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21 Dicembre 2006

Quel che resta del capitale

Autore: Tito Boeri
Fonte: la Stampa
Oggi la Camera vota un articolo con 1365 commi, alcuni dei quali abrogheranno disposizioni introdotte solo qualche settimana fa.
Un record nel record: più di 13 commi per ogni membro del governo più numeroso della storia repubblicana. Poi il malloppone illeggibile e incomprensibile agli stessi giuristi rimarrà agli atti e si aprirà ufficialmente la fase due di questo governo. Nelle intenzioni di chi la invoca, servirà a cancellare il ricordo di una Legge Finanziaria che ha finito per scontentare tutti, facendo precipitare il gradimento per l’esecutivo nei sondaggi d’opinione. Per recuperare consensi, la fase due dovrà mostrarsi all’altezza delle promesse fatte in campagna elettorale, prima di tutte quella di far ripartire il Paese, interrompendo il declino economico che ha portato il nostro reddito pro-capite a scendere al di sotto della media dell’Unione Europea a 15. Ora che non c’è più il carro della Legge Finanziaria, cui agganciare le riforme più difficili, agitando lo spettro dell’esercizio provvisorio, sarà molto difficile fare le riforme che servono per tornare a crescere. Bene allora scegliere le priorità con cura, sapendo di avere un capitale politico che si è eroso in questi mesi e meno tempo a disposizione.

Un Paese che ha bisogno di aumentare il lavoro
Di grande aiuto in questa scelta di priorità sono i dati resi pubblici ieri dall’Istat sulle forze di lavoro. Documentano un Paese che ha assolutamente bisogno di aumentare il lavoro per crescere, ma che al tempo stesso ha ormai esaurito ovunque tranne che al Sud quel serbatoio di lavoro potenziale che è rappresentato dalla disoccupazione. Assieme al mezzo milione di posti di lavoro in più in un anno, l’Istat ci segnala che la disoccupazione è scesa al 6 per cento, appena sopra quel livello fisiologico dovuto al fatto che ci vuole del tempo per passare da un lavoro all’altro.
Il reddito pro capite di un Paese cresce quanto aumenta il numero di ore lavorate in media da ciascun abitante oppure la produttività oraria del lavoro. Ancora meglio quando aumentano tutte e due. Perché crescano le ore lavorate sarà, d’ora in poi, necessario ridurre il numero di coloro che sono inattivi, che non solo non lavorano, ma anche che non cercano un lavoro. Possiamo tornare a crescere colmando i ritardi che ci separano dagli altri Paesi Ocse in quanto a partecipazione al mercato del lavoro soprattutto di donne e over 55. Sono la nostra grande risorsa inutilizzata, la nostra risorsa in più. Sono le donne le grandi protagoniste dell’aumento dell’occupazione (265.000 lavoratrici in più), mentre tra gli over 55 continua a prevalere la fuga verso le pensioni appena possibile. Anche tra quei lavoratori che sono in grado di trasferire le loro conoscenze ai più giovani, facendo aumentare la produttività di tutti. E’ proprio da loro che dovrà invece venire la marcia in più per la nostra economia.

Pensionamento flessibile per i lavori usuranti
E’ questo il significato ultimo della riforma delle pensioni che dovrà essere discussa al tavolo che si apre a gennaio, forte del memorandum d’intesa siglato a settembre. Per contenere i costi della previdenza nell’immediato basterebbe lo scalone. Se si vuole, invece, che lavorino di più soprattutto i lavoratori che sono in grado di farci tornare a crescere, ci vuole il pensionamento flessibile che incentivi a rimanere attivo soprattutto chi ha ancora da offrire di più a se stesso e agli altri rimanendo sul posto di lavoro. È proprio il pensionamento flessibile che risolve il problema dei lavori usuranti. Esistono dati che permettono di valutare lo stato di salute ai 57 anni di persone che hanno avuto carriere lavorative diverse. Queste informazioni, assieme a stime della durata di vita per categorie di lavoratori, serviranno a fissare diverse regole di calcolo delle quiescenze, spingendo chi ha ancora tanto da dare a rimanere al lavoro e chi è «usurato» ad andare in pensione. Ma togliamo questa scelta alla politica. E’ una storia che conosciamo già, quella in cui i lavori usuranti sono solo quelli fatti dagli amici degli amici. C’è da scommetterci che ritroveremmo in questa categoria molti dipendenti pubblici. E ci troveremmo a commentare che il potere logora proprio chi ce l’ha.