranco Fini perché sarebbe «malato» di sesso, consumato d?amore, come lo fu Cesare tra le gambe di Cleopatra. Ed è in fondo, e sia pure per via indiretta, la stessa puzza di virilità che ci arriva dagli stupratori in serie, stranieri e italiani, che stanno selvaggiamente segnando le cronache di questa nostra stagione: al Sud, al Centro e al Nord d?Italia. Simone Scatizzi, classe 1932, è monsignore dal 1977, vescovo a Pistoia da ben 24 anni. Da sempre dunque ha consacrato a Dio la propria virilità, se ne è liberato, vi ha rinunziato, immaginiamo con una fatica e con un dolore ripagati dalla fede. Monsignore Scatizzi vorrebbe tuttavia che la virilità venisse restaurata e praticata dagli altri. Lamenta infatti «la femminilizzazione della società», denuncia «un?educazione purtroppo ormai in gran parte nelle mani femminili». Persino l?uso della droga e l?abuso dell?alcol, secondo questo battagliero vescovo, derivano da un allentamento dei freni inibitori del maschio, dalla perdita dell?identità maschile, dal declino fisico e culturale dell?universo maschiocentrico. Anche monsignore rilancia dunque l?odore del maschio, che fu il mito arcaico della peggiore Italia, quella dell?onore e del disonore, un mito al quale noi meridionali abbiamo fornito intelletto e cultura. Ma il vescovo si spinge ancora più lontano e propone un modello di società maschile da Arabia Saudita, dove più conseguentemente e più seriamente di lui, le autorità religiose, libri sacri alla mano, vietano alle donne anche la guida dell?auto. E mettono i gay in prigione. Ma, come dicevamo, l?odore del maschio italiano in questa estate è ubiquitario. Nel partito meno femminile d?Italia, quei tre maschi al bar hanno ferito il padre, hanno azzannato il capobranco, che è vicepremier e ministro degli Esteri, non solo dandogli del tremebondo, come ha raccontato un cronista del quotidiano “Il Tempo” armato di registratore, ma solfeggiando e danzando attorno al totem della virilità. Ci hanno raccontato i colleghi del “Tempo” che la parte più rivoltante e animalesca della registrazione di quel turpiloquio è stata censurata dalla direzione del giornale per motivi di decenza, trattando esplicitamente e dettagliatamente di una intensa, presunta passione fisica del capo. Ebbene, quei tre maschi al bar che irridevano licenziosamente sono gli stessi che piacciono al monsignore di Pistoia e, alla fine, anche a quel partito della psicologia coatta nel quale militano gli stupratori che sono diventati gli odiosi protagonisti non solo della cronaca nera, ma anche del dibattito politico. I leghisti, guidati dal ministro Calderoli, li vorrebbero castrare, ma solo quando sono stranieri. Qualcun altro li vorrebbe invece simbolicamente mandare a sostituire le insegnanti donne che, secondo il vescovo, «difettano di virilità» e dunque «confondono i generi», con danno irreversibile alla psiche dei futuri uomini, femminilizzati o gay. Eppure, sino a qualche anno fa, sarebbe stato impensabile immaginare rigurgiti di questo genere. Ci pareva infatti che le elucubrazioni sulla virilità fossero rimaste sepolte in quel feroce passato del nostro sud, dove la virilità era valore ma solo perché non c?era spazio per coltivare altri valori di civiltà, come la cortesia, la dolcezza, la cultura, il pudore, la fragilità, insomma quella gentilezza dei costumi maschili che è la femminilità. Tuttavia dobbiamo essere grati al vescovo di Pistoia che ha indirizzato spropositi, luoghi comuni e banalità arcaiche al consiglio comunale della sua città. Solo in superficie la sua lettera ha per scopo la condanna dell?istituzione dei registri civili comunali per le unioni di fatto, anche tra partner gay. In realtà l?ambizione è quella di rifondare tutta l?etica quotidiana in nome di una restaurazione del catechismo. Monsignor Scatizzi cerca infatti di dar forma di sistema morale a tutto l?imprendibile del nostro tempo. Viene fuori allo scoperto la sua intolleranza verso una cristianità e un gregge che sono fatti di mille minoranze non previste dal vecchio codice tradizionalista. Manifesta con chiarezza l?incapacità di capire e di affrontare quelle macchine di desideri che sono i giovani di oggi. È il suo disorientamento che lo spinge a straparlare con presunzione scientifica di un Dna eterosessuale predeterminato dalla natura oltre che da Dio. Abbiamo il sospetto che questo trattatello di filosofia pistoiese sia figlio della” nuova” chiesa di Ruini e del Papa tedesco, e davvero ci domandiamo se questa chiesa riuscirà a riformare la cristianità o se sarà invece la cristianità a svegliare questa chiesa così ingessata, a restituire alla nostra simpatia tutta la sua ricchezza morale e culturale. Monsignore non denunzia infatti il peccato, come fece ingenuamente Rocco Buttiglione davanti al Parlamento europeo, ma la caratura civile e politica dei gay, intesi come femminilizzazione del maschio, come deriva nichilista, come perdita della virilità. Alla fine, spingendosi sino a paragonare gli omosessuali ai pedofili, ai mafiosi e ai terroristi, il vescovo dà l?impressione di essere non fuori dal mondo, ma contro il mondo, ricostruito e rappresentato a partire dai propri pregiudizi. È infatti legittimo che il monda possa non piacergli, ma prima dovrebbe conoscerlo. Ebbene, caro monsignore, ci sono a questo mondo gay virili e persino donne che amano i gay virili, i duri con le movenze femminili. E ci sono anche femmine virili, dove la virilità è una risorsa psicologica e morale, come ci sono maschi virili dove la virilità è invece un disvalore. Credere che la virilità sia il sesso è tipico dello stupratore. Perché, e monsignore non lo sa, il sesso è un gioco complesso dove sicuramente non c?è spazio per la virilità, ma per la mascolinità e la femminilità. Se al monsignore hanno detto un?altra cosa, visto che conosce l?amore sessuale per sentito dire, allora l?hanno imbrogliato. E quella sua lettera ai consiglieri comunali di Pistoia non è, come lui dice, sfogo e ansia civile di un cittadino come gli altri, ma la confessione e il lamento di un imbrogliato, di un raggirato nel mercato della vita. Caro monsignor Scatizzi, ci creda, non è dell?afrore del maschio che abbiamo bisogno. Dicono che dopo le lucciole stiano scomparendo anche le farfalle. In compenso, ci stiamo ripopolando di caproni.